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 2018  febbraio 07 Mercoledì calendario

Pamela, dubbi del gip sull’omicidio. Sarà disposta una nuova autopsia

Il nigeriano Innocent Osenghale resta in carcere, ma per vilipendio e occultamento di cadavere, non per omicidio. Secondo il giudice, non ci sono prove decisive, infatti, per dirimere il dubbio di fondo, ovvero se la povera Pamela sia morta di morte violenta o di overdose. E così ora la procura ha ingaggiato una corsa contro il tempo, ricorrendo ai carabinieri del Ris, che hanno affiancato il medico legale per rifare l’autopsia e per estrarre il Dna dai tanti campioni rinvenuti nell’appartamento dell’orrore. Ricorrendo alla banca dati del Dna che raccoglie i profili genetici di tutti quelli che sono passati per un carcere, si spera di dare un nome a un possibile complice. C’è infatti un secondo indagato per concorso in omicidio, un altro pusher nigeriano, ma nulla lo collega finora all’appartamento.
È una corsa contro il tempo perchè a questo punto, se non arriveranno solide prove, un buon avvocato potrebbe persino ottenere i domiciliari per Osenghale. E va da sè che se in punta di diritto questa decisione sarebbe inappuntabile, la campagna elettorale avrebbe tanta altra benzina per riaccendersi. La storia è già abbastanza drammatica. Ieri mattina la mamma di Pamela ha dovuto riconoscere il volto della figlia all’obitorio di Macerata da un corpo fatto a pezzi. «Quello che hanno fatto a mia figlia non è umano – ha detto ieri sera la donna, che ha partecipato alla fiaccolata per Pamela a capo coperto – Lo ripeto, non sono d’accordo con quel che ha fatto Traini».
E intanto, una volta di più, i destini di Innocent Osenghale e di Luca Traini sembrano incrociarsi. Nel carcere di Ancona, il giudice e il pm hanno interrogato l’esaltato sparatore dalla testa rasata e dal tatuaggio neonazista sulla tempia. Nel suo caso, i reati sono chiarissimi, addirittura rivendicati. Al sostituto Stefania Ciccioli, Traini ha ritrattato quello che aveva detto ai carabinieri, e cioè di aver voluto inizialmente uccidere Osenghale in tribunale, ma «Volevo colpire tutti i nigeriani spacciatori, ma se li avessi voluti uccidere scendevo dalla macchina e gli sparavo in testa». Resta in carcere per strage aggravata da odio razziale.
Osenghale, invece, parla a rate, e soltanto quando gli investigatori lo incalzano. Dall’ordinanza del gip Manzoni – anticipata ieri da “Il Tempo” – si scopre che dopo avere abbandonato la comunità di recupero, il mattino dopo un taxista peruviano ha portato Pamela dalla stazione di Macerata fino ai giardini Diaz, nota piazza di spaccio. Osenghale sostiene di averla conosciuta lì, ma non averle potuto vendere l’eroina che cercava, essendo uno spacciatore di hashish. L’avrebbe indirizzata da un suo amico nigeriano (ora indagato). Un’ora dopo, Pamela comprava una siringa nella farmacia di via Spalato, di fronte all’appartamento di Osenghale. L’ha ripresa una telecamera di sorveglianza e c’è la testimonianza della farmacista. Casualmente il taxista peruviano ripassa di lì e la vede con un giovanotto di colore, che sarebbe Innocent, mentre entrano assieme nel palazzo. Da quel momento è il buio.
Il medico legale ha individuato su un polso della ragazza i segni di un’iniezione recente. Considerando che da tre mesi era in comunità, si deve pensare che si sia “bucata” di eroina e che forse, essendosi ormai quasi disintossicata, la quantità sia stata fatale. Osenghale stesso, dopo avere negato tutto, al gip ha confessato di averla vista cadere in coma.
Sostiene di non essere stato lui a infierire sul corpo e accusa il complice, però, il mattino dopo, chiama un taxista abusivo camerunese per farsi accompagnare fuori Macerata con i due trolley dove erano i resti della poveretta, e li abbandona in un boschetto. Nel frattempo tenta di ripulire con la candeggina l’appartamento. Di qui la sfida per il Ris: ai carabinieri in camice bianco il compito di ricostruire come è morta Pamela, chi ha sezionato il cadavere con coltelli e mannaia, quali contatti Osenghale ha avuto. A proposito, è stato il camerunese, insospettito, a denunciarlo ai carabinieri.