La Stampa, 7 febbraio 2018
La Ue apre le porte ai Balcani
Il Regno Unito ha già un piede fuori dalla porta. La Turchia continua a trovarla sbarrata. Ma l’Ue, lasciatasi alle spalle la Brexit, potrebbe ridisegnare nuovamente i suoi confini. Nell’area dei Balcani Occidentali ci sono sei Paesi che continuano a bussare alla porta. Due di loro, Serbia e Montenegro, sono in prima linea, con una serie di capitoli negoziali già aperti. «L’allargamento è una prospettiva realistica», dice Federica Mogherini. Il percorso «non è semplice – aggiunge l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Ue -, ma possibile». Jean-Claude Juncker aveva parlato del 2025 come possibile data di ingresso. Ieri la Commissione ha un po’ corretto il tiro: «Il 2025 non è un obiettivo, ma un orizzonte».
Non bisogna creare facili aspettative ai Paesi coinvolti (tra i candidati ufficiali ci sono già anche Macedonia e Albania, mentre la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo restano «potenziali candidati») e al tempo stesso ci sono i dubbi di chi crede che il recente allargamento abbia già penalizzato i processi decisionali dell’Unione. Ma la regione rappresenta un’area strategica per l’Europa (geograficamente è circondata da Stati Ue): ne va salvaguardata la stabilità e va sottratta dall’influenza di altre potenze, Russia in primis e Turchia. Del resto anche la Nato, dopo aver accolto il Montenegro (2017), ora vuole inglobare la Macedonia.
Per questo ieri la Commissione europea ha lanciato una «Strategia per i Balcani» che punta a stringere ulteriormente i legami con l’area attraverso sei «iniziative faro» che si svilupperanno già da quest’anno (stanziato un miliardo di euro per il 2018). La prima riguarda un monitoraggio dello Stato di diritto, per evitare di avere domani i problemi creati oggi da Stati Ue come Polonia, Ungheria e Romania. C’è poi quella relativa a sicurezza e immigrazione, che prevede una cooperazione rafforzata nella lotta al crimine organizzato, al terrorismo, oltre che una gestione coordinata dell’immigrazione.
Per favorire lo sviluppo socioeconomico verrà data assistenza finanziaria in settori come educazione e salute e una spinta agli investimenti per le piccole imprese. Altre priorità: migliorare la connettività dei trasporti e dell’energia ed estendere l’agenda digitale (per esempio per abbattere i costi del roaming). Il tutto con un’attenzione particolare alle «relazioni di buon vicinato»: le tensioni tra alcuni Paesi – Serbia e Kosovo in primis – restano un grande scoglio.
Johannes Hahn, commissario all’Allargamento, lo ha detto chiaramente: «L’Ue non accetterà uno Stato membro che non abbia risolto i propri conflitti bilaterali». Anche perché la questione dei confini nei Paesi dell’ex Jugoslavia continua a suscitare tensioni, persino tra due Stati Ue come Slovenia e Croazia. A maggio ci sarà un summit Ue a Sofia dedicato proprio ai Balcani. La Bulgaria, presidente di turno, ha fatto dell’allargamento una delle priorità di questo semestre.