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 2018  febbraio 06 Martedì calendario

APPUNTI ANTEPRIMA Giudici/1 Nel suo primo anno alla Casa Bianca Trump ha nominato dodici giudici delle corti d’appello federali, un record assoluto per un presidente degli Stati Uniti

APPUNTI ANTEPRIMA

Giudici/1

Nel suo primo anno alla Casa Bianca Trump ha nominato dodici giudici delle corti d’appello federali, un record assoluto per un presidente degli Stati Uniti. Richard Nixon si era fermato a undici, Barack Obama ne aveva piazzati tre [Ferraresi, Il Foglio].

Giudici/2

Il presidente degli Stati Uniti ha il potere di scegliere i giudici della Corte suprema, della Corte d’appello e i giudici distrettuali, funzione regolata dall’articolo III della Costituzione, che prevede si tratti di incarichi a vita. Questi devono essere poi approvati dal Senato. La Corte d’appello è divisa in tredici circoscrizioni o circuiti, dodici coprono l’intera area geografica del paese e la tredicesima è la corte del cosiddetto “circuito federale”, che si occupa di alcune materie specifiche che riguardano l’intero paese. Ogni circoscrizione ha un numero di giudici proporzionale alla popolazione dell’area in cui esercita la giurisdizione, e ogni caso viene giudicato da tre togati, senza l’intervento della giuria. I circuiti sono suddivisi a loro volta in 94 distretti, dove i giudici distrettuali agiscono in un sistema che ricorre alle giurie popolari. Per legge ci deve essere almeno un tribunale distrettuale in ogni stato [ibid.].

Giudici/3

Spiega Ferraresi sul Foglio: «L’attenzione dei giornali e dell’opinione pubblica nell’ambito delle nomine giudiziarie di solito si esaurisce con i giudici della Corte suprema, i nove potentissimi dotti a cui spetta l’ultima parola sulla costituzionalità di leggi e pratiche non codificate. Questi passano attraverso un lungo processo di scrutinio, i giornalisti scavano nelle loro vite private alla ricerca di indizi su orientamenti e convinzioni, gli avversari mettono in giro informazioni sul loro conto esattamente come accade nelle campagne elettorali, i senatori li sottopongono a un fuoco di fila di domande per svelare atteggiamenti, pregiudizi e grado di preparazione, si valutano con attenzione le condizioni di salute, ci sono indici standardizzati che giudicano le loro credenziali accademiche e professionali. Immancabilmente vengono classificati per il loro orientamento “politico”, da una parte i progressisti dall’altra i conservatori, ma si analizzano anche le scuole giuridiche d’appartenenza, le diverse concezioni della Costituzione, le affiliazioni nel corso della carriera. Se è vero che l’attivismo della Corte suprema ha determinato alcuni assetti fondamentali della società americana – nei primi decenni del secolo scorso una serie di sentenze ha puntellato lo spirito del libero mercato, negli anni Settanta ha legalizzato l’aborto e recepito in termini legali le conseguenze della rivoluzione sessuale – è altresì vero che i tribunali federali inferiori non sono meno rilevanti nell’indirizzare la cultura del paese, anche se il processo delle nomine dei giudici raramente si fa largo nelle prime pagine. Ogni anno circa settemila casi giudiziari arrivano a fare appello alla Corte Suprema, che ne prende in considerazione soltanto un centinaio. Per le restanti dispute l’ultima parola è quella dei tribunali inferiori. Due casi esemplari soltanto nell’ultimo anno: sono stati i tribunali federali a bocciare due versioni del “travel ban” e a bloccare parzialmente la revoca del Daca (il decreto che protegge i cosiddetti dreamers) voluta da Trump».