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 2018  febbraio 06 Martedì calendario

Non liberarci dal MALE. Intervista a Vincino: Per noi è una gloria da maneggiare con cura

Quaranta ne sono passati di anni dall’apparizione de Il Male. Era il settimanale di aspra satira politica che – sull’onda della tensione derivata dal rapimento di Aldo Moro – ebbe a smascherare il capo delle Brigate Rosse: Ugo Tognazzi, nientemeno. In anticipo sul mondo di oggi, prodigo com’era di fake news – con tutta quella meraviglia di false edizioni di Paese Sera e La Stampa – il Male ebbe l’apoteosi con il titolo a nove colonne su un’edizione contraffatta di Repubblica: “Lo Stato si è estinto”.
“Eugenio Scalfari telefonò in redazione”, ricorda Vincino che fu nominato direttore dopo i primi tre numeri in edicola, “presi io la telefonata, pure le pareti, figurarsi le finestre erano a bocca aperta nel rimbombo della telefonata”.
Quaranta ne sono passati di anni dall’apparizione de Il Male.
Era il settimanale di aspra satira politica che – sull’onda della tensione derivata dal rapimento di Aldo Moro – ebbe a smascherare il capo delle Brigate Rosse: Ugo Tognazzi, nientemeno.
In anticipo sul mondo di oggi, prodigo com’era di fake news – con tutta quella meraviglia di false edizioni di Paese Sera e La Stampa – il Male ebbe l’apoteosi con il titolo a nove colonne su un’edizione contraffatta di Repubblica: “Lo Stato si è estinto”.
“Eugenio Scalfari telefonò in redazione”, ricorda oggi Vincino che fu nominato direttore dopo i primi tre numeri in edicola, “presi io la telefonata, pure le pareti, figurarsi le finestre – spalancate – erano a bocca aperta nel rimbombo della telefonata dell’illustre contraffatto: vi denuncio, vi denuncio…”.
Vi denunciò?
No, ma si sfogò con quella telefonata così tonante che ancora oggi sento squillare quel telefono finito chissà dove.
Si arrabbiavano tutti?
Una falsa edizione azzerava le loro vendite perché un titolo come ‘Annullati i Mondiali’ in prima pagina portava a noi, e non al Quotidiano dello Sport, tutti i lettori del pallone; gli impiegati di banca che passavano dall’edicola e compravano la nostra falsa copia quando se ne accorgevano ridevano ma i direttori e gli editori beffati, no.
Giorgio Tosatti, direttore di “Stadio”, tuonò al pari di Scalfari.
“Non si getta fango sul calcio” (Un giornale fabbricato con “meravigliosi disegnatori e bravissimi scrittori” sottolinea Vincino cui spettano gli auguri di un compleanno di cui si sa l’anno di fondazione e il giorno esatto però no).
Ma non è scolpita nel marmo, la data?
Neppure il mese mi ricordo, ricordo che c’era freddo.
Ogni tanto “Il Male” ricomincia, fa capolino: fondazione, rifondazione, morte e resurrezione…
Siamo dei superstiti, è una gloria da maneggiare con cura quella del Male (A giudicare dalla vignetta pubblicata sul profilo Twitter, qualcosa si ricava: “Nel 1978, gennaio-febbraio, al ristorante Dallo Sporcaccione a Campo dei Fiori, onore ai fondatori!”).
Siete tutti a tavola, facciamo l’elenco.
Pino Zac, il primo direttore, il fondatore, un uomo straordinario…
Perché dopo tre numeri lascia il giornale?
Tragedia amorosa ci fu.
E che fu?
Nella vignetta, come puoi vedere, c’è Francoise Perrot, che al tempo aveva venticinque anni; aveva disegnato lei la testata del giornale ovvero il bellissimo quadrato policromo con le semplici due consonanti e le due vocali, ebbene….
Ebbene.
Francoise stava con Zac, un signore di sessant’anni, celebrato autore del Canard Enchaîné, la più grande rivista di satira di tutti i tempi. Un uomo di grande fascino, Pino, in lui c’era l’aura di una grande stagione straordinaria e un po’ antica ma lei va a innamorarsi di Lionello Massobrio, amministratore del giornale.
Nella vignetta, quella dove siete tutti seduti a tavola, Massobrio c’è.
E certo che c’è, è uno dei fondatori, ed è disegnato accanto a lei. (Al tavolo di fondazione, c’è Pino Zac a capotavola, quindi Sergio Saviane, un altro grande vecchio e poi ci sono Vincino, Vauro, Mannelli e Jacopo Fo). Giovani del ’68, noi, appena usciti dal ’77 e reclutati sull’onda di un’epoca pazzesca. Noi, più che parte di un giornale, eravamo una compagnia di teatro. Ce ne stavamo tutti intorno al tavolo a raccogliere le idee di tutti. Non c’erano gerarchie e ruoli e fu grazie a un grafico – stampare una Repubblica, più veritiera che falsa – che si ebbe l’impennata delle vendite. E poi, certo, il rapimento Moro che accade in contemporanea con il quarto numero, ci porta al balzo, da diecimila copie a quarantamila immediatamente… Anche il mitico Parrini, il distributore nelle edicole, lui che spargeva qualunque cosa, dai fumetti ai giornaletti porno, ci dava consigli e noi, ben prima, c’eravamo consigliati con lui….
In merito a cosa, i consigli?
Il Male ha due momenti fondativi. Quando Zac ci convoca, la prima volta, è a Milano; io parto da Palermo, e non mi era mai capitato di essere spesato per il viaggio e pagato bene, anche; lui che sta arrivando da Parigi è direttore de I Quaderni del Sale, un mensile, sta lavorando all’idea di farne un settimanale, Il Sale settimanale, appunto, ma Zac – come tutti gli autori sacri – è meravigliosamente inaffidabile; come poteva restarsene a sbrogliarsela con un proprietario il cui primo interesse è fare i servizietti alla politica?
E dunque?
Diciamo a Parrini, ti dispiace se invece che il Sale ti diamo il Male? Quello dice sì, altroché, e così, per caso – in un alloggio tipo cucina, bagno e camera da letto – comincia Il Male.
Ogni giorno, spettacolo.
Ciascuno portava qualcosa: le segretarie, i tipografi e i fotografi che poi andavano a fare le cose complicate…
Cose complicate come, cosa?
Venimmo a scoprire di un’amante segreta di Giulio Andreotti, il fotografo individuò l’albergo e restò nascosto nell’armadio della camera per scattare la fotografia.
È ancora nascosto?
Se non sono andati a riprenderselo i parenti, sì.