il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2018
Immigrati, asilo, Libia. Meglio se stanno tutti zitti
Com’era prevedibile i tentati omicidi di Macerata hanno portato l’immigrazione al centro della campagna elettorale con effetti anche bizzarri: per la prima volta, ad esempio, Matteo Renzi e Luigi Di Maio dicono la stessa cosa, cioè criticano con le stesse parole Silvio Berlusconi, il quale invece ha assunto i toni di Matteo Salvini in quello che, specie nel centrodestra, è un mercato di voti decisivo. Ovviamente si possono avere molte legittime opinioni sulla questione, ma altrettanto ovviamente dovrebbero essere basate sui fatti: un’analisi delle affermazioni dei leader politici sull’immigrazione mostra che tutti dovrebbero essere molto più prudenti, se non stare direttamente zitti.
Partiamo con Silvio Berlusconi. Negli ultimi giorni, l’ex Cavaliere s’è schierato decisamente contro l’immigrazione: “È una bomba sociale. Per colpa dei governi di centrosinistra, che non hanno saputo fermare l’occupazione, ora abbiamo 630 mila clandestini, con un calo verticale della sicurezza: in Italia oggi ogni minuto avviene un reato di strada, ogni due un furto in appartamento e ogni tre il furto di un’auto o di una moto”. A parte i numeri, che Berlusconi ama sempre dare a caso e senza citare fonti, è innegabile che ci sia stato un aumento degli sbarchi negli ultimi anni (con un relativo calo nel 2017), ma è anche vero che è la situazione dall’altra parte del Mediterraneo è cambiata assai dopo le cosiddette “primavere arabe” e le guerre in Siria e Libia.
E dire che Berlusconi, più che per gli allarmi pre-elettorali, può essere ricordato anche per un altro paio di cose: la più grande sanatoria di “clandestini” italiana (circa 800 mila) fu, nel 2002, quella seguita all’approvazione della legge Bossi-Fini; un’intervista alla tv tunisina Nessma del suo amico Tarak Ben Ammar (e sua) in cui scolpì frasi da missionario comboniano: “Gli italiani sono stati un popolo di emigranti. Questo ci dà il dovere di guardare alla gente che vuole venire in Italia con totale apertura di cuore e di dargli la possibilità di un lavoro, di una casa, di una scuola per i figli e anche della salute nei nostri ospedali. Questa è la politica del mio governo”. Quanto ai 600mila rimpatri coatti promessi sono semplicemente impossibili: l’anno scorso sono stati circa 6mila, sono difficili da portare a termine e costano uno sproposito.
Alle parole del fu Cavaliere è seguita la reazione di Matteo Renzi: “Una bomba sociale? Ma l’immigrazione dipende da due fattori: coi trattati di Dublino ogni Paese gestisce l’immigrazione da solo, ma quegli accordi che ora il capo di Forza Italia contesta li ha firmati lui nel 2003. E se in Italia arrivano i migranti è perché qualcuno ha fatto la guerra in Libia e il presidente del Consiglio era Berlusconi”. Quasi alla lettera l’opinione di Luigi Di Maio: “Sull’immigrazione Berlusconi si propone come salvatore della Patria, quando è il traditore della Patria. La bomba sociale sull’immigrazione l’ha creata lui bombardando la Libia, firmando il regolamento di Dublino e facendo business sugli immigrati con la sinistra”.
Dublino e Libia. Sulla Convenzione di Dublino, che regola a livello comunitario la gestione delle richieste d’asilo, hanno in sostanza ragione Renzi e Di Maio. Il cosiddetto “Dublino II” fu firmato dal governo Berlusconi nel 2003 e contiene un principio fortemente voluto dalla Germania e assai penalizzante per Paesi come l’Italia e la Grecia: è il principio per cui lo Stato europeo che riceve il richiedente asilo arrivato illegalmente sarà poi quello “competente per l’esame della domanda di protezione internazionale” (articolo 13). Insomma, chi sbarca in Italia resta in Italia: tanto più che neanche la concessione dell’asilo consente all’immigrato di muoversi liberamente in Europa. La convenzione è stata poi rinnovata nel 2013 (Dublino III) e firmata dal governo Letta confermando in sostanza l’articolo 13.
Quanto alla guerra in Libia, invece, si tratta di un’accusa ingenerosa: tutti i protagonisti hanno riportato la contrarietà di Berlusconi all’attacco al suo amico Gheddafi nel 2011, tanto che il suo governo – nonostante le pressioni di Napolitano e Obama – resistette un mese prima di calare le braghe e partecipare attivamente al conflitto che Prodi ha poi definito “una guerra contro l’Italia”.
Triton e Renzi. Quanto al segretario del Pd c’è una cosa che dimentica di dire. Gliel’ha ricordata questa estate Emma Bonino dopo che Renzi aveva criticato il governo Letta (Bonino era ministro degli Esteri) per la firma su Dublino III. Riguarda la fine dell’operazione italiana Mare Nostrum, sostituita dalle missioni Ue a fine 2014: “I piani operativi che riguardano sia ‘Triton’ che ‘Sophia’ prevedono che il coordinamento di tutti gli sbarchi è deciso dal centro di Roma e che devono avvenire in Italia”. Circostanza confermata in Parlamento dal ministro Marco Minniti, che ha poi chiesto (invano) la ridefinizione degli accordi. In sostanza, nel momento in cui le tensioni in Libia e Siria e la chiusura della rotta turca (voluta da Angela Merkel e pagata dall’Ue) aumentava la pressione migratoria nel Mediterraneo, Renzi ha scelto di far avvenire tutti gli sbarchi in Italia per poi dover gestire il tutto secondo i principi di “Dublino” (pochissimi i cosiddetti “ricollocamenti”). Il governo del leader dem ci ha guadagnato la “clausola migranti”, cioè un po’ di flessibilità nel rapporto deficit-Pil (lo 0,2% per la precisione, circa 3,3 miliardi). Un’operazione, per così dire, poco accorta.
Di Maio & C. Su una cosa si può dar ragione al “capo politico” dei 5Stelle, quando ricorda “il business degli immigrati” fatto anche con l’avallo della politica: il caso di Mafia Capitale (Buzzi e le coop) o lo scandalo del Cara di Mineo (per cui è sotto processo il sottosegretario Castiglione) sono solo due esempi. Per il resto, la posizione del M5S sull’immigrazione è parecchio ballerina: a inizio legislatura avevano depositato un ddl per lo Ius soli, poi abbandonato; Di Maio si è appena rimangiato la definizione “taxi del mare” per le Ong che operano nel Mediterraneo; a Bruxelles i grillini lavorano per la protezione anche dei “migranti climatici”, in Italia presentano il programma “sbarchi zero” e si potrebbe continuare. È buona regola, e vale per tutti, ricordarsi che questioni troppo grandi non si lasciano governare da parole troppo piccole.