la Repubblica, 6 febbraio 2018
La vera guerra del calcio si gioca in televisione
Il calcio festeggia, i tifosi chissà. I presidenti della serie A hanno accettato l’offerta e, loro, si sentono a posto, tranquilli. Arrivano i marziani e sono spagnoli, si chiamano Mediapro, per i prossimi tre anni gestiranno il calcio di serie A in televisione. Come, non si sa: o almeno è tutto da scoprire. L’importante è aver messo sul piatto un miliardo e cinquanta milioni a stagione: ovvero la cifra minima richiesta più un plus di mille euro (a quel punto potevano bastarne 10, ma forse si sentivano generosi). Offerta quindi accettata. Significa che i caballeros di Mediapro (che gestiscono in maniera sontuosa la Liga spagnola di Messi e una miriade di vari contenuti televisivi sparsi per il mondo) ora conducono il gioco: e quel miliardo e passa a stagione adesso lo devono recuperare, ovvero vendendo a loro volta, da buoni intermediari, a tv e soci. Possono provarci in molti modi, riuscirci è un altro discorso: ma tutti gli esperti concordano, questa cosa, con ogni probabilità, sa di futuro. Nel senso che nei progetti c’è quello di far vedere il calcio ovunque, pagando s’intende: satellite, digitale, tv su Internet, Internet e basta, smartphone e un giorno chissà cosa salterà fuori.
E Sky, e Mediaset? Dipende: a Sky sono furiosi, hanno annunciato ricorso, Mediaset fa la ritrosa non più tanto interessata al prodotto, gli altri – a parole sussurrate – si dicono pronti e giù nomi, da Tim, ad Amazon a Perform e così via. Teoricamente, negli annunci dalla Spagna, ci potrebbe essere calcio a pochi euro sul computer (alla Netflix, per capirsi) e calcio molto più strutturato, e caro, sul satellite: ovvero su una Sky domata e messa di fronte al fatto compiuto, più alcune vie di mezzo non meglio identificate. Come tutto questo possa davvero produrre utili o fornire comunque un ritorno certo a Mediapro è interamente da scoprire.
Il calcio promesso dai nuovi padroni iberici ha come riferimento quello che è effettivamente successo in Spagna negli ultimi anni: funziona bene tutto, a patto che non si giochino mai due partite in contemporanea ( il vecchio concetto di calcio- spezzatino rischia di diventare riduttivo).
E per i tifosi? Il punto interrogativo, in un Paese come il nostro, è gigantesco. Da qui, l’impressione è che a Mediapro ripongano una fiducia sconsiderata nella voglia di calcio a pagamento degli italiani: che finora hanno aderito con rassegnazione, pagando costosi abbonamenti a Sky – dentro un’offerta che comprende molto altro, film, serie, news eccetera – o pagando molto meno a Mediaset per l’offerta più ridotta o, più semplicemente, organizzandosi con gli amici o recandosi al bar (quelli gestiti dai cinesi hanno una sorta di filo diretto con l’economica Premium di Mediaset).
Come andrà a finire, cosa bisognerà fare di diverso rispetto al passato per godersi una partita è al momento un enigma vero: ci vorranno un paio di mesi per vedere i primi accordi andare, o non andare, in porto. Ma la fibrillazione, soprattutto in zona Sky, è ai massimi: per questi ultimi rinunciare al calcio sarebbe un vulnus terribile ma sottoporsi a contratti capestro potrebbe rivelarsi un bagno di sangue: e con il rischio di avere un prodotto che è disponibile ovunque, a minor prezzo. E, offrendo meno, come fa Mediapro a rientrare davvero?
Un labirinto, insomma. Ma chi paga, per ora? Ovvio, il semplice tifoso. Che tutti stanno rassicurando, s’intende (la Lega, l’advisor Infront, gli spagnoli, tutti insomma) dicendo che cambierà poco e converrà a tutti. Come, però, non si sa. Ma una volta che i padroni del pallone hanno portato a casa il risultato tutto il resto, magicamente, passa in secondo piano. E il Paese, in fondo, avrebbe anche altro per la testa. Fino al momento in cui i giochi verranno fuori davvero e, a occhio, ci sarà da divertirsi. Si fa per dire, ovviamente.