la Repubblica, 6 febbraio 2018
L’amaca
Non per fare polemica (ce n’è già un’overdose, in campagna elettorale); giusto per capire come funziona, a volte, la mente umana. Si leggeva ieri sulla prima pagina del Giornale questo sottotitolo: “Boldrini fa la martire”.
Poiché chi ha fatto quel sottotitolo è certamente una persona, mi piacerebbe capire se quella persona, vedendo postata in rete la sua testa mozza e insanguinata (la sua, proprio la sua, non quella di un altro: la sua) se ne lamenterebbe e reagirebbe.
Oppure no, perché non vuole “fare il martire”. In altre parole: il corpo degli altri è meritevole, o meno, dello stesso rispetto che ognuno reclama, e giustamente, per il proprio corpo?
La campagna di odio fisico che da qualche anno colpisce Boldrini non riguarda solo lei. Riguarda anche chi la sfotte perché “fa la martire”.
Riguarda i depravati e i violenti che le augurano lo stupro, perché è quella la “punizione” opportuna per una donna che si permette di fare politica, e di farla spesso contro il senso comune (niente è “contro il senso comune”, in questo momento, quanto battersi per i migranti). Riguarda politici e giornalisti che, a differenza degli urlatori del web, usano le parole per mestiere ma non le conoscono, le maneggiano senza saperne il peso, la consistenza, l’effetto che fanno quando arrivano, come uno sputo, sulla faccia dell’altro.