la Repubblica, 6 febbraio 2018
La lotta di Veronica: rivoglio l’assegno
Roma L’origine della richiesta di divorzio? La scoperta che una ragazza chiamava suo marito “Papi” e che tra loro c’era «un rapporto anomalo e inquietante». Che lei, la moglie, giudicò «lesivo della dignità del coniuge e dei valori familiari». Era il 27 aprile 2009, Silvio Berlusconi era il presidente del Consiglio, e sua moglie, Miriam Bartolini, nome da attrice Veronica Lario, disse a Repubblica che non poteva accettare di vivere accanto a un uomo che «aveva rapporti con minorenni».
Sono passati 9 anni, e 72 pagine, scritte di pugno dall’avvocato Maria Cristina Morelli – il ricorso in Cassazione contro la sentenza del 16 novembre 2017 della Corte di Appello di Milano – riaprono la storia infinita di una separazione a colpi di milioni di euro. Con una novità giuridicamente significativa. Morelli getta alle ortiche la sentenza della Cassazione – quella del 10 maggio 2015, l’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli contro sua moglie, l’imprenditrice Lisa Lowenstein – che ha fatto storia perché nega che, in caso di divorzio, il coniuge abbia diritto di conservare lo stesso tenore di vita. Ma, dice Morelli, questa «non è una pronuncia delle sezioni unite della Cassazione, non è una legge ordinaria, né è la revisione dell’articolo 29 della Costituzione ( la famiglia fondata sul matrimonio, ndr.)». Quindi non può essere applicata alla ex signora Berlusconi. Che «ha rinunciato a fare l’attrice», che «non è scandalosamente ricca», che «ha diritto di lasciare i gioielli regalatigli dal marito ai figli», che ha diritto anche a vivere «nel modo principesco» in cui viveva prima.
Ma dopo la sentenza di novembre, secondo l’avvocato Morelli, questo è divenuto impossibile. Perché Lario deve restituire a Berlusconi 45 milioni di euro e non ha più diritto a 1,4 milioni al mese, come aveva stabilito prima il tribunale di Monza. Una decisione «surreale e iniqua» quella di Milano, che si basa appunto sulla sentenza Grilli, ma non tiene affatto conto della realtà dei fatti. E cioè: l’effettiva situazione economica e patrimoniale di Lario, quella di Berlusconi, su cui la Corte di appello non ha fatto gli accertamenti necessari, le rinunce della stessa Lario rispetto al suo matrimonio con Silvio.
È sicuramente un passaggio a effetto proprio quello sulle rinunce di Lario e sulla sua «conduzione familiare». Arriva nelle ultime pagine del ricorso. Scrive Morelli: «Lario ha rinunciato in giovane età alla sua carriera di attrice per dedicarsi interamente alla casa, alla famiglia, e soprattutto all’allevamento e all’educazione dei tre figli, Barbara, Eleonora e Luigi». Una condizione riconosciuta del resto proprio dallo stesso Berlusconi che nel ricorso per lo scioglimento del matrimonio aveva scritto: «Non va trascurato che la signora Bartolini ha contribuito personalmente alla conduzione familiare esercitando il ruolo di madre».
Il sacrificio di Lario ha giovato all’ex premier? «Berlusconi ne ha tratto non solo il vantaggio di potersi più liberamente e intensamente dedicare alle proprie molteplici attività imprenditoriali, ma anche quello di costituirsi un’immagine di capo di una famiglia felice, largamente sfruttata nella propria vita politica». La durata del rapporto – un matrimonio durato 20 anni e una convivenza di 10 «in cui sono nati i tre figli» – risulta «decisiva a fondare l’assegno divorzile».
Quanto a Lario, dice sempre Morelli, è «erroneo» attribuire consistenza al suo patrimonio, perché invece rivela «passività di gestione», né presentarla come titolare di «ingentissime somme di denaro», perché gli assegni dell’ex marito sono stati destinati «al consumo». Quanto ai favolosi gioielli che lui gli ha regalato non si può pensare che «un uomo tra i più ricchi del mondo, desideri davvero che la sua ex moglie, anziché destinarli alle loro due figlie e alla futura moglie del loro figlio, li venda per cercare di andare avanti».