la Repubblica, 6 febbraio 2018
In corsa per il Parlamento 8 condannati e 30 imputati
ROMA Otto condannati, trenta sotto processo: ci sono questi numeri dietro la battaglia sui volti imbarazzanti delle elezioni. Sono i numeri dei candidati che, al di là degli elenchi più o meno stiracchiati dai leader di partito, hanno problemi giudiziari acclarati da un atto: una sentenza, un rinvio a giudizio, appunto. È un saldo suscettibile di modifiche, nel mare magnum delle liste, a un mese dal voto, ma incornicia un primo quadro certo di nomi ai quali – malgrado le pendenze – la politica non intende rinunciare. A parte, ovviamente, stanno le decine di casi di indagati “eccellenti”, come il forzista Luigi Cesaro in Campania, che hanno già infiammato la campagna elettorale.
Galleria vasta, che racchiude reati di diversa gravità. Gli otto condannati stanno nelle liste del centrodestra. Umberto Bossi, gravato da due sentenze sull’utilizzo illecito dei fondi pubblici per la Lega, e Roberto Formigoni, sei anni per corruzione, sono entrambi in corsa per il Senato in Lombardia, e guidano una pattuglia che comprende altri due ex governatori forzisti come Ugo Cappellacci e Michele Iorio. Il primo, condannato a due anni e mezzo per il crac milionario della società di vernici Sept, è stato ricandidato per la Camera a Cagliari. Iorio, oggi esponente di Noi con l’Italia, a quattro giorni dalla chiusura delle liste è stato riconosciuto colpevole di aver favorito il socio privato nella cessione dello zuccherificio Molise: sei mesi per abuso e interdizione per un anno dai pubblici uffici. Il centrodestra lo ha messo in pista lo stesso nell’uninominale. E nell’elenco dei candidati, tutti in posizioni eleggibili, ci sono altre vecchie conoscenze forziste: da Salvatore Sciascia, ex capo dei servizi fiscali Fininvest condannato a due anni e mezzo per le tangenti alle Fiamme Gialle prima della riabilitazione ( in pista per il Senato in Lombardia), all’imprenditore Antonio Angelucci che corre per il terzo mandato, malgrado una condanna a un anno e 4 mesi per falso e tentata truffa. Ci sono poi due siciliani: Domenico Scilipoti, uno dei “responsabili” che nel 2010 salvarono Berlusconi dalla sfiducia, ha una condanna per documenti falsi prodotti per non pagare un debito da 230 mila euro ma è stato ripescato nelle liste pugliesi per il Senato. Urania Papatheu, in corsa a Messina, è stata riconosciuta responsabile da un giudice di sperperi nella gestione della Fiera. Il Pd, fra i candidati imputati, vede tutto il gruppo De Luca: Piero, figlio del governatore, è sotto processo per il crac dell’immobiliare Ifil, il capo dello staff Franco Alfieri perché da sindaco di Agropoli avrebbe lasciato immobili confiscati nella disponibilità di famiglie malavitose ed Eva Avossa, che fu vicesindaca di De Luca, attende una sentenza in un procedimento che riguarda una variante urbanistica a Salerno. Anche i forzisti ricandidano due big campani sotto processo: il coordinatore Domenico De Siano, coinvolto in un’inchiesta su appalti e rifiuti ( il Senato aveva respinto la richiesta di arresto), e Nunzia De Girolamo alle prese con le accuse di concussione e voto di scambio in una vicenda che riguarda l’Asl di Benevento.
Fratelli D’Italia, in Veneto, lancia Maria Carretta e Sergio Berlato, entrambi imputati di falso per il tesseramento gonfiato dell’ex Pdl. Paolo Alli, candidato nel centrosinistra in Lombardia, è a giudizio per abuso d’ufficio nel processo sulle tangenti in Sanità che vede protagonista Formigoni. Nel Lazio il Pd non esita a far correre Angelo D’Agostino, coinvolto in un maxi procedimento per le presunte mazzette alla società di certificazione Axosa. Poi c’è il partito trasversale degli imputati nei vari procedimenti per le “rimborsopoli” nei Consigli regionali. Sono tredici, nelle liste di Fi, Pd e non solo: Salvini ha blindato un seggio in Liguria per il segretario regionale Edoardo Rixi, chiamato a giustificare spese per 19 mila euro, candidando anche il presidente del Consiglio regionale Francesco Bruzzone, anche lui sotto processo. Fra gli imputati candidati alla Camera un esponente di Leu, l’ex assessore comunale di Avellino Giancarlo Giordano, accusato di abuso d’ufficio per la mancata bonifica di Isochimica.