la Repubblica, 6 febbraio 2018
Sorprese in arrivo sul fronte militare tra Roma e Ankara crescono gli affari
I rapporti commerciali non sono più quelli dorati dell’epoca in cui a Palazzo Chigi sedeva il “caro amico” (Erdogan dixit) Silvio Berlusconi, anni in cui gli affari tra Roma e Ankara viaggiavano al livello record di 21 miliardi. L’asse economico tra Italia e Turchia ha retto però alle fibrillazioni seguite al tentativo di colpo di Stato del 2016. E il via-vai tra i due paesi di meccanica di precisione, armi, componentistica auto e delle preziose nocciole per la Nutella ( la Turchia è il maggior fornitore di Ferrero) fanno del Belpaese il terzo partner commerciale della nazione islamica con scambi saliti del 2% nei primi 11 mesi del 2017 a 17,9 miliardi e un surplus per il bilancio italiano di 2,4 miliardi. «Il vostro potenziale è maggiore», sostiene Recep Tayyp Erdogan. I rapporti bilaterali sono rimasti quasi congelati tra il 2012 e il 2017 quando il ministro allo sviluppo Carlo Calenda – conscio delle opportunità che offre un paese di 80 milioni di abitanti e in crescita – ha rifondato il forum Italia-Turchia per rilanciare iniziative comuni. Le basi da cui ripartire sono ancora solide. Diverse aziende italiane (nel paese sono 1.400) hanno ottenuto in passato commesse importanti nell’ambito del piano “Vision 2023”, il progetto di nuove infrastrutture da 400 miliardi lanciato da Ankara per festeggiare i cent’anni della Repubblica. Astaldi si è aggiudicata appalti per il terzo ponte sul Bosforo, per l’autostrada Istanbul- Smirne e per l’ospedale di Etlik. L’Italia esporta in Turchia meccanica di precisione per 1,75 miliardi l’anno, cifra destinata a salire visto che il mercato cresce del 20% ogni 12 mesi. Unicredit ha una quota importante nella Yapi Kredi, la sesta banca nazionale e farà la sua parte in un aumento di capitale da un miliardo appena lanciato. La Sace – dopo il summit bilaterale voluto da Calenda – ha finanziato con 100 milioni le metropolitane del Bosforo, “aiutino” che potrebbe aprire l’affare ad altre aziende tricolori, opzionate dalla Turchia anche nella costruzione di una mega-centrale in Bahrein.
«Voglio sviluppare ancora la cooperazione sul modello dell’accordo del 2007 con Agusta- Westland per gli elicotteri», ha anticipato Erdogan. E in effetti il fronte militare potrebbe presto riservare sorprese. Leonardo è in campo per una fornitura ad Ankara di nove aerei tattici da trasporto Cj 27- Spartan, valore 500 milioni. Partita geopoliticamente delicata perché il rivale numero uno in questo affare è il C295 dell’Airbus. In ballo ci sono anche lavori nel campo dei sistemi di difesa aerei e la missilistica di lungo raggio, dove il consorzio italo- francese Eurosam ha firmato un accordo di esclusiva valido 18 mesi in vista di intese più ampie.
Sul fronte energetico i rapporti sono più complessi. Il Tap unirà l’Italia alla Turchia portando gli idrocarburi del Mar Caspio fino al nostro paese. L’Eni tratta ogni anno 6,55 miliardi di gas che passa da Blue Stream. Ma la relazione tra Ankara e il cane a sei zampe ha iniziato a scricchiolare negli ultimi tempi dopo le perforazioni nelle acque di Cipro dall’azienda italiana, in zone reclamate dalla Turchia.
Una partita a sé gioca la Ferrero. La Turchia ( in particolare la zona vicina al Mar Nero) produce il 70% delle nocciole mondiali e Alba – dopo il tentato golpe del 2016 – ha cercato di ridurre la dipendenza da Ankara cercando nuove fornitori. Ha provato in Georgia e Abkhazia senza troppa fortuna. E anche per il bene della Nutella spinge perché le relazioni tra Italia e Turchia tornino “vivaci e positive” (altro copyright di Erdogan) come nel 2011.