Corriere della Sera, 6 febbraio 2018
La fuga dei volontari dai Giochi sottozero: la cerimonia è un incubo
PYEONGCHANG Sul cruscotto dell’autobus c’è una spessa trapunta rossa. Viene da chiedersi se l’autista Coreano della navetta olimpica ami tanto il suo mezzo da volerlo proteggere contro il freddo. O se si tratti di una vecchia tradizione contadina, visto che questa provincia è stata per decenni la meno avanzata e la più lontana dal miracolo economico di Seul. Anche la leva del cambio è foderata con un passamontagna e la tentazione sarebbe di rubarlo, perché ogni volta che si apre la porta del pullman arriva una sventagliata assassina.
I volontari dell’organizzazione di Pyeongchang 2018 non si stancano di sorridere e dare informazioni, però anche tra questi ragazzi ci sarebbero state defezioni, di chi non è riuscito a sopportare il gelo. Sono i giornalisti cinesi, venuti qui in forze perché nel 2012 sarà Pechino la capitale olimpica invernale, ad aver rivelato il ritiro di un centinaio di volontari. A vederli schierati davanti alle tende delle procedure di sicurezza e accredito fanno compassione. E torna in mente un detto celebre nell’esercito americano. Negli Anni 50 e 60 i soldati Usa di stanza nella penisola si ripetevano: «Quando ti chiamano sotto le armi devi stare attento a non prenderti tre cose, la gonorrea, la diarrea e la Corea». Le condizioni climatiche estreme erano una delle componenti del ragionamento.
Gli atleti stanno arrivando e il primo appuntamento è fissato per venerdì sera nello stadio olimpico di Pyeongchang. Ora d’inizio della cerimonia d’apertura le 20 di qui (le 12 in Italia) e qualche squadra sta pensando ai rischi di tenere i campioni in piedi all’aperto per ore nell’impianto senza copertura. Ieri notte, dopo essere stata stabile intorno ai -10, la temperatura è sprofondata a -16 e il «wind chill», il vento secco, ha portato la percezione di gelo a 20 sotto zero. Gli allenatori italiani hanno raccomandato ai loro ragazzi e ragazze di non restare mai fermi all’aperto. I neozelandesi pensano di non far partecipare alla festa quelli che dovranno già gareggiare il sabato.
Il consiglio è naturalmente quello di vestirsi a strati, ma il vento s’infila comunque. Questo è stato un inverno da record anche per i criteri Coreani. Da dicembre si sono contati 347 casi di ipotermia e 116 di congelamento, secondo l’agenzia Yonhap. Ma perché è stata scelta questa località per i Giochi? I politici della provincia di Gangwon si sono battuti per ottenerli e ci sono riusciti al terzo tentativo. Volevano attirare investimenti da parte del governo di Seul e li hanno avuti: 13 miliardi di dollari in infrastrutture, compresa una linea ferroviaria ad alta velocità e una nuova autostrada. Prima del treno veloce, da Seul a Pyeongchang ci volevano ore: il percorso stradale era chiamato «budello di pecora», per quanto era tortuoso. Per convincere il Comitato olimpico internazionale le autorità di questo centro di circa 40 mila anime hanno addirittura cambiato il nome del loro villaggio. Si chiamava Pyongchang nella versione inglese ed era troppo simile a Pyongyang, capitale della Nord Corea. Hanno prima messo una «e» e poi hanno dato la maiuscola alla «c». Risultato, PyeongChang. La leggenda vuole che comunque un delegato del Cio si sia confuso e abbia prenotato un volo per la città di Kim Jong-un.
Si spera che queste Olimpiadi invernali passino alla storia per l’inizio del dialogo tra le due Coree. Sono in arrivo i musicisti e le majorette di Kim Jong-un, ragazze che si dice siano state approvate personalmente dal Maresciallo. Una parte alloggerà su una nave, il resto della truppa in un albergo circondato dai monti, lontano da Pyeongchang. Peccato, non riscalderanno i nostri cuori.