Affari&Finanza, 5 febbraio 2018
Russ, il “supplente” di Piacentini la Little Italy alla corte di Bezos
Milano L’Italian connection di Amazon sopravvive all’addio (pro-tempore) di Diego Piacentini. L’ex- responsabile di tutte le attività internazionali nel retail del colosso di Jeff Bezos è stato ceduto in prestito al governo italiano come responsabile per la trasformazione digitale della pubblica amministrazione. A tener alto il tricolore a Seattle ci pensa però ora un newyorchese (quasi) purosangue: Russelldetto Russ – Grandinetti. La sua carta d’identità,in teoria, parla chiaro. È nato e cresciuto tra i grattacieli della Grande Mela, dove ha trovato pure il primo impiego – analista di software alla Morgan Stanley – dopo la laurea a Princeton in ingegneria. Frugando meglio nel portafoglio però, si scopre che il cognome non è l’unico indizio d’italianità del supermanager di Amazon. Tra carte di credito, tessere e badge brilla infatti la tessera numero uno del Napoli Club di Seattle. «Sono tifoso azzurro da sempre – ammette lui, in visita nei nuovi uffici milanesi del gruppo – Sfegatato. Ieri sono stato a Bergamo a vedere i ragazzi vincere uno a zero contro l’Atalanta, gol di Maertens!». L’albero genealogico e le lezioni di italiano che prende ogni settimana da un anno spiegano da dove arriva tutta questa passione e perché la quota “Belpaese” in casa Bezos è ancora ben rappresentata: «Mio nonno è partito nel secolo scorso da Conflenti, in Calabria, per cercare fortuna in America – racconta con orgoglio – Mio padre è calabrese, mia madre napoletana. Si sono sconosciuti e sposati e abitano nella stessa casa di sempre a New York dal 1982, a venti minuti dal molo dove è sbarcato il nonno». Abitudinari, attaccati alle radici e alla famiglia. «Quando ho detto a mio padre nel 1996 che “emigravo” nello stato di Washington per lavorare in una piccola azienda che vendeva libri online, lui mi ha guardato come se partissi per Giove» ride. «“Cosa vai a fare lì che qua hai un bel lavoro, rischi di bruciarti le dita!” mi ha detto». Si sbagliava. Russ ha fatto la scelta giusta. La piccola libreria digitale è oggi un gigante che dà lavoro a 350mila dipendenti. Lui ha salito uno a uno i gradini della gerarchia aziendale: responsabile dell’area softline (scarpe, abbigliamento e gioielli), tesoriere, poi direttore della divisione libri Nord America e responsabile per anni del progetto Kindle. E quando «il Commissario Piacentini» – come lo chiama lui in italiano – si è preso il sabbatico per dare una manoa Roma, Bezos l’ha scelto per prendere il suo posto. Regalando all’Italia un alleato importantissimo al piano più alto di Seattle. «Il nostro paese – dice facendo l’occhiolino – è entrato un po’ più tardi di altre nazioni europee nel pianeta Amazon ma sta crescendo a ritmi rapidissimi. Diamo da lavorare a 3.500mila persone e nel 2017 abbiamo aiutato tante piccole e medie imprese a esportare all’estero merci per 350 milioni con una crescita che da un biennio viaggia a ritmi +50% annuo». Le polemiche sui negozi messi in ginocchio dalla concorrenza dell’e-commerce? «È il mercato – dice –. Noi abbiamo aperto opportunità anche per aziende che non avrebbero mai pensato di andare fuori dai confini. Arriveremo presto al miliardo di export. Io in Seattle mi posso ordinare la Nduja calabrese che prima non avrei mai trovato. Posso dire però con orgoglio che secondo i nostri calcoli le aziende che abbiamo aiutato a crescere hanno creato in Italia 10mila posti di lavoro». Le polemiche sul braccialetto elettronico e gli scioperi per i ritmi massacranti negli stabilimenti tricolori – assicura – non hanno rallentato i piani di investimento di Amazon nel nostro paese: «Tutti sanno che l’Italia ha un livello di penetrazione digitale ancora basso – dice – e Piacentini sta facendo un gran lavoro per cambiare questo stato di cose. La nostra rete però crescerà. Abbiamo già milioni d abbonati a Prime. Ora l’obiettivo primo è portare servizio e rapidità di consegna in ogni regione d’Italia». Grandinetti ha passato gli ultimi anni, quelli in cui gestiva Kindle, ad accompagnare la conversione hi-tech del settore dei libri. E sostiene che l’esperienza degli editori può essere utile per capire come adattarsi alla trasformazione del mercato portata dal ciclone Amazon: «Ci hanno combattuto a lungo – dice – ma poi sono riusciti ad adattarsi alla metamorfosi dei consumi. Oggi il digitale rappresenta in 30-40% del business degli editori e i loro conti sono in ripresa. C’è chi sta meglio e chi peggio, ma hanno fatto una transizione al digitale esemplare». Il dilemma tra negozi fisici e online, sostiene, è sbagliato. «In futuro servirà essere presenti in tutti e due i canali», sostiene l’italo- americano di Seattle. Amazon per esempio ha fatto un accordo in Italia con Giunti che funziona benissimo, portando i libri dove non esistono le librerie. Bezos ha appena comprato i grandi magazzini Whole Foods, altro mercato dove pure in Italia ci sono ampi margini di crescita per il modello d’impresa del colosso statunitense. «Un esempio? Noi abbiamo già un accordo con Unes. I suoi clienti a Milano possono aprire il nostro sito, cercare la loro vetrina virtuale e fare tranquillamente la spesa dalla poltrona di casa. Poi noi la consegniamo in uno-due ore, risparmiando alla catena retail l’onere di mettere in piedi la rete di distribuzione». Un format che sarà messo a disposizione al resto del settore in Italia anche per consegnare la merce dove fisicamente non ha più senso tenere in piedi enormi e costosissimi punti-vendita. Un’area ad alto potenziale di sviluppo, come quella dell’affitto di spazio fisico per memoria e dati nella grande rete It della società. Un servizio cui già ricorre l’Enel. L’ombra di questa Amazon pigliatutto (l’azienda vale in Borsa oltre 600 miliardi) ha convinto molti critici a chiedere un intervento dell’antitrust, con l’obiettivo estremo di spezzare il gruppo in più parti per ridimensionarne lo strapotere commerciale. «La distruzione del mercato e della concorrenza non è certo il nostro scopo – dice Grandinetti -. Noi viviamo con l’ossessione di fare sempre meglio quello che sappiamo fare: ampliare l’offerta di beni in vendita e recapitarli a domicilio sempre più rapidamente. A comprare poi sono i clienti e vincitori e perdenti li decidono loro. Se non ci fosse Amazon a occupare questo mercato ci sarebbe qualcun altro. E tutte le innovazioni che portano aumento di produttività e abbassano i costi aiutano a migliorare la qualità della vita nel lungo termine». Come dire: meglio abituarsi, la tecnologia marcia più rapida delle proteste di chi non riesce a stare al passo. «A Roma il nostro nuovo magazzino è assistito dai robot, molto più moderno di quelli che già abbiamo al nord aggiunge Russ – La tecnologia crea lavoro. Noi continuiamo ad assumere e l’e-commerce è ancora un settore in fasce, visto che è solo una percentuale a una cifra del commercio mondiale». Lui è ad Amazon da 20 anni («mi hanno appena fatto una piccola festa al quartier generale») ma è sicuro che al vertice «si respira ancora lo spirito delle origini, con una fortissima spinta all’innovazione che non si è mai fermata». Russ, per intanto, sta imparando a godersi la sua seconda patria. Conflenti gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Le ultime vacanze con la moglie e il figlio di nove anni le ha fatte prima in Costiera Amalfitana («in un hotel che era la casa di Franco Zeffirelli», ricorda entusiasta) poi in barca in Sardegna («un posto unico»). Russell, questo è certo, continuerà a guardare con un occhio di riguardo il nostro paese. Parla già un italiano più che discreto. E in fondo – quando può – cerca di onorare sugli spalti il suo ruolo di responsabile del Napoli Club della capitale dello stato di Washington. Lo scudetto? «Non parlo. Posso dire solo che giochiamo bene. Sono napoletano e quindi scaramantico. Se mi chiede di quella parola lì, rispondo come i miei amici in dialetto: “O nonno sta buono”».