Il Sole 24 Ore, 4 febbraio 2018
Cavie digitali per ricerche gentili
E se con le innovazioni dirompenti riuscissimo a rivoluzionare il modo con cui vengono condotte le sperimentazioni cliniche? Ovvero, senza più coinvolgere né animali né esseri umani, come è avvenuto nello studio che ha travolto questa settimana la Volkswagen, ma solo le loro caratteristiche perfettamente simulate, con un netto risparmio di tempo e soldi e con risultati certi. Con le tecnologie oggi a disposizione resta ancora un sogno, ma gli sforzi che si stanno facendo in questa direzione fanno intravedere un futuro diverso.
Sono due le linee di pensiero riguardo alle possibili modifiche all’attuale sistema degli studi clinici: c’è chi vorrebbe migliorare il sistema esistente attraverso l’uso di organi artificali se non addirittura la ricostruzione dell’intero organismo, e chi punta sulle prove in silico,una simulazione computerizzata su misura.
«Le innovazioni che possono cambiare il processo nella parte pre-clinica è sicuramente l’uso sempre più massiccio dell’informatica e quindi delle simulazioni in silico -commenta Giuliano Grignaschi, responsabile del benessere animale all’Istituto Mario Negri e segretario genrale di Research4Life -. Sulla base della struttura chimica delle molecole attraverso i metodi Qsar (quantitive structure activity relationship) si possono già predire la tossicità e l’attività di un composto, essenziali per l’approvazione di un farmaco. E questo è un campo nel quale lo sviluppo sta andando avanti in maniera molto rapida».
A oggi nel mondo ci sono un centinaio di metodi alternativi per cercare di ridurre al minimo il numero di animali nei test clinici, ma per cambiare le norme che regolano l’approvazione dei test scientifici vanno prima validati. Ma farlo costa diverse decine di milioni di euro e una decina d’anni, quasi come sviluppare un nuovo farmaco.
«L’area più semplice da affrontare è la tossicologia – riprende Grignaschi – infatti il 60% dei metodi validati, come i test con pelle ricostruita in laboratorio, riguarda questo settore. E sono sostanzialmente utilizzati in ambito cosmetico, da quando nel 2013, l’Europa ha bandito l’utilizzo di animali nello sviluppo dei cosmetici». Detto in numeri: nel 2000 sono stati utilizzati in italia 905.603 animali, nel 2015 581.935 (fonte Gazzetta Ufficiale) con una riduzione del 35,7 per cento.
Le vere sfide riguardano però lo sviluppo dei supercomputer e la simulazione del corpo umano su un chip.
La tecnologia di “organs-on-chips”, che utilizza le cellule staminali per ricostruire mini organi in laboratorio è considerata da molti la vera rivoluzione che potrebbe sostituire completamente i test sugli animali. Tuttavia, sebbene gli esperimenti siano promettenti, questi sono ancora lontani da una simulazione reale e totale della fisiologia umana, con tutte le variazioni mostrate dai pazienti reali. Il modello dovrebbe comprendere i sistemi circolatorio, neurale, endocrino e metabolico e ciascuno di questi dovrebbe dimostrare di rispondere agli stimoli fisiologici e farmacologici. Il che significa includere ogni piccolo dettaglio del corpo umano, dal modo in cui il nostro organismo reagisce alle variazioni di temperatura ai ritmi circadiani influenzati dagli ormoni.
«Ci sono tante proposte di organ on chip, ma si è ancora lontani dal costruire un body on chip, riuscendo a mettere in contatto tutti questi organi per ricostruire la complessità dell’organismo in toto» precisa Grignaschi.
Una delle simulazioni più avanzate a questo riguardo è HumMod, che un modello top-down della fisiologia umana: da interi organi a singole molecole. Contiene oltre 1.500 equazioni e 6.500 variabili come fluidi corporei, circolazione, elettroliti, ormoni, metabolismo e temperatura cutanea. Il progetto, basato sui lavori dei primi anni 70 di Arthur Guyton e Thomas Coleman, mira a simulare la fisiologia umana e sostiene di essere il modello matematico più sofisticato umana mai creato. Ma è in sviluppo da decenni ed è ancora lontano dall’essere completato. Potrebbero volerci decenni per ultimarlo. Altrettanto dicasi per il progetto multicentrico Athena, 19 milioni di dollari di finanziamento, che coinvolge diverse università, tra cui Harvard, che ha l’obiettivo di sviluppare organi umani interconnessi basati su una piattaforma miniaturizzata.
Anche l’intelligenza artificiale è uno strumento che può “aiutare” gli studi clinici in termini sia di velocità nella scoperta di nuovi farmaci sia di previsione di successo. La società Atomwise, per esempio, usa la tecnologia deep learning e all’epoca dell’epidemia di ebola, con i supercomputer aveva fatto una ricerca virtuale di farmaci già esistenti e sicuri che potevano essere riprogettati per trattare il virus. Un’analisi che avrebbe richiesto mesi o anni, è stata completata in un giorno, scoprendo un potenziale candidato.
La necessità di trovare metodi alternativi al tradizionale processo di sperimentazione clinica è spinta anche dal fatto che oggi scoprire una nuova medicina costa di più e impiega più tempo che in qualsiasi altro momento storico. Negli ultimi anni, il prezzo medio per mettere in commercio un nuovo farmaco sfiora i 2,5 miliardi di dollari, con una data di consegna stimata di 10-15 anni. A questo si aggiungono le sfide urgenti di salute globale, come l’aumento della resistenza agli antibiotici e l’emergere di virus pandemici, che richiedono tempi rapidi per trovare nuovi trattamenti.