Il Messaggero, 3 febbraio 2018
«Il capolavoro di mio nonno cade a pezzi e nessuno ha mai voluto muovere un dito». Intervista a Pier Luigi Nervi
L’architetto Pier Luigi Nervi e suo fratello, l’ingegnere Marco, sono i nipoti di Pier Luigi Nervi, genio dell’edilizia civile italiana che collaborò con architetti di fama internazionale come Le Corbusier e che realizzò, fra le sue opere, lo Stadio Flaminio di Roma. Erano gli anni Cinquanta. Marco segue le vicende del Flaminio da Bruxelles, Pier Luigi è nella sua casa romana e si dice «dispiaciuto per quello che è accaduto al senzatetto».
Pare che lo Stadio costruito da suo nonno ospitasse una favela.
«Tutti sapevano dei varchi nella recinzione, ma nessuno ha mosso un dito. Spero solo che la morte di quell’uomo non sia frutto di una lite violenta altrimenti saremmo arrivati al Far West. Per noi vedere lo Stadio in queste condizioni è una ferita aperta».
Da anni vi state battendo per il recupero dell’impianto. Che prospettive ci sono?
«Ora è mio fratello Marco che sta seguendo con l’amministrazione comunale il progetto della Fondazione Getty per avere almeno il quadro della situazione attuale. Ma manca un’idea per il futuro, serve la volontà di riportare alla luce il Flaminio. Non c’è tempo da perdere perché prima o poi verranno già i primi pezzi».
Perchè dice questo?
«Perché in molte parti il copriferro che è la parte di cemento che ricopre l’armatura è danneggiato. I ferri si sfagliano con le dita. Sono convinto che se oggi riempissimo di nuovo lo stadio di spettatori e tutti insieme battessero i piedi a terra, qualcosa verrebbe giù».
Che fine hanno fatto i progetti per lo Stadio Flaminio?
«Guardi, mi ricordo ne parlai personalmente già con Franco Carraro sindaco, poi il discorso lo ripresi con Rutelli, Veltroni e Alemanno. Il primo progetto di ristrutturazione risale all’82, l’ultimo era in previsione delle Olimpiadi 2024, che prevedeva l’abbassamento del terreno di gioco, naufragato con la candidatura di Roma».
Ma non si è fatto nulla.
«La risposta è sempre la stessa: mancano i soldi. Comunque prima di qualsiasi tipo di intervento, che sia di ampliamento o di riduzione va capito lo stato dell’arte. Perché nessuno sa quanti soldi e quanto tempo serviranno preliminarmente per mettere in sicurezza ciò che esiste».
E per ristrutturarlo servono milioni.
«Non so quanti, ma so che per 22mila euro avremmo potuto fare negli anni passati almeno una relazione sullo stato del calcestruzzo, ma che furono spesi 6 milioni di euro sotto la tribuna coperta destinati all’ospitalità del rugby, che poi si trasferì all’Olimpico».