Il Messaggero, 3 febbraio 2018
Morte e degrado al Flaminio. Il gioiello diventato una favela
ROMA Morire all’interno di uno stadio monumentale completamente abbandonato al degrado, che dovrebbe essere almeno chiuso e inaccessibile, tra i palazzi della Roma bene dei Parioli e del Flaminio. Nella Capitale si può. È successo ieri a Sulin Wickrmasingha, classe 1950, senzatetto cingalese, da tutti conosciuto come «Charlie», habitué della Mensa della Carità de La Salle, lì a pochi passi, in via del Vignola. A ritrovare il cadavere all’interno dell’ex infermeria dello Stadio Flaminio, dismesso dal Coni, riconsegnato al Comune nel dicembre 2014 e da allora depredato e divorato dall’incuria, sono stati i vigili urbani del Nae, il Nucleo assistenza emarginati, intorno alle 8. Erano andati per censire gli occupanti abusivi e stavano accompagnando degli operai per un sopralluogo a un locale tecnico. All’interno dell’ex astanteria dove venivano medicati i campioni del calcio e del rugby, invece, è spuntato lui: Sulin era a terra tra una montagna di rifiuti, ai piedi del vecchio armadietto delle medicine, con gli occhi sbarrati verso l’alto, cianotico e con una copiosa perdita di sangue dietro la nuca. Di quell’antro aveva fatto il suo riparo come almeno un’altra decina di fantasmi che rompendo i lucchetti e aprendo varchi nelle cancellate avevano adibito l’impianto che ospitò le Olimpiadi del 60 nell’ennesima favela nel cuore della città. A cento metri appena dall’Auditorium Parco della Musica.
LA DINAMICA
Forse Sulin è caduto, forse ha battuto la testa oppure ha avuto una crisi epilettica nella notte. Il medico del 118 ha riscontrato un edema polmonare, ma nessuno può escludere ancora che qualcuno lo abbia colpito al termine di una lite, anche se non ci sarebbero segni evidenti di violenza. Testimoni, altri desperados portati negli uffici della Municipale per il fotosegnalamento di rito, avrebbero visto Sulin e dei connazionali bere e discutere fino a tardi giovedì sera. La salma dello straniero è al Policlinico Gemelli in attesa dell’autopsia che chiarirà le cause esatte del decesso. Il pm affiderà oggi l’incarico al medico legale. Di certo c’è che il cingalese (come gli altri, romeni e italiani, alcune sono coppie) là dentro non avrebbe dovuto esserci e che lo Stadio Flaminio, realizzato dall’ingegnere Pier Luigi Nervi e progettato dall’architetto Antonio Nervi nel 59, non avrebbe meritato questa fine. C’è una causa in corso tra Comune e Coni. Il campidoglio reclama 6 milioni di euro poiché il Comitato avrebbe riconsegnato la struttura in maniera «non idonea». Secondo i calcoli, oggi, occorrerebbe il doppio della cifra per risistemarlo.
LO SCEMPIO
Osservando l’enorme Moloch con le gradinate e gli intonaci sgretolati, le cancellate mangiate dalla ruggine e l’erba alta che aggroviglia e infesta ogni angolo come se la natura volesse riappropriarsi di spazi perduti, i fasti di una volta sembrano lontani anni luce. I concerti dei Pink Floyd e dei Rolling Stones, le grida, gli applausi, le file ai botteghini, riecheggiano in un ricordo sbiadito; le urla e il tifo per gli atleti in campo del Sei Nazioni rimandano a un film improvvisamente cancellato dalla memoria. Dentro solo scheletri di spalti, scale, controsoffitti dei locali comuni, di bar e palestre, pericolanti e pericolosi, vetri rotti, scritte sui muri, sanitari dei bagni divelti, sedie distrutte, estintori svuotati, le insegne e i tabelloni con le scritte Coni e Comune di Roma che quasi sembrano firmare la cartolina di uno scempio fino a pochi anni fa inimmaginabile.
Mercoledì c’era stato uno dei sopralluoghi del pool formato dagli ingegneri dell’Università La Sapienza che con la Nervi Project Association sta portando avanti uno studio preliminare di recupero dell’impianto, finanziato con 150mila euro dalla Fondazione Getty di New York. Il Flaminio, infatti, non è vincolato e l’obiettivo è fornire un quadro dello stato attuale dell’infrastruttura oltre a dei paletti entro i cui effettuare interventi futuri. Di cui, al momento, archiviata la prospettiva di poterlo restaurare per le Olimpiadi del 2024, non v’è traccia.