Il Messaggero, 3 febbraio 2018
Santo Domingo, c’era una volta il paradiso. Boom criminalità, un altro italiano ucciso
Un piccolo paradiso divenuto inferno. Questa, purtroppo, è stata la Repubblica Dominicana per Vittorio Giuzzi, il bresciano di 68 anni, ucciso nella sua residenza di Santo Domingo, dove si era trasferito dal 2002 per seguire le sue coltivazioni di caffè, fagioli e mango. «Non è possibile che la vita non abbia più valorenon si può morire di botte per un furto, per invidia, per cattiveria», ha scritto la nipote Miriam su Facebook, riferendosi alla violenza dei rapinatori che, secondo le prime ricostruzioni, lo avrebbero ucciso a furia di percosse nella notte fra il 31 gennaio e il 1 febbraio.
Una morte causata da un furto finito male, che, oltre per la crudeltà, colpisce per il contesto in cui è avvenuta. Finora Santo Domingo, capitale della Repubblica Dominicana, era nota agli italiani più per essere una delle perle dei Caraibi piuttosto che per gli episodi violenti. La realtà dominicana, però, non è solo una meta turistica con spiagge paradisiache, ma anche un luogo dove la forte diseguaglianza sociale non si è ridotta, nonostante la crescita economica del Paese degli ultimi 15 anni.
OMICIDI IN AUMENTO
I dati dell’ultimo anno non sono di consolazione per chi vorrebbe recarsi nel paese centroamericano. Nel 2017, gli omicidi causati da azioni criminali sono aumentati del 6% rispetto all’anno precedente, mentre il tasso totale di omicidi non accenna diminuzioni significative: nel 2016 erano 1201, l’anno successivo 1198, secondo i dati dell’Observatorio de Seguridad Ciudadana República Dominicana.
Nel 74% dei casi si muore per una rapina (38%) o un tentativo di rapina (38%) finito male, proprio come nella ricostruzione della morte di Giuzzi. Ciò che potrebbe preoccupare ulteriormente i turisti è che l’82% degli omicidi avviene in luoghi pubblici, mentre solo l’11% nei negozi, il 4% nelle residenze private e il restante 3% in hotel, carceri o altri luoghi.
La morte dell’imprenditore bresciano, suo malgrado, richiama alla memoria un altro tragico episodio recente: quello di Alessandro Grandis, il farmacista savonese 28enne morto in circostanze misteriose nella primavera scorsa mentre si trovava a bordo piscina di un lussuoso residence.
Le circostanze della morte di Giuzzi, però, sembrano essere più simili a quelle di Aldo Mazzoleni, 74 anni, anche lui residente nel Paese, a Boca Chica, e ucciso con una coltellata alla gola nell’autunno del 2016. Giuzzi, descritto come un onesto lavoratore, aveva seguito da vicino le contraddizioni sociali che lo circondavano. Dal 2003, un anno dopo il suo trasferimento, la Repubblica Dominicana ha triplicato il suo Pil, trascinata soprattutto dal settore minerario, edile e turistico.
TRE MILIONI DI POVERI
Tutto questo, però, non è stato accompagnato da politiche sociali soddisfacenti. Quando l’imprenditore originario di Montichiari si trasferì a Santo Domingo, nel 2002, il 42,2% dei dominicani viveva in condizioni di povertà, ma oggi il tasso, pur essendo diminuito, rimane del 34,1%. Significa che oltre 3 milioni di cittadini vivono nell’indigenza.
«Tutto ciò che succede in Repubblica Dominicana», spiega nei suoi studi il sociologo Juan Miguel Pérez dell’ Universidad Autónoma de Santo Domingo, «si spiega con la segregazione sociale e un deficit democratico».
Fra i più poveri, un terzo della popolazione, ci sono tassi di disoccupazione che toccano punte del 60%. Si tratta di numeri che, solamente in parte, aiutano a contestualizzare «l’invidia» citata dalla nipote della vittima, ma che non giustificano la malvagità dell’aggressione subita e la futilità della morte.