la Repubblica, 4 febbraio 2018
Alessandro Magno riempie la piazza di Atene e scuote ancora i Balcani
L’ombra di Alessandro Magno fa scricchiolare gli equilibri dei Balcani e manda in fibrillazione la Grecia dopo più di otto anni di austerity. Centomila persone – una folla mai vista nelle proteste anti-Troika – sono scese in piazza due settimane fa a Salonicco per protestare contro i negoziati tra Atene e Skopje per trovare un’intesa sul nuovo nome di Fyrom ( Former Yugoslav Republic of Macedonia, Fyrom) e aprire al paese le porte di Nato e Ue. «C’è una sola Macedonia ed è greca», diceva lo striscione che apriva il corteo. Oggi ad Atene è prevista un’altra adunata oceanica ad alta tensione convocata dal compositore Mikis Theodorakis. In piazza ci saranno i nazionalisti ( che hanno affidato il servizio d’ordine ai veterani paramilitari dell’esercito), Alba Dorata, la Chiesa ortodossa – con la benedizione dell’arcivescovo Ieronimos – pezzi dell’opposizione di centrodestra e persino uomini di Anel, alleati del Governo di Alexis Tsipras. Obiettivo: impedire che Skopje utilizzi la parola “Macedonia” nella nuova denominazione, come chiede il 60% dei greci. «Possiamo vendere il Pireo e gli aeroporti, ma i valori nazionali no», ha detto persino Anna Korakaki, l’oro olimpico di Rio che aveva dedicato la sua medaglia ai rifugiati.
Tsipras e Zoran Zaev, il premier di centrosinistra di Fyrom, sanno di giocarsi una partita delicatissima. Le punture di spillo tra Atene e Skopije sulla questione macedone sono iniziate nel ’ 91 quando il Paese balcanico ha dichiarato l’indipendenza dopo la dissoluzione della Jugoslavia. La situazione è precipitata nel 2008 quando la Grecia ha bloccato l’accesso dei vicini all’Alleanza atlantica e i nazionalisti macedoni – vinte le elezioni – hanno iniziato a riempire il paese di monumenti ad Alessandro Magno, cui hanno dedicato l’aeroporto e l’autostrada verso la Grecia. Ora le condizioni per un’intesa ci sono – in teoria – tutte. Washington spinge per portare Fyrom nella Nato e arginare l’influenza della Russia nei Balcani. L’Onu sta mediando sul nome e ha messo sul piatto cinque proposte (“Nuova Macedonia” pare in pole position). Tsipras e Zaev – che si sono incontrati per tre ore a Davos – cercano di sciogliere gli ultimi nodi sfruttando la loro affinità politica: il premier ellenico vuole un nome “neutro” senza sfumature irredentiste e chiede una revisione della costituzione di Skopje, specie dove si fa carico di «proteggere gli interessi dei macedoni nei paesi confinanti». Zaev, come gesto di buona volontà, ha detto che cambierà il nome dell’aeroporto e dell’autostrada ( diventerà “dell’amicizia”) e farà abbattere le statue dedicate alla dinastia argeade, costate allo Stato qualche centinaio di milioni.
La strada per una soluzione è però in salita: la rivolta di piazza e il timore di perdere il supporto dei nazionalisti di Anel al governo hanno costretto Tsipras a tirare un po’ il freno. Zaev è alla guida di una coalizione fragile e potrebbe aver difficoltà a far passare un referendum su nome e nuova costituzione. Non solo: il presidente di Fyrom, Gjorge Ivanov, è un nazionalista e potrebbe mettere il veto. L’impressione – specie se la manifestazione di oggi ad Atene degenererà in incidenti – è che il fantasma di Alessandro Magno continuerà ancora a popolare gli incubi dei Balcani.