la Repubblica, 3 febbraio 2018
Corsi, concorsi e ricorsi di una storia infinita
• In che cosa consiste e a quando risale la riforma dei musei?
La riforma è stata varata alla fine del 2014. Essa rende autonomi e sgancia dalle Soprintendenze prima venti, poi altri dieci fra i principali musei e siti archeologici e monumentali. Per essi prevede direttori scelti con una selezione alla quale partecipano cittadini italiani e non italiani. Le selezioni sono state compiute nel 2015.
• Quali musei sono diretti da non italiani?
Gli Uffizi sono diretti dal tedesco Eike Schmidt, Capodimonte dal francese Sylvain Bellenger, Brera dall’inglese James Bradburne, la Galleria dell’Accademia di Firenze dalla tedesca Cecilie Hollberg, Palazzo Ducale a Urbino dall’austriaco Peter Aufreiter, gli scavi di Paestum dal tedesco Gabriel Zuchtriegel, Palazzo Ducale a Mantova dall’austriaco Peter Assmann.
• Perché dei musei si occupa il Consiglio di Stato?
Perché contro alcune designazioni sono stati presentati ricorsi al Tar e le sentenze del Tar sono state appellate presso il Consiglio di Stato. Il Tar del Lazio ha accolto alcuni ricorsi nel maggio del 2017, ma il Consiglio di Stato ne ha sospeso la validità in attesa di pronunciarsi nel merito. Nel luglio scorso lo stesso Consiglio di Stato ha giudicato corretto il concorso per il Parco archeologico del Colosseo, sia per la procedura sia per l’ammissione di cittadini non italiani.
• Quali sono stati i giudizi sulla riforma Franceschini?
La riforma ha suscitato una vivace controversia. Da una parte c’è chi ha apprezzato un’autonomia che garantisce ai musei di trattenere gli incassi da biglietti e di poter impostare iniziative sia scientifiche sia di valorizzazione. Dall’altra chi ha contestato la rottura di un legame storico fra musei e soprintendenze e il concentrarsi delle attenzioni sui musei, considerati un’eccellenza, rispetto alla tutela del patrimonio diffuso e del paesaggio.
• È possibile trarre un bilancio della riforma?
Il ministero sottolinea l’aumento vertiginoso dei visitatori rispetto al periodo precedente la riforma.
L’aumento c’è, ma non è tutto dovuto alla riforma. Molti musei hanno migliorato l’accoglienza, gli allestimenti, le relazioni con il territorio.
Secondo i critici, però, si sono privilegiate iniziative promozionali giudicate improprie, come l’inopportuno affitto di sale.