Corriere della Sera, 5 febbraio 2018
De Filippi, la sua fucina creativa fornisce titoli e identità a Canale 5
Chiamatela Tele Maria. Guardando sabato sera una puntata di «C’è posta per te» mi è parso del tutto evidente che Canale 5 non dovrebbe più chiamarsi Canale 5 ma Tele Maria: sarebbe un nome più adatto a una rete interamente costruita a immagine e somiglianza del suo talent principale, Maria De Filippi, uno dei rari casi di manager televisivo capace anche di andare in video (ormai le proporzioni del suo lavoro sono queste), produttrice di se stessa. Non è solo una questione di «volume», anche se a guardare la quantità di contenuto prodotta dalla sua Fascino (includiamo anche le propaggini tipo i programmi di Maurizio Costanzo) si capisce che il grosso dell’intrattenimento del canale arriva dalla sua fucina creativa, che garantisce i titoli di maggior successo (vedi gli ascolti bulgari di «C’è posta per te») lungo tutta la stagione. È anche e soprattutto una questione d’identità, di imprinting generale che contagia le linee editoriali del canale: un palinsesto defilippizzato per un pubblico defilippizzato.
Ormai è rimasta un’unica isola immune a questo imprinting, che è quella di «Striscia la notizia», ancora portatrice di un’identità indipendente e per molti versi lontana dal milieu De Filippi, che prende vita nel suo fortino degli studi Elios sulla Tiburtina, ormai centro direzionale più di Cologno Monzese. I grandi reality tipo «Grande Fratello» o «Isola» e i talk contenitori quotidiani, Barbara D’Urso compresa, sono solo apparentemente «autonomi» perché in realtà si nutrono del materiale umano generato dai suoi programmi, usano i suoi linguaggi e pescano nello stesso immaginario che lei ha costruito.
Anche le soap spagnole tipo «Il Segreto» rientrano senza sforzo in questo quadro. Si capisce che, di fronte alle sicurezze di Tele Maria, passi la voglia di progettare altro, di raccontare altre storie, di ambire a parlare anche ad altri pubblici. Ma, a lungo termine, non sarà un errore?