Corriere della Sera, 5 febbraio 2018
Lite Di Maio-Renzi sugli impresentabili. «A te soldi da Mafia Capitale». «Bugie»
ROMA La categoria degli «impresentabili» (imprecisa, perché poi di norma si presentano) fa litigare Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Dopo le polemiche sulle liste, il leader M5S va al contrattacco. Diffonde sul blog una lista di 15 «impresentabili» del Pd e di 8 del centrodestra. E attacca il Pd: «Ha rinnegato la lezione morale di Berlinguer».
La risposta di Renzi non si fa attendere. Su Facebook spiega: «Quando Di Maio è in difficoltà fa sempre la stessa cosa: attacca me e il Pd. E sempre con la solita mossa: il ritornello dei candidati impresentabili. Scarsa fantasia. Però stavolta rispondiamo, punto punto. Perché le bugie hanno le gambe corte. La storia è semplice: chi in Lazio vota per M5S si assume la responsabilità di far eleggere al Senato tal Emanuele Dessì». E ancora: «Non ha capito che l’avviso di garanzia non è una condanna». Immediata contro replica durissima di Di Maio, da Nuoro: «Renzi ci dice che noi abbiamo candidato nelle nostre liste un amico degli Spada. Rispondo io: proprio tu che sei segretario di un partito che ha preso soldi da Buzzi? Tu che hai preso soldi da Mafia Capitale per le Europee?». A difesa di Renzi, ecco Bonifazi: «Quel ragazzo non sta bene, è disperato: rinunci all’immunità parlamentare e risponda in tribunale delle accuse false e infamanti».
Proprio da Dessì, filmato in video con Domenico Spada, parte il post firmato Di Maio sul blog: «Tutti i giornali italiani per giorni hanno sbattuto in prima pagina tutta la vita di Emanuele Dessì, cittadino incensurato. Ieri abbiamo convenuto che la cosa migliore per tutelare lui e il Movimento 5 Stelle fosse il ritiro della sua candidatura, cosa che abbiamo fatto». Michele Anzaldi, Pd, definisce il ritiro «una patacca»: «Finirà come con il deputato Vacciano, che ha tentato di dimettersi per tutta la legislatura». In effetti è tutta da verificarsi la validità giuridica della rinuncia. Di Maio allega il modulo e invita gli altri partiti a usarlo, presentandolo alla Corte d’appello. Se la Corte non accettasse la rinuncia, e Dessì fosse eletto, «lui ci ha comunque dato la sua parola che rifiuterà la proclamazione», dicono gli uomini vicini a Di Maio.
Tra gli impresentabili del Pd, Di Maio cita il governatore abruzzese Luciano D’Alfonso; De Luca junior indagato per bancarotta; Franco Alfieri, «il signore delle fritture»; Luca Lotti, indagato nel caso Consip. E per il centrodestra Luigi Cesaro, «detto Giggino a’ purpetta»; Umberto Bossi e Roberto Formigoni.
E intanto è polemica sul silenzio anti strumentalizzazioni chiesto da Di Maio su Macerata. Laura Boldrini attacca: «Anche i 5 Stelle dicono: stiamocene zitti. Ma è il momento di alzare la voce questo». Nei commenti a Di Maio spuntano molte critiche: «Ve ne lavate le mani perché avete paura di perdere i voti dei leghisti e della destra».