Corriere della Sera, 4 febbraio 2018
Il Pentagono svela le mini atomiche
WASHINGTON Una guerra nucleare devastante, ma circoscritta e quindi non apocalittica, è ora possibile. Gli Stati Uniti si preparano a sviluppare armi atomiche con una potenza ridotta, fino a 17 volte meno dell’ordigno che il 6 agosto del 1945 distrusse Hiroshima. Verranno caricate sui missili balistici, sui sottomarini, sui bombardieri. È una svolta profonda e inquietante nella strategia del Pentagono. Il ministero della Difesa, guidato dall’ex generale Jim Mattis, ha pubblicato un lungo documento, «Revisione della posizione nucleare», pieno di sigle e di tecnicismi, ma con una premessa politica molto chiara. L’attenzione è puntata sugli «avversari Russia e Cina» con cui si vorrebbe «dialogare» e «cooperare» per ridurre la minaccia nucleare. Tuttavia, «la Russia sta aumentando il peso delle armi atomiche, espandendo e modernizzando le forze nucleari, violando i trattati sul controllo delle armi e, mettendo in atto comportamenti aggressivi». E «la Cina persegue il disegno di aumentare le proprie capacità in termini nucleari e sfida gli interessi americani nell’Oceano Pacifico». Infine, naturalmente, la Corea del Nord «che minaccia gli Stati Uniti e i suoi alleati, con una serie di provocazioni e sviluppando gli ordigni nucleari oltre alla capacità di lanciarli verso gli obiettivi scelti».
Insomma a leggere questi passaggi e le parole dello stesso Mattis, gli americani sono come «costretti» a mettere in campo una nuova strategia per reagire alle «nuove minacce».
Nel documento si ricorda che fin dal gennaio 2017, appena insediato alla presidenza, Donald Trump sollecitò il Pentagono a lavorare in questa direzione. E ancora il 30 gennaio 2018, nel «Discorso sullo Stato dell’Unione», il presidente aveva confermato il «rafforzamento dell’arsenale nucleare».
Il piano prevede un radicale ammodernamento dello stock di base: i missili Cruise, per esempio, che risalgono ancora agli anni Ottanta. Ma i nuovi concetti sono «flessibilità» e «strategia su misura». Il Pentagono si doterà di «mini-atomiche» da agitare come strumenti di dissuasione e da utilizzare anche per rispondere ad aggressioni convenzionali o con armi chimiche. Gli Stati Uniti potrebbero modificare anche una parte delle 150 atomiche modello B-61 stoccate nei depositi europei. In Italia, nelle basi di Ghedi e di Aviano, ce ne sono 70.
Le bombe o i missili nucleari non sono più l’ultima istanza, lo strumento di deterrenza finale, ma possono entrare nei «teatri di guerra locali». Gli esempi sono tanti: la Corea del Nord, l’Afghanistan, la Siria, l’Iraq, l’Ucraina, lo Yemen e altro ancora. La Russia, osservano al Pentagono, dispone già di duemila «atomiche tattiche», cioè a impatto (relativamente) limitato, grazie alle quali conduce una politica aggressiva in diverse aree del mondo. «È una disparità che va eliminata», dice il segretario alla Difesa, Mattis.
Da Mosca, la replica del ministero degli Esteri: «Salta agli occhi il carattere bellicoso e anti russo di questo piano. Siamo profondamente delusi. Dovremo naturalmente adottare le misure necessarie per assicurare la nostra sicurezza».