Corriere della Sera, 3 febbraio 2018
Il caso Siena, parla Ferdinando Minucci. «Il mio errore? Adeguarmi al sistema. Ma nel basket nessuno è senza peccato»
Ferdinando Minucci, l’uomo che ha creato il miracolo Siena ma che per le Procure è stato anche protagonista del suo fallimento. Otto scudetti (di cui due revocati), una dinastia creata in Toscana, ma anche un arresto legato alla crisi della Mens Sana Basket.
Minucci, è arrivato il momento di difendersi?
«Sono pronto».
Dal giorno del suo arresto, l’8 maggio 2014 non ha più parlato. Perché?
«Per rispetto degli organi inquirenti, che stavano indagando su di me. Finita la parte delle indagini, mi sento libero di dire le cose che credo siano importanti per capire come si sono svolti i fatti».
Quel giorno ha cambiato la sua vita.
«Essere ammanettato dopo 17 mesi dall’inizio delle indagini a Bologna, Hotel Carlton, luogo di tante assemblee e riunioni, direi simbolico. Essere portato a Siena davanti a uno stuolo di giornalisti e fotografi. E poi dopo 21 giorni aver ottenuto la revoca degli arresti domiciliari dal Tribunale del riesame: tutte cose che non dimenticherò mai».
Come ha vissuto questa esperienza?
«Come una sofferenza. Subire un processo mediatico, arrivare a Siena in manette è stata una cosa molto dolorosa. Non poter replicare, ai domiciliari senza neppure avere la possibilità per 5 giorni di parlare con il mio avvocato, mi ha lasciato un senso di impotenza. Io sono abituato a lottare, ho dovuto imparare a incassare. Dicono che le botte ti aiutano a crescere, sarà così, ma io le botte le ho prese e ho sentito molto dolore».
Ancora abituato a lottare?
«Certo. La scelta del dibattimento nasce anche dalla voglia di replicare alle accuse e ripristinare la realtà dei fatti».
Che errori ha commesso, al di là dei capi d’accusa?
«Ho ammesso di aver utilizzato fatture sovrastimate per reperire fondi extracontabili. Ma la valutazione dev’essere più generale: sono stato per 22 anni nel basket, solo dal 2006 mi sono adeguato a quello che è il sistema. Ho commesso un grave errore, frutto di una scelta superficiale».
Essersi adeguato significa sostenere che il sistema è generalizzato.
«Rispondo così: chi è senza peccato scagli la prima pietra».
Gli altri club si sono lamentati del fatto che vi siate creati un vantaggio illecito.
«E quale sarebbe il vantaggio illecito? Noi abbiamo vinto sul campo, con una squadra forte e motivata».
Imbrogliando, è l’accusa dei vostri avversari.
«Se l’imbroglio sono le fatture sovramanifestanti, allora ripeto, chi è senza peccato scagli la prima pietra».
Però un conto è dire che tutte le società facevano come Siena, un altro è dimostrarlo.
«È vero, ma nel nostro mondo si sa tutto di tutti…».
Stefano Sammarini, ex consulente di Siena, è finito nei guai con voi. Era consulente anche di altre società?
«Di più di una».
E lei presume che abbia usato gli stessi metodi adottati a Siena?
«Certamente».
Quanto hanno influito nel crollo della Mens Sana le battaglie attorno al Monte dei Paschi?
«Non sono in grado di dirlo con certezza, non conoscendo le altre vicende. Ma conoscendo molto bene la mia, sicuramente il comportamento del Monte dei Paschi è stato determinante per affossarci».
Cosa ha fatto?
«Molte cose. Che verranno fuori nel processo».
È vero che nel mondo del basket in molti sapevano già che lei sarebbe stato arrestato?
«Sì, mi era stato evidenziato in maniera palese in un’assemblea di Lega».
Si è chiesto come potessero saperlo?
«Bella domanda, dovreste rivolgerla a Bologna e a Roma».
La famosa valutazione di oltre 8 milioni di euro del marchio Mens Sana non era un po’ esagerata?
«Lo stabilirà il giudice».
Segue ancora il basket?
«Per un po’ mi sono completamente allontanato, avevo bisogno forse di chiarirmi le idee, ma non ho mai rinunciato allo spettacolo della Nba. Ora il basket italiano lo guardo come un osservatore».
Che cosa ha fatto in questo periodo lontano dal basket?
«Mi sono guardato dentro facendo autocritica e cercando di capire che cosa avessi veramente fatto, perché leggendo le carte a volte non mi riconoscevo. Mi dicevo: “Ma sono davvero io questo?”. E non lo ero».
Che cosa le manca di quel mondo?
«Mi manca il lavoro, il gruppo, iniziare una stagione con un sogno da realizzare e finirla leccandosi le ferite o gustandosi il successo”.
Come si costruisce una grande squadra?
«Presenza. Grande impegno. Totale dedizione. Qualche buona intuizione. Uomini straordinari accanto. E un pizzico di fortuna».
Come è stato passare da miglior manager a uomo nero del nostro basket?
«Non mi sono mai sentito il miglior manager del basket italiano, così come ora non mi sento l’uomo nero».
Chi le è stato vicino?
«Molti sono spariti, altri si sono avvicinati, ma le persone che mi conoscono a fondo e che mi vogliono bene sono rimaste al mio fianco».
I suoi ex colleghi hanno mantenuto rapporti con lei?
«Alcuni sì. Livio Proli, per esempio, è venuto a trovarmi quando Milano giocava a Siena».
Dicevano di lei che fosse arrogante…
«Io non ho mai attaccato nessuno, ho difeso collaboratori, allenatori, giocatori, tutelato il mio gruppo di lavoro, e l’ho fatto con determinazione. Se altri hanno colto in questa determinazione arroganza, mi dispiace».
Che influenzasse gli arbitri...
«Non sono mai entrato in uno spogliatoio degli arbitri, salvo rarissime occasioni in casi del tutto particolari, non ho mai parlato con gli arbitri né prima delle partite né durante né tantomeno dopo. L’unica telefonata che ho fatto è stata registrata ed era una risposta ancora una volta in difesa di un’azione che io ritenevo non corretta di Claudio Toti, presidente di Roma, che è entrato dopo gara 3 di semifinale scudetto del 2007 nello spogliatoio interagendo, diciamo così, con gli arbitri».
Giustizia sportiva: come vive i due scudetti revocati a Siena?
«Insieme al processo penale, è la cosa a cui ho dedicato più energia, perché la ritengo profondamente ingiusta. Una decisione politica presa molto tempo prima che iniziasse il processo sportivo».
Che cosa non rifarebbe?
«Non mi adeguerei più a un sistema sbagliato, ma lo combatterei da dentro».
Che cosa direbbe ai tifosi di Siena?
«Agli appassionati veri dico di avere pazienza, molte delle cose dette su questa vicenda sono lontanissime dalla realtà. E occorre ancora un po’ di tempo perché possano essere finalmente chiarite. A chi ha espresso troppo in fretta un giudizio, non ho nulla da dire».