Corriere della Sera, 3 febbraio 2018
Esce il canone Rai, dentro mango e avocado
ROMA La prima arrivò in piazza San Babila, a Milano. Era il 10 febbraio 1952. Poi le cabine telefoniche si sono moltiplicate, fino a superare quota 100 mila. Negli ultimi anni sono uscite dalla nostra vita di tutti i giorni. E adesso, con comodo, escono pure dal paniere dell’Istat, l’elenco dei 1.489 prodotti usati per misurare l’inflazione. Anche l’Istituto di statistica fa un po’ di turn over. E, come a ogni inizio d’anno, aggiorna la sua lista in base ai cambiamenti nelle abitudini dei consumatori.
L’esclusione della spesa per la «telefonia pubblica», tecnicamente si chiama così, era attesa da tempo. Inevitabile in un Paese con più cellulari che persone, ne abbiamo 1,58 a testa. Forse in ritardo rispetto alla storia visto che la cabine ancora in vita sono appena 18 mila, e vedere qualcuno che le usa è ormai un evento. Ci vuole sempre un po’ di tempo per adattare l’elenco alle abitudini degli italiani: la badanti e i voli low cost, per dire, sono entrati solo nel 2010, mentre l’estetista è entrata nel 2005. Un’altra uscita eccellente è quella del canone Rai. Qui la spiegazione è tecnica: adesso che è stato assorbito nella bolletta elettrica, il canone non è più un prezzo che si paga per avere un servizio. Ma, di fatto, una tassa sul possesso del televisore. E le tasse non possono far parte del paniere. Restano dentro invece gli abbonamenti per le tv a pagamento. L’ultima uscita è quella del lettore Mp4, una delle tante vittime degli smartphone.
Se le uscite sono tre, i prodotti che entrano nel paniere sono invece 5. Alla voce frutta esotica spuntano avocado e mango, oggi venduti anche in tutti i vecchi mercati rionali, hanno osservato all’Istat. E che ormai non sono per forza esotici visto che, come fa notare la Coldiretti, con i cambiamenti climatici degli ultimi anni queste produzioni sono sbarcate anche in Italia, in particolare in Sicilia e in Calabria. Entra nel paniere anche la lavasciuga: lavatrice a asciugatrice c’erano già, qui si tratta della singola macchina che fa tutte e due le cose. Ad accompagnarla c’è il robot aspirapolvere, che prima o poi finirà per sottrarre lavoro alle colf. Infine c’è il ritorno dei vini liquorosi, depennati alla fine degli anni 90 quando il vecchio vermouth non andava più di moda. E adesso rientrati nel listone grazie al traino del passito.
Oltre al turn over c’è anche un’altra novità importante nel paniere di quest’anno. Per la prima volta i prezzi utilizzati non saranno solo controllati sul campo dai rilevatori comunali, che si aggirano tra gli scaffali dei negozi di mezza Italia. Ai loro dati si aggiungeranno quelli trasmessi in automatico dalle casse di 1.781 super e ipermercati, scelti in modo da rappresentare tutto il territorio nazionale.
Insieme all’aggiornamento del paniere, l’Istat ha comunicato ieri anche il dato provvisorio sull’inflazione di gennaio. Rispetto al mese precedente la crescita è dello 0,2%. Rispetto a un anno dello 0,8%. È il dato più basso dal dicembre del 2016.
I prezzi aumentano poco e questa, a prima vista, può sembrare una buona notizia. Ma non è sempre così. Non solo perché se si guarda al cosiddetto carrello della spesa, cioè i prodotti di acquisto più frequente, i prezzi salgono molto di più: dello 0,7% rispetto al mese precedente, dell’1,3% rispetto a un anno prima. Ma anche perché un’inflazione leggermente più robusta, ma comunque sotto il 2%, potrebbe sostenere la ripresa dell’economia. E anche ridurre quel rapporto tra Pil, il Prodotto interno lordo, e il debito pubblico che rappresenta la vera zavorra per il nostro Paese.
Per il momento, però, non ci sono segnali di ripresa. La cosiddetta inflazione di fondo, quella cioè depurata dalle oscillazioni stagionali dei prodotti agricoli ed energetici, è stabile e moderata da diversi mesi. Almeno fino all’inizio dell’estate dovrebbe rimanere così.