3 febbraio 2018
Santa prof
Come definireste l’insegnante della provincia di Caserta capace di perdonare il ragazzo che le ha tagliato la faccia con un coltello, e di mormorare dispiaciuta «forse con lui abbiamo fallito»? Buonista no, perché il buonista afferma concetti nobili che non tradurrebbe mai in pratica, mentre la professoressa Franca Di Blasio ha trentadue punti di sutura che le brillano sul volto come una prova di coerenza e una medaglia al valore. Esaltata, allora? Forse, ma nel senso di posseduta da una missione. Chi, magari dopo averlo fatto scattare a vuoto troppe volte, si ritrova il cuore impastato di cinismo farà fatica a immaginare l’esistenza di qualcuno che crede ancora nell’utilità salvifica del proprio mestiere, al punto da vivere una coltellata come un fallimento. Quel ragazzo ha sfregiato la prof perché gli stava mettendo una nota, dopo che lui per due giorni di fila si era rifiutato di farsi interrogare, adducendo scuse da talamo coniugale: «Oggi ho mal di testa». Nemmeno adesso riesce a rendersi conto dell’enormità commessa: «Volevo soltanto farle un graffio». Soltanto un graffio voleva farle, povero caro.
C’è una sola persona che può continuare ad amare incondizionatamente chi le ha fatto del male e manco lo capisce. Una madre. Negli abissi della scuola italiana nuotano tante di queste sante laiche, che considerano i nostri figli come figli loro. Non vedendole, ci riduciamo a dubitare che esistano. Fino a quando un episodio di cronaca ne fa venire una a galla.