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 2018  febbraio 05 Lunedì calendario

Addio a Irina Sanpiter, la Magda di Verdone

«Non ce la faccio piuuuuù!». Addio a Magda, la moglie stressata più famosa del cinema italiano, un personaggio-icona saldamente radicato nell’immaginario collettivo: l’attrice russa Irina Sanpiter, indimenticabile partner di Carlo Verdone nella commedia Bianco rosso e Verdone (1981), è stata portata via a 60 anni dalla leucemia che le era stata diagnosticata nel 1984, quando ne aveva solo 27. Poco tempo dopo aveva chiuso con il cinema, eppure il pubblico italiano non aveva mai dimenticato i suoi grandi occhi azzurri malinconici e i mitici duetti con l’asfissiante marito Furio: barbetta squadrata, borsello e precisione maniacale anche nel disporre i bagagli nell’auto. A decenni di distanza quel personaggio logorroico e pedante rimane una delle caratterizzazioni più riuscite e citate di Verdone.
«Non ce la faccio piuuuuù», è il tormentone che ripete Magda con l’accento torinese (prestato dalla doppiatrice Solvejg D’Assunta) per farsi forza ad ogni assurda imposizione del marito. E prima di fuggire, tra gli applausi degli spettatori, con il tenebroso playboy Raoul interpretato da Angelo Infanti (un attore rilanciato da Verdone e scomparso nel 2010), abbandonando il marito e i due figli. Mentre Furio, incurante dell’evidente frustrazione della moglie e tutto preso dalle sue ossessioni, continua ad affidarsi al celeberrimo mantra: «Magda, tu mi adori? Allora lo vedi che la cosa è reciproca?».VIA DAL SET 
Nata il 27 settembre 1957 a Mosca, Irina si era laureata in Storia dell’Arte e diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica. Attrice di teatro e di cinema, aveva conquistato la celebrità nel proprio Paese prima di trasferirsi a Roma alla fine degli anni Settanta con il primo marito italiano da cui avrebbe in seguito divorziato. Partecipa al film Febbre a 40! di Marius Mattei e appare in La terrazza di Ettore Scola, ma è il ruolo della sventurata Magda in Bianco rosso e Verdone a lanciarla nello star system, rendendola popolarissima. Ma, da quel personaggio di vittima che alla fine trova la forza di ribellarsi, e dal successo fuori misura del film, Irina si era sentita sempre un po’ schiacciata. «Non mi sono mai resa conto di essere diventata un mito», confessava. E dopo aver girato nel 1982 Lacrime napulitane, regia di Ciro Ippolito e protagonista Mario Merola, l’attrice aveva deciso di prendere le distanze dal cinema.
Tanto più che nel 1984 aveva scoperto di essere malata e incontrato il secondo marito Toni Evangelisti, all’epoca uno dei più importanti produttori musicali italiani: insieme con lui era entrata nel mondo dei concerti rock come organizzatrice, ruolo che ha continuato a svolgere fino all’ultimo. Gli amici la ricordano come una persona positiva, simpaticissima, ricca di ironia malgrado la malattia. Sebbene costretta a subire continue trasfusioni di sangue, Irina non aveva mai perso la gioia di vivere. «La mia missione, quando sono in ospedale, è dare speranza agli altri malati», aveva dichiarato un paio d’anni fa, in una delle sue rare interviste.UNA COMBATTENTE 
Era una forza della natura, racconta chi la frequentava. Ricoverata al Policlinico Umberto I da otto mesi, l’attrice ha combattuto fino all’ultimo, assistita dal marito e dalla mamma che era venuta a Roma a vivere con loro. In Italia, grazie a un incontro con Papa Giovanni Paolo II avvenuto nel 1993, Irina aveva anche scoperto la fede. «E pensare che in Russia il regime comunista mi aveva imposto di essere atea- raccontava – ma l’incontro con Wojtyla ha cambiato tutto».