La Stampa, 4 febbraio 2018
Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri:«La Francia con Stx è solo l’inizio. Fincantieri guarda alla Germania»
Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, ripete che – attraverso l’operazione Stx – l’Italia è riuscita a prendersi «un pezzo di Francia». Lo dice con orgoglio, a margine del varo della fregata «Antonio Marceglia», nello stabilimento di Riva Trigoso. Ma anche con un pizzico di polemica: «Se fosse successo il contrario, qui da noi nessuno si sarebbe schierato a difesa dell’industria nazionale, come invece hanno fatto loro».
Bono parla per la prima volta, dopo la firma dell’accordo con lo Stato francese che ha portato nelle mani del colosso italiano della cantieristica il 50% del capitale di Stx France. Operazione da 59,7 milioni di euro, strategie comuni sul civile – navi da crociera da realizzare a Saint-Nazaire – e nel settore militare, grazie anche alla partecipazione di Naval Group con una quota del 10%.
L’intesa con Parigi è solo l’inizio per la creazione di un polo europeo della cantieristica? Sono dieci anni che lei promuove questo progetto. Dopo la Francia sarà allargato anche alla Germania?
«Fincantieri, d’ora in avanti, dovrà ragionare sempre più come gruppo europeo. E proprio per questo mi auguro che l’ingresso nel capitale di Stx France sia solo l’inizio di una crescita che questa azienda può e deve avere nei prossimi anni. Per quanto riguarda il mercato tedesco, già da alcuni anni stiamo lavorando con la Germania per lo sviluppo e la costruzione dei nostri modelli di sottomarini. Ci possono essere margini di crescita, non ci vogliamo fermare all’affare Stx».
Fincantieri costruirà nuove navi per Msc Crociere. Quando andrà in porto la trattativa per la realizzazione delle quattro unità extra-lusso da consegnare al gruppo ginevrino?
«Stiamo discutendo con Gianluigi Aponte. Il vero problema sarà dove costruire queste unità: i nostri stabilimenti sono già pieni di ordini e non ci sono, nel breve periodo, spazi disponibili. Cercheremo di trovare una soluzione una volta firmata la commessa».
Le partite più importanti che Fincantieri sta giocando fuori dai confini europei riguardano l’Australia e gli Stati Uniti. In ballo ci sono forniture navali per decine di miliardi di euro nel settore militare. Quali sono gli ultimi sviluppi?
«Ancora niente di concreto, serve ancora tempo. In gioco ci sono commesse che hanno importi enormi: questo ci fa un po’ paura, perché non è facile replicare una Fincantieri dall’altra parte del mondo, ma è anche una sfida che dà lustro al Paese e ci rende orgogliosi».
Perché ha dichiarato che occorre più attenzione da parte dello Stato e delle istituzioni nei confronti di Fincantieri, piuttosto che denaro?
«I soldi creano cattive abitudini. Questa società è una delle aziende pubbliche che riceve meno contributi. Ci danno le navi da costruire e noi vogliamo guadagnare con quelle: il lavoro ci stimola e ci spinge a fare sempre meglio».
Durante la cerimonia di varo nel cantiere di Riva Trigoso ha ringraziato più di una volta la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. C’è di mezzo la Legge navale?
«Senza questa legge che ha previsto 5,3 miliardi di euro per il rinnovo della flotta della Marina militare italiana, Fincantieri non avrebbe mai potuto quotarsi in Borsa. Quando i vertici del governo Letta mi chiesero se l’azienda poteva quotarsi, risposi che si poteva fare, ma serviva la Legge navale. La ministra Pinotti ci è sempre stata vicina e ci ha sempre dimostrato la massima disponibilità. Spero possa continuare a farlo anche in futuro».
Quali sono i piani di sviluppo che riguardano i cantieri liguri del gruppo: Genova Sestri, Riva Trigoso e La Spezia?
«Tutti gli stabilimenti hanno lavoro assicurato almeno per i prossimi cinque anni. Se qualcuno, invece, mi chiede cosa sarà di questi cantieri fra venti o trent’anni è ovvio che oggi non sono in grado di dare una risposta».
Il suo prossimo obiettivo, invece, qual è?
«Stare a casa, oppure andare a vivere all’estero. Ma solo dopo avere terminato il lavoro con Fincantieri».