La Stampa, 4 febbraio 2018
L’agenda digitale non decolla. L’anagrafe unica è in ritardo ma volano i pagamenti diretti
«Sull’agenda digitale l’Italia ha cambiato passo, ma deve fare di più», certifica l’ultimo rapporto dell’Osservatorio School of management del Politecnico di Milano. Il nostro Paese, infatti, nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni, è ancora lontano dal resto d’Europa. Impietosi i dati elaborati dalla Commissione europea che ci collocano al 25esimo posto su 28 paesi in quanto a innovazione digitale. Anche per il Polimi, che utilizza un ventaglio più ampio di parametri (ben 188), siamo 25esimi su 28 paesi per gli sforzi fatti nell’attuazione dell’agenda digitale e 24esimi per risultati raggiunti. Non solo siamo in ritardo, ma secondo l’ultimo rapporto della Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione della nostra Pa e sugli investimenti in nuove tecnologie, scontiamo anche il fortissimo deficit di competenze tecniche dei dirigenti pubblici, fatto che rende particolarmente squilibrato il rapporto coi fornitori. Nei contratti manca «ciò che sarebbe ragionevole attendersi», col risultato che i 5,6 miliardi spesi dalla Pa tra il 2013 ed il 2015 non sempre sono stati investiti nel modo migliore. «Veniamo da anni di completa miopia durante i quali il tema digitale non era al centro delle discussioni del nostro Paese – spiega Luca Gastaldi, direttore dell’Osservatorio Agenda digitale del Politecnico -. Finalmente, anche grazie all’intervento del commissario per l’innovazione Diego Piacentini, è diventata una priorità. Però i numeri sono ancora impietosi, siamo ancora indietro, per cui c’è ancora tanto tanto da fare». «Come è visibile dallo stato dei progetti pubblicati sul nostro sito e nel Piano triennale – ribatte Piacentini – stiamo lavorando soprattutto su piattaforme abilitanti e approccio open source e le amministrazioni “virtuose” ci stanno seguendo. Presto, con i giusti incentivi, lo faranno anche le altre. È solo l’inizio, il primo giorno di un lungo, inevitabile cambiamento».
Spid quasi inutile
In tanti confermano che con l’arrivo a Palazzo Chigi dell’ex top manager di Amazon ad agosto 2016 c’è stata una accelerazione. Ma questo scatto, a distanza di un anno e mezzo, non si è ancora concretizzato in risultati reali per i cittadini. Rispetto al resto d’Europa, in particolare, la voce «cittadinanza digitale» è quella in cui soffriamo di più (0,38 punti contro una media Ue di 0,48). Secondo lo studio del Politecnico di Milano nell’ultimo anno l’80% degli italiani ha avuto almeno una volta l’esigenza di utilizzare un servizio pubblico, per prenotare visite o esami (60%), pagare ticket (54%) e tributi (38%) o per la dichiarazione dei redditi (36%). Ma tra questi solo il 26% ha usato esclusivamente canali digitali. «Servizi digitali ai cittadini? Quelli disponibili sono ancora troppo pochi» rileva Gastaldi, che in particolare punta il dito contro Spid, il pin unico che dovrebbe aprire tutti i servizi ai cittadini e che però, tolto qualche servizio erogato dall’Inps, è praticamente inutile. «Purtroppo – spiega il direttore dell’Osservatorio – da una nostra indagine effettuata lo scorso anno abbiamo verificato che 3 Comuni su 4 non offrono alcun servizio digitale». Risultato? Spid negli ultimi tempi ha perso progressivamente appeal, passando da un picco di 190.861 attivazioni dell’ultima settimana di novembre 2016 ad una media di 19-20 mila a settimana da dicembre a oggi. In base agli ultimi dati disponibili a fine gennaio erano comunque 2.127.142 le identità digitali rilasciate (+128% in un anno), richieste per il 61,1% da donne e per il 38,9% da uomini.
Anagrafe in ritardissimo
La partita più complessa però è quella che riguarda l’anagrafe digitale unica (Anpr), progetto datato 2011 e che oggi dovrebbe essere già stato abbondantemente completato. Alla data del 29 gennaio (ma il contatore è in continuo aggiornamento) erano appena 50 gli enti che avevano aderito (1.271.146 abitanti totali), con appena 4 capoluoghi di provincia (Modena, Cesena, Ravenna e Lucca). A questi vanno poi aggiunti altri 1.015 comuni in presubentro compresi Torino, Milano, Bologna, Firenze e Cagliari per un totale di altri 7,13 milioni di abitanti. Secondo l’ultimo cronoprogramma stilato da Piacentini entro l’anno tutti gli 8mila comuni italiani dovrebbero essere in rete. «Obiettivo difficilmente realizzabile – commenta Gastaldi -. È indubbio che anche in questo campo sono stati fatti passi avanti giganteschi, visto che sino all’anno scorso c’era un solo comune che sperimentava l’anagrafe unica, ma questa è una è partita troppo complessa. Per cui credo che entro fine anno avremo in rete al 2000 comuni o poco di più».
Boom del Pagopa
Chi corre decisamente veloce è invece il “Pagopa”, lo strumento che consente di pagare direttamente i servizi erogati dalle pubbliche amministrazione saltando intermediari come banche o Poste e facendo risparmiare sulle commissioni. Dal primo gennaio 2016 il Pagopa ha registrato infatti ben 6.273.107 transazioni con un tasso di crescita annuale del 530%. Lazio, Lombardia e Veneto sono le tre regioni dove si concentra il maggior numero di pagamenti, mentre tra i vari enti a guidare la classifica è l’Inail con 746.225 transazioni, a seguire Comune di Milano (643.181) ed Agenzia delle entrate-Riscossione (558.696). Visto che il lavoro da fare è ancora tanto, Piacentini potrebbe accettare un secondo mandato anche con un governo di colore diverso da quello attuale? «Il cambiamento in atto non ha colore politico perché qualunque politico, ai tempi della spending review vuole rendere la Pubblica amministrazione più efficiente e meno costosa – risponde il commissario -. L’importante non è quello che vuole fare Diego Piacentini, ma capire se le forze politiche condividono il nostro approccio, la nostra visione di semplificazione dei servizi pubblici. Si parla di tante cose in questa campagna elettorale, ma mai di digitalizzazione della Pa. Eppure sono convinto che qualunque sia il prossimo governo, ci sarà un Team digitale composto da eccellenze professionali e che continuerà indipendentemente da me».