La Stampa, 5 febbraio 2018
Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire: «Sì al patto tra i quattro Paesi, l’Unione bancaria entro il 2019 Ora bisogna introdurre una tassa europea per Google, Facebook e gli altri big della Rete»
«Entro fine 2019 bisogna realizzare l’unione bancaria, quella del mercato dei capitali e la convergenza fiscale». Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire fissa le tappe che devono portare a una riforma della Ue. A cui la Francia sta lavorando con la Germania, ma, giura, aperta al coinvolgimento dell’Italia.
Ministro, con Berlino puntate a uno spazio economico comune: gli altri Paesi Ue, come l’Italia, ne saranno esclusi?
«Francia e Germania lavorano insieme dalla nascita della costruzione europea: quando sono d’accordo, questo dà slancio a tutta la Ue. Ma le discussioni sono aperte ai nostri partner, innanzitutto a Italia e Spagna, con cui abbiamo vedute convergenti su molti temi. Organizziamo spesso incontri a quattro per avanzare insieme».
Non vede il rischio che una riforma concepita da due Paesi faccia sentire i cittadini degli altri Stati lontani da Bruxelles?
«Può esserci questo rischio, ed è per questo che portiamo avanti le discussioni con due grandi potenze economiche come Italia e Spagna. Sono venuto spesso a Roma negli ultimi mesi, e tengo personalmente a lavorare in maniera costante con l’Italia. Il legame tra noi è politicamente ed economicamente forte, ed è essenziale per il successo dell’integrazione europea».
Lei ha fissato in giugno il termine per il via a una riforma della Ue. Sarebbe un problema se dalle nostre elezioni non uscisse un governo forte e stabile?
«Vogliamo andare avanti e in fretta, anche perché tra poco più di un anno ci saranno le elezioni europee. I nostri concittadini ovunque in Europa hanno bisogno di vedere che la costruzione europea migliora la loro vita quotidiana. Non è più il tempo di pretesti, ciascuno assuma le proprie responsabilità: tutto dipende dalla volontà politica. Possiamo fare concreti progressi nei mesi futuri in molti settori».
In una Ue riformata, cosa per la Francia non è negoziabile?
«Il presidente Macron ha proposto una rotta nel suo discorso alla Sorbona in autunno. Questa determinazione a favore dell’Europa non è negoziabile. Dal punto di vista economico e finanziario, che è la mia responsabilità, vogliamo una zona euro che garantisca più stabilità finanziaria, più crescita e occupazione. L’ambizione è di fare della zona euro una potenza economica rispettata come Cina e Usa. Questo passa anzitutto da progetti già sul tavolo: l’Unione bancaria, quella del mercato dei capitali e la convergenza fiscale, da raggiungere entro il 2019. Si può discutere degli strumenti tecnici e del calendario, ma l’obiettivo – stabilità, convergenza, crescita – dev’essere chiaro».
Prima tappa l’unione bancaria?
«Per arrivarci bisogna avanzare su tutti i fronti e uscire dalle posizioni di principio. Bisogna ridurre i rischi nell’Eurozona. Molto è stato fatto: l’Italia ha fatto un lavoro notevole, al quale rendo omaggio, di riduzione dei crediti deteriorati nei suoi bilanci bancari. Ma possiamo accelerare ulteriormente. E bisogna anche portare avanti ciò che chiamiamo la ripartizione dei rischi, ovvero completare i backstop dell’unione bancaria per renderla veramente credibile, e trovare un accordo sulla garanzia europea dei depositi. Dobbiamo inoltre rafforzare il meccanismo europeo di stabilità. Ancora, crediamo – e l’Italia con noi – che serva un bilancio per la zona euro. Non sono favorevole invece all’idea di aprire la questione della ristrutturazione automatica dei debiti sovrani nei bilanci delle banche: le idee che portano in questa direzione sarebbero pericolose per la stabilità finanziaria della zona euro e invierebbero ai mercati un segnale negativo».
Si può superare l’opposizione della Germania sugli eurobond?
«Non credo sia il tema di oggi. Oggi concentriamoci su ciò che può essere fatto. Bisogna anche eliminare ambiguità o false interpretazioni: se si mettono in comune i finanziamenti, è per investimenti futuri, non per gestire debiti del passato».
È vicina la creazione di un fondo monetario europeo?
«Non lo chiamerei così, si tratta di rafforzare il meccanismo europeo di stabilità. Per me è una priorità, perché abbiamo bisogno di un dispositivo efficace di gestione delle crisi. Approfittiamo del ritorno della crescita per rafforzare l’Eurozona, dotandola degli strumenti di cui ha bisogno. Ci vogliono anche meccanismi di convergenza più forti e una capacità comune ad affrontare gli shock economici».
Si possono superare alcune resistenze europee sulla tassazione dei big digitali? In che tempi?
«Possiamo e dobbiamo arrivarci. Pensi a un ristorante di Roma che fa profitti e paga le tasse. Tutti i suoi clienti hanno sul loro smartphone i dati commercializzati da Google o Facebook, che però non vengono tassate in modo analogo. È ingiusto, non si può continuare così. La Commissione Ue sta lavorando: aspettiamo con ansia la loro ambiziosa proposta, poi lavoreremo per trovare un accordo di tutti gli Stati membri e imporre una tassazione giusta ai giganti del digitale. Per me va introdotta prima di fine 2019. Voglio lavorare a fianco dell’Italia per vincere questa sfida».
La collaborazione italo-francese nella cantieristica di difesa navale va verso una difesa comune?
«Certo. Anche in quel campo andiamo avanti tappa dopo tappa. La prima è stata l’accordo sulla cooperazione nel settore civile tra Stx e Fincantieri: ci sono voluti mesi di lavoro, abbiamo superato difficoltà importanti, ma oggi è una magnifica realizzazione franco-italiana. La seconda tappa è creare un campione dell’industria militare nel settore della costruzione navale, progetto che prende corpo nell’ambito di una riflessione più generale sulla difesa europea».
Sarebbe corretto rivedere la decisione sull’assegnazione di Ema, visto che Amsterdam è indietro coi lavori?
«Capisco la delusione di Milano, ma sulle agenzie abbiamo scelto insieme le regole del gioco e la scelta è europea».