Il Sole 24 Ore, 5 febbraio 2018
Grecia più vicina al traguardo. L’austerity fa bene ai conti pubblici ma aumentano povertà e giovani in fuga
Si avvicina l’ultimo atto del programma di salvataggio della Grecia. Il prossimo a entrare nuovamente in scena sarà il Fondo salva-Stati. Nella seconda metà di febbraio, salvo sorprese, l’Esm dovrà staccare un assegno da 5,7 miliardi alla Grecia, parte della quarta tranche del piano di aiuti. Un altro miliardo di euro arriverà invece ad aprile. Per ottenere questi nuovi prestiti, Atene dovrà dimostrare di aver svolto gli ultimi 15 compiti assegnati (tra i 110 complessivi) che ancora mancano all’appello. Poi, se tutto procederà senza intoppi, in estate arriverà l’ultima tranche. A dettare l’agenda è stato l’Eurogruppo nella riunione del 22 gennaio, che ha espresso soddisfazione per l’impegno di Atene e per i suoi «sforzi straordinari».
I prossimi mesi saranno decisivi per arrivare preparati al 20 agosto quando scade il terzo programma di assistenza, che a detta del governo di Atene e di molti osservatori dovrebbe essere l’ultimo. Dopo otto anni si chiuderà così il paracadute aperto nel 2010 su un Paese sull’orlo del collasso. Un piccolo Stato, con un Pil allora pari al 2,3% di quello della Zona Euro, ne ha messo a rischio la tenuta e la sopravvivenza, con lo spettro di una Grexit (l’uscita dall’area) che ha scosso a più riprese i mercati.
Il caso Grecia è scoppiato nell’autunno 2009, quando l’allora premier socialista George Papandreou ha rivelato che le statistiche inviate a Bruxelles erano state falsate per poter aderire al club della moneta unica. Da allora è iniziata la cura in nome dell’austerity sotto l’occhio vigile della troika (i rappresentanti dei creditori cioè Ue, Bce e Fmi) per poter ottenere un sostegno finanziario che finora ha raggiunto quota 267 miliardi.
Lotta contro il tempo
Da qui ad agosto sarà dunque una lotta contro il tempo per rispettare il copione e mettere a punto tutti i tasselli necessari. In primavera inizierà la quarta e ultima revisione del bailout con altri 82 compiti a casa e solo in seguito potrà essere versata l’ultima tranche. Intanto i creditori dovranno mettere a punto un piano di alleggerimento del debito, come chiesto da Atene, e definire il tipo di relazione che la Grecia avrà con i suoi creditori al termine del programma.
Dopo otto anni di terapia intensiva per la Grecia la fine del tunnel è vicina? A guardare i dati macroeconomici sembrerebbe di sì. Se invece il focus si sposta sull’economia reale si scopre che gli “effetti collaterali” della cura somministrata da Ue, Bce e Fmi sono ancora ben presenti. Il pagellino di una quarantina di pagine discusso dall’ultimo Eurogruppo sottolinea i progressi compiuti: il 2017 è stato l’anno del ritorno alla crescita con un Pil in rialzo dell’1,6% contro lo scivolone del 5,5% del 2010. Il saldo di bilancio dovrebbe registrare un surplus già da quest’anno, mentre la montagna del debito, principale nota dolente, si sta lentamente stabilizzando. Il mercato del lavoro mostra qualche segnale di miglioramento, anche se il Paese è destinato a rimanere la maglia nera dell’Eurozona ancora per un po’. Agli occhi dei creditori, dunque, l’alunno un tempo indisciplinato sembra “aver messo la testa a posto” e già dal 2016 sta registrando un avanzo primario – che misura il saldo di bilancio depurato dai costi degli interessi sul debito – superiore alle attese. Nel medio termine, infatti, un avanzo primario consente una riduzione del debito e conti più sostenibili, due aspetti essenziali per tornare a una crescita sostenibile. Questo risultato è frutto dei passi avanti compiuti con un ingente piano di riforme ancora in corso, che si è esteso dalla pubblica amministrazione all’Iva passando per un maxi-piano di privatizzazioni. Interventi pesanti che hanno lasciato il segno.
L’altra faccia della medaglia è infatti l’aumento delle diseguaglianze, un tasso di povertà in crescita con una persona su cinque che non è più in grado di soddisfare i bisogni primari, il doppio rispetto all’inizio del piano di salvataggio. Con un fardello di quasi 50 miliardi di debiti non onorati, ormai classificati come Npl, pari al 46% del totale. Un disagio crescente tra la popolazione che si è riversata a più riprese nelle piazze e che ha spinto un numero sempre crescente di persone a lasciare il Paese. Dal 2008 ad oggi sono circa 800mila i greci (uno su tre tra i 20 e i 34 anni) che hanno fatto questa scelta su una popolazione totale di poco più di 10 milioni. Sarà questa, secondo Carlo Milani, direttore di Bem Research, «la ferita più profonda da rimarginare e rappresenterà la sfida più significativa in vista delle prossime elezioni nel 2019: il nuovo governo dovrà trovare il difficile equilibrio tra il percorso di risanamento e il sostegno alle famiglie. Ora, però, la Grecia non fa più paura».
La lezione
Secondo André Sapir senior economist del think tank Bruegel «per entrambe le parti – Bruxelles e Atene – il salvataggio greco rappresenta una lezione da cui trarre insegnamenti per il futuro. I programmi di assistenza sembrano aver avuto un intento quasi punitivo e hanno somministrato una medicina troppo forte da digerire per un’economia come quella greca caratterizzata da debolezze strutturali. Non bisogna però dimenticare che il paracadute è stato aperto per rimediare a gravi responsabilità politiche da parte di Atene legate all’ingresso nella moneta unica».
La fine del programma di aiuti, prosegue l’economista belga, sarà comunque «un avvenimento simbolico con un impatto politico, ma anche psicologico. Significherà che la crisi dei debiti sovrani è alle spalle e al tempo stesso invierà un segnale positivo di fiducia nella tenuta della moneta unica. Anche se i nodi strutturali dell’economia greca non sono stati completamente sciolti e resta ancora molto lavoro da fare». A detta dei due economisti il Paese sarà in grado di camminare con le proprie gambe e non avrà bisogno di un nuovo piano di salvataggio. «Anche al termine del programma – dice Milani – il debito pubblico resterà elevato ma sarà sostenibile, perché Atene potrà ancora beneficiare di tassi bassi che oggi in media ammontano all’1,8%, più bassi persino di quelli della Germania, pari all’1,9 per cento. Il governo di Atene farà di tutto per non chiedere l’attivazione di un nuovo paracadute e voltare pagina».