La Stampa, 3 febbraio 2018
«Acqua potabile in Africa grazie all’energia solare»
«Ho la testa dura, non mi arrendo. Sete, infezioni, malattie: non posso smettere di pensare a quelle popolazioni – e in particolare ai bambini – che non hanno accesso all’acqua potabile», dice Alberto Meda, 72 anni, laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, uno dei nostri più stimati industrial designer (in Italia ha vinto ben 5 Compassi d’oro; a Londra è stato nominato dalla Royal Society of Art tra i 50 stranieri Designer for industry; alcuni suoi oggetti d’arredo, a cominciare dalla ultraleggera sedia «Lightlight» in fibra di carbonio sono entrati nella Design Collection del MoMa di New York). Meno forma, più idee.
Nel suo affascinante studio ricavato da quello che era il capannone di una fabbrica tra alcuni dei molti oggetti – lampade, sedie, tavoli – che in tutti questi anni ha creato per varie aziende (Vitra, Kartell, Luceplan, Alias, Ideal Standard etc etc) Alberto Meda prende da uno scaffale uno strana bottiglia. È di Pet, come quella dell’acqua minerale gasata ma da 4 litri e di forma piatta con una maniglia che girata diventa una struttura autoportante. Si chiama «Solar Bottle», è il contenitore ideato da Meda con il designer argentino Francisco Gomez Paz per disinfettare l’acqua e renderla microbatteriologicamente sicura grazie a un sistema a energia solare.
Tutto inizia da un viaggio di Meda in Etiopia: «Paese meraviglioso. Ricordo però gente scalza costretta a fare decine di chilometri per recuperare dell’acqua potabile». Partendo dalla scoperta fatta da scienziati svizzeri sulla possibilità d’usare il sole per depurare l’acqua («In sostanza hanno trovato che elevate temperature e radiazioni luminose con molti Uv rompono la molecola degli agenti patogeni») Meda e Gomez Paz hanno creato la rivoluzionaria «Solar Bottle». Applausi&onori. A Copenaghen, 2007, vincono il prestigioso e ricco (100 mila dollari) Index Award che premia i progetti che migliorano la qualità della vita; la «Solar Bottle» viene esposta in una mostra al MoMa. Ma non c’è un facile business e, a differenza di tanti prodotti superflui, resta un oggetto fantasma. Racconta Meda: «A Copenaghen quell’anno nella sua categoria vinse la Tesla, l’auto elettrica di Elon Musk. Costava proprio 100 mila dollari e con Francisco pensammo di comprarla. Poi, in un sussulto di coscienza abbiamo deciso d’usare i soldi per andare avanti nel progetto. Di test in test però ci siamo accorti che al sole non solo i batteri ma anche le bottiglie non resistevano. Non potevamo diventare anche noi degli inquinatori! Dovevamo cambiare strada».
Nello studio di Meda c’è anche Francesco, 33 anni, promettente designer, uno dei suoi 2 figli (Filippo, architetto, è nel team di Patricia Urquiola) che, dopo un periodo a Londra con Sebastian Bergne e Ross Lovegrove, è tornato a lavorare con il padre. Un bel mix tra il giovane appassionato, superesperto in 3D e affascinato dall’autoproduzione e il sobrio ingegnere già direttore tecnico in Kartell, Brevetti Gaggia e al centro progetti Alfa Romeo prima di diventare libero professionista e conquistare personaggi come Rolf Fehlbaum, l’imprenditore svizzero fondatore di Vitra, con progetti all’apparenza semplici ma di complessa e mai esibita tecnologia. Nel 2016 i Meda vincono il Compasso d’oro con i pannelli fonoassorbenti Flap di Caimi e insieme disegnano la bella lampada Aledin per Kartell. «Francesco ha lo sguardo obliquo e più originale tipico dei giovani», lo omaggia Alberto che ha appena finito d’ideare occhiali da vista per una azienda giapponese e, tra vari progetti, sta lavorando a una carrozzina per disabili supermaneggevole e a basso costo.
Mai rinunciare a un sogno. Con Chiara Bertarelli del Politecnico e i biologi dell’Università Milano-Bicocca Andrea Bianco e Martino Quintavalla, tutti giovani volontari, Meda sta mettendo a punto il «Solar Sensor», un sensore fotocromico (un semplice foglio di polipropilene serigrafato) che, attaccato con linguette autoadesive alle bottiglie di Pet esposte al sole, segnala quando l’acqua diventa potabile. Semplice, poco costoso, riutilizzabile. Ma Meda troverà infine qualcuno sensibile e illuminato che vorrà produrlo per chi ne ha tanto bisogno?