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 2018  febbraio 03 Sabato calendario

I 40 precari battono la burocrazia e mettono sul web le leggi dal 1861

Quaranta precari da 1300 euro al mese sono riusciti in un anno nella titanica impresa in cui avevano fallito in quasi vent’anni stuoli di burocrati delle più alte istituzioni: creare un’unica banca dati, gratuita e facilmente accessibile, di tutte le leggi italiane dal 1861. Un principio di luce nella giungla normativa italiana dopo decenni di progetti, tavoli di lavoro, comitati scientifici, accordi di programma. Da Hammurabi a Napoleone, la conoscibilità delle leggi è un problema antico. Lo Stato contemporaneo è fondato sulla legge scritta. Ma anche sulla moltiplicazione, sulla sovrapposizione e sulla frammentazione delle regole. Nell’età della decodificazione, secondo la definizione data da un celebre saggio di Natalino Irti, in Italia si era perso il conto delle leggi. Negli Anni 90 storici come Dennis Mack Smith e giuristi come Livio Paladin avevano provato a contarle, con esiti i più diversi, ma tutti egualmente inattendibili dal punto di vista scientifico.
Fu Beniamino Andreatta, economista e ministro, a dire: l’Italia deve avere una sua banca dati online. La legge finanziaria del 2000 stanziò 25 miliardi di lire. Al progetto fu dato il nome «normattiva». Ma con i primi gruppi di lavoro si manifestarono anche i primi problemi: le leggi regionali vanno catalogate come quelli nazionali? E i regolamenti governativi, che non hanno rango di legge ma ugualmente portata generale?
Insomma una cosa all’italiana, partita con le migliori intenzioni e presto impantanata. Nel 2008 Roberto Calderoli, appena nominato ministro per la Semplificazione, lanciò l’allarme: metà dei soldi spesa, ben poco realizzato.
Partì una ricognizione: dove vengono archiviate le leggi? Soprattutto nella Gazzetta Ufficiale, stampata dal Poligrafico. In realtà, in origine la Gazzetta era un vero e proprio giornale, che dava le notizie anche sulle leggi. Il valore legale era dato dalla Ruan (Raccolta ufficiale atti normativi) che attribuiva la numerazione agli atti. La Gazzetta acquistò lo stesso valore giuridico negli Anni 30 e diventò unico testo ufficiale nel 1984, sostituendo come fonte privilegiata la Ruan, ormai stampata in una decina di copie. Della Gazzetta oggi se ne stampano un migliaio, al cospetto delle centinaia di migliaia di copie di un tempo, ma questo è dovuto all’avvento di internet.
Le banche dati pubbliche non mancavano. Ma erano parziali, obsolete, redatte in linguaggi diversi. Quella della Cassazione è ferma all’epoca pre Windows, con le parole tutto in maiuscolo e senza accento (provate a fare una ricerca testuale: c’è da impazzire!). La banca dati «augusto.gov.it.» raccoglie le fotografie di tutte le Gazzette ufficiali dal 1861 al 1947, ma si possono solo sfogliare per data.
Calderoli pensò di acquisire le banche dati private. Problema: lo Stato può ricomprarsi le sue leggi? Non se ne fece nulla. In compenso fu costituito un nuovo gruppo di studio e firmata una convenzione tra tutte le istituzioni coinvolte. Così si scoprì che la banca dati del Poligrafico raccoglieva tutte le leggi successive al 1987. Non restava che procedere a ritroso.
Fatica di Sisifo: il monitoraggio del 2016 rivelava che il lavoro era fermo al 1933: mancavano ancora 101.894 atti normativi, di cui oltre ventimila con numerazione romana, per un totale di 160 mila pagine da digitalizzare.
Nuovo stallo, dunque. E soldi finiti. Finché al Poligrafico non arriva il nuovo amministratore delegato, Paolo Aielli. Che riprende in mano «l’Operazione 1861»: «Dobbiamo finire il lavoro, è una questione di principio». Grazie a un accordo con l’università Roma Tre, acquisisce l’aiuto di Alfonso Celotto, costituzionalista ed esploratore maniacale della giungla legislativa, cui ha dedicato perfino un personaggio romanzesco, il dott. Ciro Amendola direttore della Gazzetta Ufficiale. Poi mette sul sito un annuncio di lavoro per 40 laureati, contratto di sei mesi rinnovabile, mansione «dematerializzazione e acquisizione documenti».
Così arriva al Poligrafico la squadra di neolaureati alla prima esperienza di lavoro. Precario. Alessandra ha studiato psicologia, Riccardo ed Emiliano letteratura, Eleonora giurisprudenza, Ilaria economia. «Ricordo ancora – dice – la telefonata in cui mi dicevano: sei stata presa. E la prima riunione di gruppo. E la pizzata serale, quando abbiamo finito il lavoro».
La squadra non si è sciolta: tutti i ragazzi hanno ottenuto un altro anno di contratto e continuano a lavorare al Poligrafico, per aggiornare la banca dati e renderla ancor più funzionale. E pazienza, dice Ilaria, se il lavoro c’entra poco con la laura appesa in camera: «È un’esperienza umana appagante partecipare a un progetto che riguarda la storia italiana».