La Stampa, 3 febbraio 2018
Lezioni di fedeltà per i fidanzati gay. La diocesi: ritiro spirituale in convento
La diocesi di Torino dà lezione di fedeltà alle coppie gay. O, meglio, «la propone, perché non vogliamo erigerci troppo a maestri, ma vogliamo dire che anche i gay meritano la fedeltà». Don Gianluca Carrega, responsabile della «pastorale degli omosessuali», racconta di un personale sorpasso negli inviti ricevuti dai suoi amici: l’anno scorso ha partecipato a un solo matrimonio che potremmo definire «tradizionale», di una coppia etero, e a ben tre unioni civili gay.
«È stato bello, ogni volta una festa: quella legge ha portato molti frutti, io li ho visti e li riconosco», racconta il sacerdote che ha ricevuto l’investitura ufficiale dall’arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia.
Ma la legge sulle unioni civili aveva, per così dire, una lacuna, un compromesso, su cui s’è consumato un braccio di ferro nei giorni dell’approvazione: la legge sulle unioni civili alla fine non ha previsto, tra i diritti e i doveri della coppia, l’obbligo di fedeltà. Don Gianluca, che insegna Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica torinese, lo definisce un paradosso. E per questo la Diocesi di Torino ha dedicato a questo tema un fine settimana di ritiro quaresimale rivolto alle coppie gay, intitolato «Degni di fedeltà».
Si terrà il 24 e il 25 febbraio in un istituto di suore, le Figlie della Sapienza. La due giorni avrà partecipanti single e coppie. Alla domanda se ci saranno camere matrimoniali, don Gianluca resta vago: «Non ci siamo ancora posti il problema, essendo un monastero, cercheremo di dare a ciascuno una “cella” singola». Ci saranno momenti di preghiera alternati alla riflessione. Un’iniziativa nuova ma con origini lontane: l’attenzione alla condizione spirituale, e più in generale sociale, di vita, delle persone omosessuali è incominciata a Torino – dove presso il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti è attivo anche il Centro Studi e Documentazione Ferruccio Castellano – ormai molti anni fa, durante l’episcopato del cardinale Severino Poletto. Allora era stato incaricato del dialogo don Ermis Segatti, direttore della Pastorale della cultura.
«La legge può anche non prevedere l’obbligo di fedeltà – spiega don Gianluca – ma riflettendo sull’affettività dei gay, possiamo dire che ciascuno merita un amore esclusivo, unico. La legge può decidere quali siano i requisiti minimi, ma noi vogliamo parlare di qualità del rapporto».
Nell’incontro si discuterà «del valore della fedeltà e dell’amore, alla luce del messaggio biblico», insieme al padre gesuita Pino Piva. Non ci saranno facili ricette: «Su questi temi dobbiamo affiancare le coppie più che dirigere, d’altra parte non sarebbe onesto per chi, come me, è etero e celibe».
La diocesi più avanti della Cirinnà? Le aperture di don Gianluca gli sono costate l’accusa, da parte della rivista ultracattolica «Il Timone», di essere un prete «omoeretico». Ma lui agisce in nome e per conto della diocesi, è uno dei pochissimi con un incarico ufficiale di questo tipo in Italia. E non ha paura di parlare di «controsenso» nell’insegnamento tradizionale della Chiesa. Se un uomo o una donna omosessuale ha rapporti occasionali, può confessarsi e ricevere i sacramenti. Se ha un’unione stabile e non un amore solo platonico la risposta spesso è no.
«Ma così rischiamo di fare tanti danni, incentivare tra i fedeli la clandestinità e la deresponsabilizzazione», dice. E il weekend di riflessione sulla fedeltà nasce anche per questo: «Una coppia credente che fa un’unione civile dovrà pur portare la sua fede religiosa all’interno della convivenza». Ma per don Gianluca il discorso è duplice, anche la Chiesa deve «fare una riflessione sul valore dell’affettività omosessuale». Perché, «come dice il vescovo di Nanterre, Gérard Daucourt, alcuni dei gay che decidono di vivere in coppia vi trovano una maggiore serenità e cercano di restare fedeli. E noi dobbiamo valorizzare ciò che di bello c’è nella loro vita».