Il Sole 24 Ore, 2 febbraio 2018
La diplomazia della scienza punta sui Balcani
Tecnologia all’avanguardia e capitale umano preparato sono da sempre due fattori chiave dell’innovazione. Partendo da questo duplice presupposto l’Unione europea ha individuato, sin dall’avvio del Processo di Berlino nel 2015, i Balcani occidentali come la nuova possibile frontiera della ricerca nel Vecchio continente. Un processo nato su input della Germania ma che vede l’Italia in prima linea. Come testimonia la scelta di Trieste per la sede della futura fondazione europea che vedrà la finanziare infrastrutture e progetti innovativi sull’altra sponda dell’Adriatico.
Tecnologia e capitale umano dicevamo. Ebbene forse pochi sanno che il software di gestione delle prenotazioni dei 100 milioni di passeggeri l’anno di Ryanair è stato sviluppato in Serbia. Oppure che il Kosovo, con i suoi 2 milioni con un età media di 29 anni (a fronte dei 46 del nostro paese) può contare su una nutrita pattuglia di giovani formati nelle università americane e dotati di competenze molto elevate. Al punto che più di un esperto ha indicato nei Western Balcans la possibile “Corea del Sud 2.0”.
Di tutto ciò sembra essersi accorta la Commissione europea che ha lanciato un ambizioso programma di trasferimento tecnologico in quell’area. Con l’obiettivo esplicito di trasmettere alle startup e alle imprese locali i principali risultati ottenuti dalle università. Così da stimolare la crescita e l’occupazione in particolare in campi quali l’agri-food, la pesca, il turismo, l’informatica, la cosmetica, ecc. Facendo così della scienza una sorta di apripista della politica. In vista dell’ingresso più o meno vicino dei sei paesi che compongono i Balcani occidentali: Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Ex repubblica jugoslava della Macedonia, Albania e Kosovo.
In questo percorso che vede le accademie in primo piano (con in testa la Leopoldina tedesca ma in campo ci sono anche i Lincei che a fine maggio ospiteranno un evento ad hoc) il Cnr pensa di poter giocare le proprie carte con i suoi laboratori all’avanguardia sparsi lungo la penisola. Come conferma al Sole 24 Ore il presidente Massimo Inguscio che ricorda i capisaldi del progetto Ue: «Fare attività di “science diplomacy” che consenta di finanziare la ricerca di eccellenza e le sue ricadute tecnologiche». Ed è pronto a scommettere sulla sua riuscita.