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 2018  febbraio 02 Venerdì calendario

APPUNTI SU FRANCESCHINI PER GAZZETTA

CORRIERE.IT –

Per ricoprire la carica di direttore di musei è «imprescindibilmente necessaria la cittadinanza italiana»: è quanto ha chiarito il Consiglio di Stato tornando ancora una volta sul caso dei vertici degli Uffizi di Firenze e dei Musei di Mantova ai cui vertici erano stati nominati direttori reclutati all’estero . La procedura seguita dal ministero da un lato viene considerata corretta ma dall’altro viene rimessa in discussione «l’apertura delle frontiere».


La nuova interpretazione

C’è un «contrasto giurisprudenziale» alla base della decisione della VI sezione del Consiglio di Stato che ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione sui direttori stranieri dei musei. L’atto spiega che una precedente sentenza del Consiglio di Stato del 24 luglio 2017 «ha ritenuto che l’attività di direttore del museo statale non potrebbe intendersi riservata a cittadini italiani e che sarebbero di per sé legittimi gli atti che hanno consentito la partecipazione di cittadini italiani dell’Unione e la loro nomina tra i vincitori». Ma ora il collegio della VI sezione «ritiene che si possa dare un’interpretazione diversa». E per questo richiama il regolamento emanato con il Dpcm 171 del 1994, «mai successivamente abrogato», che richiede «imprescindibilmente la cittadinanza italiana per il conferimento di incarichi di livello dirigenziale». I giudici sottolineano come questa norma «sia applicabile nel presente giudizio e non si ponga in contrasto con la normativa Ue».


Lo sfogo di Franceschini

«Davvero difficile fare le riforme in Italia. Dopo 16 decisioni del Tar e 6 del Consiglio di Stato, quest’ultimo cambia linea e rimette la decisione sui direttori stranieri dei musei all’adunanza plenaria. Cosa penseranno nel mondo?». Lo scrive su Twitter il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini che, a proposito della girandola di sentenze tra i vari organi di giustizia, prosegue lo sfogo su Facebook: «Lo stesso Consiglio di Stato, che nell’ultima disposizione si era espresso a favore della possibilità di nominare direttori stranieri, ora cambia posizione e rimette la decisione che riguarda la nomina di Peter Assman, direttore del Palazzo Ducale di Mantova, all’Adunanza plenaria. Si ricomincia. E ci vorranno mesi per una decisione».


Figuraccia internazionale

«I Direttori di Museo scelti con la selezione internazionale, italiani o stranieri che siano, in soli due anni hanno portato a risultati straordinari, dai 12 milioni di visitatori in più al miglioramento dei servizi e dell’attività scientifica - continua Franceschini -. Il loro lavoro ha fatto il giro del mondo, suscitando consensi e ammirazione per l’Italia». «Io rispetto tutte le sentenze della Magistratura, e sono fiducioso della decisione finale - aggiunge - ma non posso che chiedermi: cosa penseranno nel mondo di un Paese in cui una riforma che ha funzionato viene rimessa continuamente in discussione? E cosa penseranno di noi quelle nazioni che da anni hanno direttori italiani a dirigere i loro musei più prestigiosi? E cosa penseranno quei cittadini che hanno visto il lavoro straordinario dei direttori degli Uffizi, di Brera, di Capodimonte, di Palazzo Ducale di Mantova, di Urbino, di Paestum?».


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IL POST –

Il Consiglio di Stato, l’organo di secondo grado della giustizia amministrativa, ha emesso una sentenza che rimanda a successive discussioni la decisione sulla possibilità, per i musei italiani, di avere direttori stranieri. La decisione è stata presa dalla sesta sezione del Consiglio di Stato, che si è espressa in modo favorevole, secondo quanto scritto da ANSA, sulla «valutazione a concorso dei direttori dei musei pubblici dotati di autonomia gestionale e amministrativa», ma ha rimandato la decisione definitiva sui direttori stranieri a una futura adunanza plenaria del Consiglio.

Dario Franceschini, ministro della Cultura, ha commentato così la decisione sul suo profilo Facebook: «Sono stati presentati decine di ricorsi, ci sono state 16 decisioni del Tar Lazio, 6 del Consiglio di Stato, l’ultima delle quali a favore della possibilità di nominare direttori stranieri. Ora invece lo stesso Consiglio di Stato cambia posizione e rimette la decisione che riguarda la nomina di Peter Assman, direttore del Palazzo Ducale di Mantova, all’Adunanza plenaria. Si ricomincia. E ci vorranno mesi per una decisione».


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ILSOLE24ORE.COM –

Ok del Consiglio di Stato alla procedura scelta dal Mibact per la valutazione dei direttori dei musei, ma viene rimessa in discussione l’apertura a direttori

stranieri. È questo, in sintesi, il contenuto della sentenza pubblicata oggi dalla sezione sesta del Consiglio di Stato in merito a un ricorso presentato nei mesi scorsi. Una decisione che ha lasciato perplesso il ministro di Beni culturali e

Turismo Dario Franceschini che su twitter ha commenta così: «Davvero difficile fare le riforme in Italia. Dopo 16 decisioni del Tar e 6 del Consiglio di Stato, quest’ultimo cambia linea e rimette la decisione sui direttori stranieri dei musei all’adunanza plenaria. Cosa penseranno nel mondo?».


Consiglio Stato investe adunanza Plenaria 

C’è un «contrasto giurisprudenziale» alla base della decisione della VI sezione del Consiglio di Stato che ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione sui

direttori stranieri dei musei. E’ quanto si legge nella sentenza pubblicata oggi. L’atto spiega che una precedente sentenza del Consiglio di Stato del 24 luglio 2017 «ha ritenuto che l’attività di direttore del museo statale non potrebbe intendersi riservata a cittadini italiani e che sarebbero di per sé legittimi gli atti che hanno consentito la partecipazione di cittadini italiani dell’Unione e la loro nomina tra i vincitori». Ma ora il collegio della VI sezione «ritiene che si possa dare un’interpretazione diversa». E per questo richiama il regolamento emanato con il Dpcm 171 del 1994, «mai successivamente abrogato», che richiede «imprescindibilmente la cittadinanza italiana per il conferimento di incarichi di livello dirigenziale». I giudici sottolineano come questa norma «sia applicabile nel presente giudizio e non si ponga in contrasto con la normativa Ue».

La decisione assunta oggi riguarda nello specifico due posizioni: quella di Peter Assmann per la nomina al Palazzo Ducale di Mantova e quella di Martina Bagnoli alla Galleria estense di Modena. Le nomine erano state contestate di fronte al Tar Lazio da uno dei partecipanti alla selezione che aveva impugnato tutti gli atti del procedimento. E il Tar, accogliendo in parte il ricorso, li aveva annullati. La decisione poggiava sul fatto che l’assegnazione dei punteggi non sarebbe stata ben motivata, che i colloqui finali si sarebbero svolti a “porte chiuse” e che per quanto riguarda Assmann, non sarebbe potuto entrare in lizza perché non ha la cittadinanza italiana. Il Ministero dei Beni culturali ha fatto appello al Consiglio di Stato. La sentenza depositata oggi da parte della VI sezione, presieduta da Luigi Maruotti, è stata redatta dal consigliere Francesco Gambato Spisani.

Franceschini: non diamo bella immagine nel mondo 

«Confido nella decisione finale della magistratura, ma non diamo una bella immagine nel mondo». Così il ministro di beni culturali e turismo Dario Franceschini, a Bologna per la presentazione del programma del Pd, è tornato a commentare la decisione del Consiglio di Stato che potrebbe mettere in discussione la nomina dei direttori stranieri nei musei italiani. «La selezione internazionale che ha portato alla guida dei più grandi musei italiani direttori italiani e stranieri - ha detto il ministro - ha dato grandi risultati apprezzati in tutto il mondo. Quest’ultima decisione rimette in discussione quello che era stato deciso»



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REEPUBBLICA.IT –

Via libera del del Consiglio di Stato alla procedura scelta dal Mibact per la valutazione dei direttori dei musei, ma viene rimessa in discussione l’apertura a direttori stranieri. È questo, in sintesi, secondo quanto si apprende, il contenuto della sentenza pubblicata oggi dalla sezione sesta del Consiglio di Stato in merito a un ricorso presentato nei mesi scorsi da una delle candidate alla guida del Palazzo Ducale di Mantova e della Galleria Estense di Modena.


Il ministro di Beni culturali e Turismo Dario Franceschini sceglie Twitter per commenatre questa decisione: "Davvero difficile fare le riforme in Italia. Dopo 16 decisioni del Tar e 6 del Consiglio di Stato, quest’ultimo cambia linea e rimette la decisione sui direttori stranieri dei musei all’adunanza plenaria. Cosa penseranno nel mondo?".


Per Mantova la scelta è caduta sull’austriaco Peter Assmann e "la questione sostanziale centrale riguarda il se possano partecipare alla procedura di selezione in esame i cittadini di uno Stato membro dell’Unione, che non siano anche cittadini italiani". Il Tar del Lazio nel maggio del 2017 aveva stabilito che Assmann sarebbe dovuto restare fuori dalla terna perché non in possesso della cittadinanza italiana mentre per il Mibact il bando del 7 gennaio 2015 consentirebbe in modo del tutto legittimo che anche i cittadini degli altri Stati dell’Unione europea possano partecipare alle procedure.


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LA GAZZETTA DELLO SPORT 26/5/2018 –

I calciatori possono liberamente circolare in Europa, grazie alla sentenza Bosman, e la discussione intorno all’opportunità che una squadra italiana schieri un belga o un nativo della Catalogna riguarda solo il suo talento. Non così per i direttori di Museo, che hanno da essere per forza italiani, secondo una sentenza del Tar del Lazio emanata in questi giorni, conosciuta ieri grazie a uno scoop del Sole 24 Ore, e che ha rimesso in discussione la riforma Franceschini del 2015, molto contestata dai nostri, ma generalmente assai apprezzata all’estero e che, particolare non trascurabile, ha fatto arrivare nei nostri musei direttori piuttosto indiscutibili, per curriculum e, oggi si può dire, per risultati.   

• I Tar sono una maledizione, le famiglie vanno al Tar e fanno promuovere i loro figli somari bocciati a scuola.
Tuttavia, benché sia facile mettere i Tar al muro, si deve ammettere che hanno spesso ragione. Quasi mai giudicano nel merito, ma praticamente sempre si interessano delle forme, cioè delle procedure. Se non avessimo duecentomila e passa leggi di cui tener conto tutte le volte... Per esempio i centurioni che girano per Roma sono un orrore e la Raggi li aveva giustamente tolti di mezzo con un  provvedimento d’urgenza, ma i centurioni o chi per loro ricorse al Tar e il Tar disse che mancavano le caratteristiche dell’urgenza, che sulla materia il Comune aveva tutto il diritto di legiferare e proibire, ma non con un colpo di maglio - «te lo vieto e basta» - bensì con un provvedimento organico, che regolasse tutta la materia relativa ai cosiddetti «artisti di strada». Stessa cosa per i direttori dei museo stranieri.   

• Alla fine che diavolo sono questi Tar?
Tribunali Amministrativi Regionali. Se si crede di aver subito un torto dalla Pubblica Amministrazione si ricorre al Tar. Dopo la sentenza del Tar, se non si è d’accordo, ci si appella al Consiglio di Stato. Con la decisione del Consiglio di Stato il cerchio si chiude. Il contenzioso amministrativo è l’unico che ammetta due soli gradi di giudizio invece di tre, e per fortuna. Però le sentenze del Tar sono subito esecutive, e possono solo essere sospese, dopo ricorso. Franceschini, il nostro ministro dei Beni Culturali a cui fece capo la riforma del 2015, ha già detto che ricorrerà. Renzi ha detto che non bisogna cambiare i direttori del musei, ma i giudici dei Tar. Vasto programma.   

• Veniamo al dunque. Perché nei musei italiani non possono esserci direttori stranieri?
Il Tar ha condannato l’uso di Skype durante gli orali, giudicando che i colloqui con quel sistema si siano di fatto svolti a porte chiuse. Ma l’elemento chiave è soprattutto il decreto legge 165 del 2001, al cui articolo 38 è detto: «I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale» (comma 1) e «Con decreto del presidente consiglio [...] sono individuati i posti e le funzioni per i quali non puo’ prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana» (comma 2). Franceschini e Renzi avrebbero dovuto abrogare o modificare l’articolo 38, rimasto in vigore e di cui non sapevano niente. Il Tar ha forse sentenziato un obbrobrio, ma con ragione. I politici, prima di sostituire i giudici del Tar, dovrebbero prendere qualche informazione sul diritto amministrativo.   

• Chi sono i direttori di Museo colpiti dal provvedimento?
I direttori colpiti, per ora, sono cinque, cioè Paolo Giulierini (Museo Archeologico Nazionale di Napoli), Carmelo Malacrino (Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria), Eva Degli Innocenti (Museo Archeologico Nazionale di Taranto), Martina Bagnoli (Gallerie Estensi di Modena), Peter Assmann, (Palazzo Ducale di Mantova).   

• Ma quattro su cinque sono italiani!
Ma se il concorso è invalido, sono invalidi anche i risultati, indipendentemente dalla nazionalità dei vincitori. I giudici hanno definito «criptiche e involute» le motivazioni della selezioni finali. In altro luogo usano il termine, non so quanto proprio, di «magmatiche». Dei venti direttori nominati all’epoca in conseguenza della riforma Franceschini (una buona riforma, che ha dato risultati eccellenti) gli stranieri sono sette e se il Consiglio di Stato confermerà la sentenza del Tar del Lazio dovranno andarsene a casa: Eike Schmidt, tedesco (Uffizi), Peter Aufreiter, austriaco (Galleria delle Marche), Gabriel Zuchtriegel, tedesco (Paestum), Peter Assman, austriaco. già rimosso (Palazzo Ducale di Mantova), James Bradburne, canadese (Brera), Cecile Hollberg, tedesca (Galleria dell’Accademia di Firenze), Sylvain Bellenger, francese (Capodimonte, che per caso ho visitato proprio ieri e che è tenuto in modo magnifico). Ancora due cose: se il Consiglio di Stato confermerà il Tar cadranno tutti i nominati del 2015 e non solo gli stranieri; è assai probabile che la sentenza del Tar e il decreto 165/2001 che l’ha motivata siano in contrasto con la normativa europea. Caos sempre più garantito.


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ERBANI E RUFFOLO, LA REPUBBLICA 26/5/2017 –

ROMA Saltano i direttori di cinque musei, ma è tutta la riforma dei Beni culturali voluta da Dario Franceschini che vacilla sotto i colpi di due sentenze del Tar del Lazio. Sentenze contro le quali il ministro ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato: «Lo faremo oggi stesso», dice, aggiungendo un rammarico: «Che figura faremo in tutto il mondo?». Intanto sono da ieri vacanti i posti di direttore al Mann, il museo nazionale archeologico di Napoli, fra i più pregati al mondo, a quello di Reggio Calabria, dove sono ospitati i Bronzi di Riace, poi al museo di Taranto, scrigno dell’archeologia magnogreca, quindi alle Gallerie Estensi di Modena e al Palazzo ducale di Mantova, gioielli del nostro patrimonio storico-artistico.
Nel mirino dei giudici amministrativi è finito uno dei punti chiave della riforma, fin da subito bersagliato dalle critiche: le procedure dei concorsi che hanno portato alla nomina di cinque dei trenta nuovi direttori di musei, siti monumentali e archeologici insediati con la riforma (in particolare il sistema di valutazione deicurricolae le modalità dei colloqui). E, per Mantova, anche il fatto che il direttore sia l’austriaco Peter Assmann, non un italiano. Il che, stando ai giudici, non è possibile sulla base delle norme vigenti.
Sulle sentenze è un batti e ribatti di dichiarazioni. Il segretario del Pd, Matteo Renzi si rimprovera «di non aver provato a cambiare i Tar». A lui e ad altri replica il presidente dell’Anma, il sindacato dei giudici amministrativi: «Reazioni scomposte, i giudici fanno solo rispettare la legge». Ma il terremoto scuote soprattutto l’edificio di una riforma apprezzata da molti, per l’autonomia garantita ai musei, che ne hanno in diversi casi guadagnato in dinamismo e in apertura al territorio e hanno conquistato visitatori. Ma avversata da tanti altri, perché si sarebbe concentrata sui musei trascurando le patologie di cui soffrono i beni culturali e il paesaggio – dagli scarsi finanziamenti all’esiguità del personale, sempre più anziano – e producendo scompensi e caos in molti uffici. I ricorsi sono la spia di un malessere assai diffuso fra chi è impegnato nella tutela in Italia.
I giudici amministrativi laziali hanno accolto le istanze di due candidati, la storica dell’arte Giovanna Paolozzi Strozzi e l’archeologo Francesco Sirano. La prima aveva fatto domanda per le Gallerie Estensi e il Palazzo ducale di Mantova. Il secondo per Napoli, Taranto, Reggio Calabria e Paestum. Nella successiva tornata di concorsi, però, Sirano si è candidato, peraltro con le stesse modalità contro cui ha fatto ricorso, per dirigere il sito di Ercolano ed ha vinto.
Un’altra sezione dello stesso Tar del Lazio, qualche settimana fa, aveva respinto i ricorsi contro la nomina di Mauro Felicori, designato alla guida della Reggia di Caserta. E anche Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, e Cecile Holberg, della Galleria dell’Accademia avevano visto confermati i propri incarichi. Ma nel caso di Assmann i giudici hanno riscontrato un’illegittimità: le norme che regolano il lavoro nel pubblico impiego non ammettono la possibilità di aprire i ranghi della nostra amministrazione anche ai non italiani. Al ministero ribattono citando sentenze della Corte di giustizia europea, riprese dal Consiglio di Stato, che restringerebbero l’esclusione ai prefetti, agli ambasciatori ed altre figure di questo tipo. Non ai direttori di museo. A favore di tale ipotesi si è schierato un illustre amministrativista come Sabino Cassese. Assmann è sospeso dall’incarico, come gli altri quattro colleghi: Paolo Giulierini, che dirige l’Archeologico di Napoli, Martina Bagnoli delle Gallerie Estensi di Modena, Carmelo Malacrino dell’Archeologico di Reggio Calabria ed Eva Degl’Innocenti del museo tarantino.
Lo stesso rischio ha corso il direttore di Paestum, il tedesco Gabriel Zuchtriegel, anche lui bersaglio di un ricorso: ma per un difetto di notifica il procedimento si è arenato. Per riempire questi vuoti, il ministero procederà con incarichi ad interim. Ma l’interrogativo che si diffonde è: che cosa succederà agli altri direttori e al sistema nel suo complesso dei beni culturali, già così provato? E se venissero presentati altri ricorsi?
Oltre al motivo dell’italianità, i giudici contestano il modo in cui si è svolto il concorso, a cominciare dalla formulazione del bando. Per arrivare ai criteri di valutazione, al modo in sono stati assegnati i punteggi – poco motivati, insistono i giudici. In un primo tempo sono stati selezionati dieci candidati per ogni sito, sulla base dei curricola e di una lettera di motivazioni. Con ognuno di loro si è svolto un colloquio della durata, racconta chi l’ha sostenuto, di venti minuti (al termine dei quali suonava una specie di sveglia), in cui occorreva illustrare un progetto di gestione del museo. A quel punto si costituiva una terna senza graduatoria all’interno della quale il ministro e il direttore generale dei Musei, Ugo Soragni, designava il prescelto, conservando ampia discrezionalità. Secondo i ricorsi, i colloqui non si sarebbero svolti in maniera corretta. Non erano cioè pubblici (uno si è svolto via Skype) né potevano accedervi gli altri candidati. Questo rilievo è stato accolto dai giudici.
«La selezione dei direttori è stata effettuata da una commissione di altissimo profilo scientifico», ribatte il ministero. La presiedeva Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia, e in essa figuravano il direttore della National Gallery di Londra, il rettore del Wissenschaftskolleg di Berlino e Claudia Ferrazzi, appena scelta da Emmanuel Macron come consigliere culturale. «I colloqui non sono avvenuti a “porte chiuse”», insiste il ministero, «e sono stati registrati su file audio accessibili come tutti gli altri atti della selezione».
Ora la parola passa al Consiglio di Stato. Ma quelli inferti dal Tar non sono gli unici colpi alla riforma Franceschini. Due mesi fa il ministero ha revocato l’incarico al direttore degli scavi di Ostia antica, Fabrizio Delussu, nominato dopo il concorso. Il motivo? Il suo curriculum, pur esaminato dalla commissione, presentava una serie di requisiti che si sono poi rivelati infondati e «hanno fatto venir meno i presupposti per la nomina».
Francesco Erbani


«Sbagliato l’intervento dei giudici non è di loro competenza». Intervista a Gianluigi Pellegrino
«È una sentenza che poteva essere evitata. Perché su questa materia il Tar aveva la possibilità di declinare la sua giurisdizione, trattandosi di nomine dirigenziali». L’avvocato amministrativista Gianluigi Pellegrino non ha dubbi: «La scelta dei dirigenti pubblici è fiduciaria e di tipo privatistico».
Dunque, non poteva intervenire la giustizia amministrativa?
«Da molti anni ormai la nomina dei dirigenti della pubblica amministrazione è sottratta ai giudici amministrativi e allo stesso diritto pubblico. Non siamo di fronte a un concorso ma a una scelta fiduciaria, anche se previo pubblico avviso. È quindi il ministro, che per altro si è avvalso dell’ausilio di una commissione di esperti internazionali, ad avere l’ultima parola nelle nomine dei direttori dei musei statali. Non molto diversamente da un’azienda che sceglie il suo manager. Gli aspiranti esclusi non possono pretendere di rimuovere quella nomina, ma al più chiedere eventuali danni solo in caso di condotta sleale di chi ha conferito l’incarico».
Ma se è così, non c’era la possibilità da parte della Cassazione di impedire per tempo al Tar del Lazio di sentenziare in materia?
«Senz’altro. L’Avvocatura di Stato avrebbe potuto rivolgersi alle sezioni unite della Cassazione che in un caso analogo, riguardante la Regione Lazio, hanno precluso ogni pronuncia da parte del Tar sulle nomine dirigenziali».
Competenza a parte, come giudica le motivazioni del Tar del Lazio? È legittimo escludere gli stranieri dalla gestione dei poteri pubblici?
«Mi sembra in contrasto con consolidate regole comunitarie. È vero che c’è una legge italiana un po’ preistorica, ma il Consiglio di Stato ha già chiarito che il diritto comunitario prevale su quella legge. Solo in casi eccezionali, come ad esempio per esigenze militari, si possono riservare i posti dirigenziali ai soli cittadini italiani».
Quindi, è probabile che il Consiglio di Stato, al quale il ministero dei Beni culturali si appellerà, annulli la bocciatura dei direttori stranieri? 
«Mi aspetterei una sospensione e una riforma della sentenza».
Marco Ruffolo