www.riccardorueggeri.eu, 2 febbraio 2018
Gli italiani antifascisti erano l’1%
Questo Cameo è “uno scoop non scoop”, cioè un prodotto giornalistico (di cui ho il copyright) che racconta fatti già noti, documentati, però sconvolgenti se riletti oggi, che vengono trattati, pur essendo veri, come fake news e proprio per questo, non potendole demolire, sono da nascondere. Quella di oggi è un’affermazione “scoop non scoop”. “Negli anni Trenta quasi tutti gli italiani erano fascisti, certificati o in sonno poco importa, salvo un misero 1%”. Torniamo all’oggi.
Raramente ho ascoltato, in occasione degli anniversari della Shoah, parole più appropriate sul fascismo di quelle usate in questi giorni dal Presidente Mattarella in giù, dalla comunità ebraica in giù, dallo straordinario discorso di Elie Wiesel del 2010 ripreso dal Foglio, dall’autore cinematografico Walter Veltroni. Ho provato disagio per le parole ambigue di pochi e di quelli che, di contro, hanno voluto strumentalizzarle per motivi elettorali: due volgarità che si sono elise. Un solo rammarico per una dichiarazione di verità che attendo da tanti anni.
Da bambino ho subito capito cosa significasse appartenere a una famiglia operaia schedata dalla polizia perché antifascista. Cosa comportava? Per mio nonno (voleva che lo chiamassi Nonno Stalin) avere i lavori più duri e insalubri alle Ferriere Fiat, ed essere arrestato, a titolo preventivo, ogni volta che Benito Mussolini veniva a Torino. Così per mio papà e mia mamma, vessati da tutti (persino sul tram) per aver mantenuto al dito la fede in oro, e non averla consegnata al Duce.
Ciò che non ho condiviso di questi giorni è il nascondere che gli italiani di quell’epoca erano fascisti, e lo erano quasi tutti, con tessera e senza, lo erano in modo consapevole, sapevano delle leggi razziali, al di là di tutto, apprezzavano Mussolini e le sue leggi, le sue realizzazioni. Negare questo lo considero un insulto a quei quattro gatti, tutti gli ebrei e alcune famiglie operaie e contadine (come la mia) che al fascismo si opposero (mio papà sosteneva che se non eri schedato non eri un antifascista). Così come non erano veri partigiani quelli che andarono a immergersi nei limpidi ruscelli delle Langhe, erano fascisti travestiti da partigiani, e tali rimasero. E, essendo borghesi prudenti, lo fecero solo quando si intravedevano in lontananza le truppe americane che venivano a liberarci.
Nessuno che abbia ricordato l’episodio che meglio di tutti fotografa quel periodo. Siamo nel 1931, Mussolini è consolidato al potere, gli italiani, ripeto, sono tutti fascisti, salvo gli ebrei e parti della classe operaia-contadina, le élite di ogni ordine e grado lo sono, e pure in modo convinto. La dimostrazione l’abbiamo nel Regio decreto 1227 del 28 agosto 1931 “Giuramento di fedeltà al Fascismo”, che recita: “I professori di ruolo e i professori incaricati nei regi istituti d’istruzione superiori sono tenuti a prestare giuramento secondo la formula seguente: Giuro di essere fedele al Re, ai suoi reali successori e al Regime Fascista …..”. Chi avesse rifiutato di firmare avrebbe perso la cattedra (per correttezza storica, non il lavoro esterno, e non sarebbero andati in galera).
Ebbene, su oltre 1200 cattedratici solo 15 non firmarono (sic! al cubo). Riporto i nomi dei quattro dell’Università di Torino (vicino a casa mia c’è una lapide ricordo): Mario Carrara (antropologia criminale); Francesco Ruffini (diritto ecclesiastico); Lionello Venturi (storia dell’arte); Gaetano De Sanctis (storia antica). Francesco Ruffini chiese ad Albert Einstein di intervenire, lui lo fece scrivendo al Guardasigilli Alfredo Rocco che gli rispose facendogli osservare “Dov’è il problema se solo l’1% non ha firmato?” Einstein non replicò.
Prima di blaterare di fascismo e antifascismo ai nostri tempi, dovremmo ricordare che gli antifascisti veri furono appena l’1% degli italiani, erano quasi esclusivamente ebrei, operai, contadini e 15 professori universitari su 1.200. Di quest’ultimi, i nomi più prestigiosi sarebbero diventati le punte di diamante della Repubblica, eppure tutti avevano firmato. Quelli di sinistra si giustificarono dicendo che lo fecero su richiesta di Palmiro Togliatti (lui per prudenza era a Mosca) perché “era nell’interesse del Pci”. I liberali seguendo l’invito di Benedetto Croce lo fecero per “evitare che le cattedre fossero occupate da potenziali avvelenatori dell’animo degli studenti”. I cattolici seguirono l’invito di Papa Pio XI di firmare ma “con riserva interiore”. Questo il dagherrotipo della nostra classe dirigente.
Un esemplare “scoop non scoop”.