il Giornale, 2 febbraio 2018
Dieta vegana in mensa? Non è un obbligo
Vega-sì, vega-no. Una famiglia non può pretendere che al proprio figlio venga riservato ogni giorno nella mensa scolastica un menu del tutto privo di ingredienti di origine animale. Il Tar di Bolzano ha infatti bocciato la richiesta di due genitori che avevano fatto ricorso contro il diniego da parte dell’azienda servizi sociali di Bolzano (Assb) di fornire cibi vegani per la figlia, iscritta a una scuola materna del capoluogo altoatesino e avviata dai genitori al loro stile alimentare.
Secondo i genitori vegani il diniego non rispetterebbe le direttive del ministero della Salute che, con una nota del 5 maggio 2016 inviata a tutte le regioni e province autonome, richiamava il rispetto di quanto indicato nella pagina 22 delle linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica approvate nel 2010, secondo cui «vanno assicurate anche adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose o culturali. Tali sostituzioni non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori». Il tribunale amministrativo bolzanino ha invece affermato che i pasti scolastici possono essere sostituiti soltanto per motivi di salute e non per ragioni etico-religiose, quindi i genitori vegani devano accontentarsi dei quattro menu già previsti, uno dei quali semplicemente vegetariano, che quindi esclude carne e pesce ma non tutti gli ingredienti di origine animale: comprende infatti, ad esempio, latticini e uova.
Una sentenza in controtendenza rispetto a un’altra dello stesso Tar di Bolzano che nel 2015 aveva cancellato l’espulsione di un bambino vegano da una scuola altoatesina decisa dalla dirigente dell’ufficio istruzione e scuola di Merano perché i genitori si erano rifiutati di consegnare un’attestazione del pediatra dalla quale risultasse lo stato clinico del bambino e l’assenza di carenze nutrizionali. Ma in questo caso a giustificare il comune di Bolzano è un regolamento comunale varato nel 2016 dall’allora commissario straordinario Michele Penta che giustifica l’offerta di quattro menu negli asili.
Di certo si tratta di un argomento sensibile. Il veganesimo è infatti percepito dagli «onnivori» come un regime alimentare estremo (ma ne esistono anche di più hardcore, come il crudismo, il fruttarianesimo, la paleodieta), spesso come una moda alternativa da talebani, che non andrebbe imposta ai propri figli. I vegani invece la vivano come una necessità, di solito dettata dal desiderio di rispettare gli animali e dalla convinzione che eliminare le proteine animali faccia bene alla salute. Una ricerca Eurispes resa nota nei giorni scorsi registra che solo lo 0,9 per cento degli italiani si autodefinisce vegano (l’anno precedente erano il 3 per cento), contro un 6,2 per cento che invece si «accontenta» di definirsi vegetariano.