Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  febbraio 01 Giovedì calendario

Via libera ai tarocchi

I grandi taroccatori delle eccellenze alimentari italiane festeggiano. Grazie ai trattati che l’Unione europea ha già firmato e a quelli che si appresta a sottoscrivere, le imitazioni di salumi, formaggi e vini hanno la patente di legittimità. A rilanciare l’allarme è la Coldiretti che alla Fieragricola di Verona, apertasi ieri, ha presentato una galleria degli orrori alimentari. Con i tarocchi più diffusi delle nostre specialità. 
La novità di questi giorni, è che le imitazioni dispongono o disporranno a breve di una legittimazione ufficiale. Pesantissima, per noi. Il meccanismo che assegna questa «patente» di libera circolazione, è contenuto negli accordi commerciali negoziati dall’Unione europea. A cominciare da quello col Canada, il Ceta, ratificato nel febbraio 2017 ed entrato in funzione anche senza il disco verde di tutti i Parlamenti nazionali. A cominciare dal nostro. 
TUTELE SOLO PARZIALI 
In pratica i canadesi hanno riconosciuto una tutela parziale ad alcune delle nostre indicazioni geografiche, Dop e Igp: in tutto 29 sulle 291 protette in Europa. Ma hanno avuto in cambio il sì della Ue per continuare a produrre le loro copie. Gli entusiasmi iniziali di alcuni produttori italiani, felici di poter esportare Oltreoceano i campioni del made in Italy a tavola, si sono frantumati contro una ulteriore furbata, nascosta negli allegati al trattato: a decidere cosa importare e in quali quantità in Canada sono organismi  ai produttori di formaggi e salumi locali. E i costi per ottenere le licenze assomigliano da vicino ai vecchi dazi. 
In definitiva l’accordo si sta rivelando una sonora fregatura. Tanto che anche il numero uno di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, si è unito alla proteste degli agricoltori, chiedendo all’Unione europea di non ratificare l’accordo fotocopia col Giappone, «a meno che non si riescano ad apportare delle correzioni capaci di tutelare i nostri formaggi Dop». 
L’accordo col Mercosur rischia di nascere perfino peggio. I negoziatori europei, nella trattativa tuttora in corso, hanno accordato ai Paesi sudamericani aderenti Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela le stesse concessioni sui tarocchi locali fatte ai canadesi. In più hanno aggiunto un contingente di 90mila tonnellate di cane bovina a dazio zero, e 100.000 tonnellate di carne di pollo brasiliana, ugualmente esente da tariffe che l’Europa si impegna a importare annualmente. Quantitativi capaci di deprimere i prezzi all’origine delle carni rosse e bianche e mettere in crisi i nostri allevatori. Senza contare le perplessità suscitate dai recenti scandali con derrate alimentari avariate in arrivo proprio dal Brasile. 
COLTIVATORI E INDUSTRIA 
«È inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale», ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, constatando con soddisfazione «che anche l’industria alimentare italiana, con Federalimentare, si sia unita al nostro allarme prendendo posizione contro trattati che svendono l’identità dei territori e quel patrimonio di storia, cultura e lavoro conservato nel tempo da generazioni di agricoltori». 
Sulla carta c’è ancora spazio per intervenire. Il Ceta non è mai stato ratificato dal nostro Parlamento. E se dopo le elezioni dovesse arrivare un «no» in aula, l’intesa col Canada potrebbe anche saltare. Gli accordi con l’Impero del Sol levante e con il Mercosur, addirittura, devono ancora passare al vaglio del Parlamento Ue. 
Purtroppo gli unici Paesi interessati a tutelare le proprie eccellenze alimentari sono Italia e Francia. Mentre Germania e alleati Olanda, Danimarca, Polonia e Paesi Baltici spingono per un’intesa ad ogni costo. Nella prospettiva di poter aumentare le esportazioni di cibi a basso prezzo e di scarsa qualità. Sulla pelle dei coltivatori e pure dell’industria alimentare tricolore.