la Repubblica, 2 febbraio 2018
L’amaca
In quel capolavoro della memoria ebraica (e della letteratura contemporanea) che è Maus, la graphic novel di Art Spiegelman, gli ebrei sono raffigurati come topi, i nazisti come gatti, i polacchi come porci. Metafora orwelliana durissima e forse anche greve: ma affonda le radici nella storia dell’ebraismo polacco; e dell’antisemitismo polacco, che in buona sintonia con l’antisemitismo europeo e slavo precede il nazismo di parecchi secoli (non fu necessario aspettare la svastica, bastarono la croce e l’accusa di “deicidio” ad animare i pogrom, compreso quello di Varsavia nel 1881).
Chissà se Maus è tradotto in polacco. Nel caso, il governo nazionalista di quel Paese deve provvedere a vietarne la diffusione.
In coerenza con gli orribili provvedimenti repressivi nei confronti di chi osi fare cenno a qualsivoglia connessione tra l’antisemitismo e la Polonia. Somigliano, questi governicchi sciovinisti dell’Est, e quello polacco più di altri, a quello di Erdogan, che non vuole sentire parlare di genocidio degli armeni.
I popoli che si offendono credono di essere “più patriottici”, sono solo più immaturi e più indecenti.
L’Europa, ne avesse la voglia e il tempo, potrebbe riscoprire la politica e darsi un poco da fare, per ricucire gli sbreghi che i suoi soci infedeli aprono nell’anima dei giusti.