La Stampa, 2 febbraio 2018
Immunoterapia, come funziona?
Che cos’è CAR-T?
La CAR-T, acronimo di «chimeric antigen receptor T cell», è una tecnica di laboratorio utilizzata per modificare geneticamente le cellule del nostro sistema immunitario. L’obiettivo di questo metodo è «insegnare» ai linfociti T – un particolare gruppo di cellule immunitarie – come riconoscere ed attaccare i tumori. Ciò può essere fatto attraverso l’inserimento di alcuni geni all’interno del linfocita. La tecnica di manipolazione delle cellule del sistema immunitario del paziente rientra nell’ambito della cosiddetta terapia genica.
Perché può essere utilizzata per combattere il cancro?
Da alcuni anni a questa parte la lotta ai tumori è stata rivoluzionata dall’immunoterapia. L’idea alla base di questo approccio è quella di sfruttare l’innata capacità del sistema immunitario di riconoscere il cancro. Quest’ultimo, però, grazie a particolari meccanismi, spegne la risposta immunitaria e prolifera. Ecco perché agire dall’esterno, mantenendo attiva la risposta, rappresenta una strategia vincente. Sino ad oggi lo si è fatto somministrando farmaci che andassero ad agire sulla superficie delle cellule immunitarie al fine di togliere quei freni che ne limitavano la risposta. Ora, grazie alla possibilità di manipolare il Dna, le istruzioni possono essere trasferite direttamente all’interno delle cellule immunitarie.
Come funziona?
La tecnica consiste nel prelievo dei linfociti T del malato per poterli così modificare geneticamente in modo tale che sulla loro superficie esprimano un particolare recettore chiamato CAR (Chimeric Antigenic Receptor). La presenza di CAR ha come effetto un potenziamento dei linfociti che li rende in grado, una volta reinfusi nel malato, di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo fino ad eliminarle completamente.
La cura del Bambino Gesù rappresenta una novità assoluta?
La terapia genica con cellule modificate CAR-T è stata sperimentata per la prima volta con successo nel 2012 su una bambina affetta da leucemia linfoblastica acuta. Da allora sono partite numerose sperimentazioni in tutto il mondo i cui risultati hanno portato ad approvare il primo farmaco (Kymriah) a base di CAR-T sviluppato dall’industria farmaceutica. La tecnica però è in continua evoluzione in quanto non di rado questo approccio può generare effetti collaterali dovuti ad una iper-attivazione del sistema immunitario. La straordinarietà della tecnica dei ricercatori italiani consiste nell’aver inserito, oltre al recettore, una sorta di «gene suicida» – attivabile in caso di eventi avversi – in grado di bloccare l’azione dei linfociti modificati. Una sorta di interruttore “on-off” che rappresenta una prima assoluta.
La CAR-T funziona in tutti i tumori?
Attualmente questo approccio è utilizzato nella cura dei tumori del sangue come leucemie, linfomi e mielomi. Uno studio pubblicato proprio ieri dal New England Journal of Medicine ha mostrato nuovamente la bontà del primo farmaco CAR-T nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta nei bambini. La ricerca avanza a passo spedito e nel mondo sono diverse le sperimentazioni in atto per quanto riguarda i tumori solidi come quelli del fegato, del pancreas, dell’ovaio, il neuroblastoma e il mesotelioma. In questi casi sicurezza ed efficacia rispetto alle terapie disponibili sono ancora da dimostrare e non rappresentano la prima scelta di cura.
Quali altre armi abbiamo a disposizione per contrastare il cancro?
Anche se l’immunoterapia sta rivoluzionando la cura del cancro, chirurgia, radio e chemioterapia sono armi a disposizione necessarie e altrettanto valide. Ciò che acquisterà sempre più importanza invece sarà l’analisi genetica del tumore. Potendo disporre della «carta di identità» della malattia sarà possibile scegliere l’approccio terapeutico maggiormente appropriato.