La Stampa, 2 febbraio 2018
L’ultima rivolta contro Renzi. Il Pd siciliano rievoca la Dc
Al di là di quanto potrà contribuire al risultato del Pd siciliano, reduce da una bruciante sconfitta alle regionali di novembre, la nascita, per ora di una corrente, e forse il 5 marzo di qualcosa di più simile a un ennesimo partitino, denominato «I partigiani del Pd» (e sfottitoriamente ridefinito dall’Huffington Post «Bedda ciao»), contrassegna la definitiva democristianizzazione del partito di Renzi. I «partigiani», tutti dirigenti di peso della segreteria regionale destinata a essere rimessa in gioco dopo il 4 marzo, si dichiarano «non comunisti» e denunciano che il leader ed ex-premier ha infarcito le liste di ex-cuffariani e ex-Udc riciclati dal troppo affollato centrodestra isolano, ha consentito candidature «dinastiche» come quella della figlia Daniela dell’ex-ministro Totò Cardinale, e insomma per cercare di rosicchiare qualche voto alla nuova classe di vincitori dei Musumeci, Miccichè, Romano e Lombardo, che puntano all’en plein nei collegi uninominali, stile 2001, ha cancellato l’anima di centrosinistra del Pd, facendo fuori candidature forti come quella dell’ex-presidente dell’Antimafia Lumia, dell’ex-governatore Crocetta a cui pure era stato promesso un seggio parlamentare, e di altri nomi illustri espressi dal territorio.
In realtà Renzi, per mano del vicesegretario Guerini e del suo plenipotenziario siciliano Faraone, prima di accordarsi con i macinavoti ex-centrodestra, ha stipulato un accordo con il sindaco di Palermo Orlando: sorprendente perché lo stesso Orlando, alle ultime amministrative, in cui è stato riconfermato dopo un quasi ininterrotto trentennio alla guida della città, aveva preteso e ottenuto che i partiti che lo sostenevano e lo hanno rieletto al primo turno ammainassero le proprie insegne, per dare un contenuto «civico» alla sua candidatura. Mentre adesso ha annunciato l’adesione sua e di un fedelissimo che sarà quasi certamente eletto alla Camera al Pd.
Dunque non è un problema di destra o sinistra, ma di resa dei conti in un pezzo di partito e in una nevralgica area politica e geografica che non ha mai smesso di essere democristiana, e di adoperare, sia pure a livello di parodia, i metodi del vecchio partitone scudocrociato. E mentre non è lecito prevedere cosa porterà in termini di voti la spregiudicatezza con cui sono state scelte certe candidature, si può già adesso esser certi che il «laboratorio» siciliano, come in passato, sarà ancora una volta anticipatore di nuovi equilibri da sperimentare sul piano nazionale: cuffariani e orlandiani uniti nella lotta a Palermo, oggi; Berlusconi e Renzi insieme al governo a Roma, domani.