il Giornale, 1 febbraio 2018
50 jihadisti sbarcati in Italia
Cinquanta jihadisti tunisini sarebbero sbarcati in Italia lo scorso anno, dopo la sconfitta dello Stato islamico in Medio Oriente, per infiltrarsi in Europa. La lista nera è stata compilata dall’Interpol e inviata al Viminale, come rivela il quotidiano britannico The Guardian. Il dipartimento di pubblica sicurezza del ministro dell’Interno ha seccamente smentito la notizia, ma ammesso «che un esiguo numero di persone segnalate» come sospetti jihadisti dalle autorità tunisine «sono state immediatamente rimpatriate».
Il Guardian sostiene di avere ottenuto la lista dei 50 jihadisti, che è stata stilata con tanto di nome, cognome e nazionalità dalla segreteria generale dell’Interpol e inviata il 29 novembre al Viminale. I sospetti terroristi sono tutti tunisini e alcuni sarebbero già stati identificati una volta sbarcati in Italia. Si tratta di volontari della guerra santa che hanno combattuto in Libia, Siria o Irak nei ranghi dello Stato islamico. Dopo il crollo delle «capitali» del Califfato a Sirte, Mosul e Raqqa si sono diretti in Europa attraversando il Mediterraneo. Non sui gommoni stracolmi e insicuri dei migranti che partono in massa dalla Libia, ma su natanti più piccoli che navigano meglio. Non a caso negli ultimi mesi del 2017 si è registrato un aumento dei cosiddetti «sbarchi fantasma» da imbarcazioni più sicure, che arrivano direttamente in Sicilia, soprattutto nella zona di Agrigento. In gran parte in partenza dalla Tunisia imbarcandosi a Zarzis o Sfax. Lo scorso ottobre il sindaco di Pozzallo scriveva al ministro dell’Interno, Marco Minniti, preoccupato dalla ripresa degli arrivi dalla Tunisia «per le possibili infiltrazioni di soggetti appartenenti alle cellule jihadiste».
Il Guardian spiega che della lista di 50 dell’Interpol «quattro dei sospetti combattenti dell’Isis sono già noti alle intelligence europee». E uno di loro «avrebbe passato il confine italo-francese per raggiungere l’area di Gard nella regione meridionale della Francia» spiega una fonte anonima dell’Interpol al quotidiano britannico. Molti dei tunisini degli sbarchi fantasma in Sicilia sono partiti da Ben Guerdane, città tunisina vicina al confine libico. Nel 2016 sono scoppiati violenti scontri fra un gruppo di jihadisti tunisini giunti dalla Libia e l’esercito per il controllo della città. Al Guardian il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, dichiara: «Gli investitori non possono escludere che grazie agli sbarchi fantasma possano nascondersi elementi jihadisti in mezzo alla gente che viaggia verso la Sicilia».
La polizia italiana ha ribadito che «non trova alcun riscontro l’informazione di 50 combattenti stranieri approdati sulle coste italiane appartenenti all’Isis e pronti a compiere attentati». Però, sottolineando il rapporto di collaborazione con le autorità tunisine, la nota specifica che «queste ultime hanno segnalato nel tempo al nostro Paese il probabile ingresso in Italia di appartenenti a presunti gruppi integralisti». E proprio queste informazioni hanno «permesso di rintracciare un esiguo numero di persone segnalate le quali sono state immediatamente rimpatriate».
Nel 2017 sono sbarcati in Italia 5500 tunisini catalogati come migranti economici, ma i rimpatri hanno superato di poco le 2000 persone. Il Viminale ha speso in un anno 3,5 milioni di euro per rimandare a casa i tunisini, ma oltre la metà è rimasta in Italia o ha proseguito il viaggio verso l’Europa. E si tratta solo di quelli intercettati.
Dalla Tunisia sono partiti 5500 foreign fighter, il numero più alto fra i paesi di provenienza dei volontari della guerra santa che hanno aderito all’Isis. Il caso più eclatante di jihadista tunisino arrivato con i barconi è quello di Anis Amri, l’autista killer del camion che ha fatto strage al mercatino natalizio di Berlino nel 2016. Amri si radicalizzò in carcere in Italia e dopo l’attentato è stato fermato dalla polizia ed ucciso alle porte di Milano. Poco meno di un terzo dei sospetti jihadisti espulsi dall’Italia dal 2015 sono tunisini. Ahmed Hannachi, che ha ucciso lo scorso anno due donne a Marsiglia, in nome dello Stato islamico, era sposato con un’italiana di Aprilia. Suo fratello che vive da noi è stato arrestato. Un altro segnale di allarme è la radicalizzazione nelle carceri: su 500 detenuti con tendenze jihadiste un terzo è composto da tunisini. Molti sono arrivati in Italia sui barconi.