Il Messaggero, 31 gennaio 2018
Erdogan e l’occasione da cogliere per l’Italia
La visita di Erdogan a Roma rappresenta un’occasione. La Turchia ha infatti molto da dare, a patto che sia chiaro cosa chiedere. E allora chiariamoci le idee. Perso Gheddafi, i governi italiani hanno reagito al calo d’influenza nel Mediterraneo seguendo tre rotte.
La prima è quella libica che non ha dato i frutti sperati. La Libia, causa la guerra civile, si è divisa in due governi. L’Italia ha appoggiato la formazione del governo di Tripoli nella speranza di riunificare il Paese sotto la sua influenza, ma Russia, Egitto e Francia hanno scelto di appoggiare il governo rivale, che si trova a Tobruk, per strappare all’Italia il ruolo di protagonista. Obama sosteneva l’Italia che però è stata abbandonata da Trump. Il risultato è che la Libia è diventata un costo per l’Italia quando prima era un ricavo.
La seconda rotta è quella iraniana. Ritirate le sanzioni grazie agli accordi voluti da Obama, l’Italia ha investito molto nelle relazioni con l’Iran, al punto da diventare il suo principale partner politico e commerciale in Europa.
La terza rotta è il Niger, un’ex colonia francese che confina con la Libia, dove il governo italiano ha inviato 470 soldati con il compito di contrastare i trafficanti di esseri umani che attraversano il territorio libico.
L’obiettivo dei trafficanti è quello di allestire le imbarcazioni verso la Sicilia. È la fase più difficile e confusa della politica estera dell’Italia repubblicana nel Mediterraneo.
Erdogan arriverà a Roma in questo contesto. L’Italia non sarà chiamata a ricevere un capo di Stato, ma ad affrontare un esame di maturità. Sarà certamente bocciata, se penserà che si tratta di un semplice incontro tra il presidente turco e quello italiano. Sarà forse promossa, se capirà che si tratta della possibilità di aprire una quarta rotta essendo noto che Libia, Niger e Iran, sono rotte quanto mai precarie. Il futuro della Libia è incerto, ma non sarà certamente un futuro a guida italiana: Russia, Francia ed Egitto sono troppo forti, tanto più che non sono bilanciati dagli Stati Uniti.
Il Niger è un Paese sotto la completa influenza della Francia. Qualche giorno fa una radio pubblica francese ha accusato il governo italiano, che ha smentito, di avere inviato i propri soldati contro la volontà del governo nigerino. L’Iran rischia di scontrarsi apertamente con Israele e con Trump a causa della sua penetrazione in Siria che atterrisce Netanyahu. L’Iran è il vero vincitore della guerra civile in Siria, dove vuole stabilire una base militare a El-Kiswah, 14 km a sud di Damasco.
Se puntasse i suoi missili contro Israele, sarebbe guerra, con una nuova ondata di sanzioni contro l’Iran, a cui l’Italia sarebbe costretta ad aderire, data la struttura delle relazioni internazionali. La rotta più sicura è quella che l’Italia non ha ancora aperto e che si chiama Turchia, il cui governo è alla ricerca di un partner privilegiato in Europa dopo il deterioramento dei rapporti con i suoi alleati tradizionali per le questioni che abbiamo richiamato tante volte su queste pagine. L’Italia ha da chiedere a Erdogan un legame strategico perché gli Stati che arretrano senza avanzare sono stati nel senso che appartengono al passato. Il futuro dell’Italia dipende da una corretta valutazione del presente. Non ci sono dubbi sulla sua fase di arretramento nel Mediterraneo.
È una regola elementare delle relazioni internazionali: quando uno Stato perde una posizione importante, deve affrettarsi per recuperarla. La Turchia è uno degli Stati più potenti del Mediterraneo. Il suo ruolo in Medio Oriente è fondamentale. Se Gheddafi era il migliore alleato dell’Italia, Erdogan ha ancora più titoli per diventarlo.