La Stampa, 1 febbraio 2018
PyeongChang, aperto per Giochi. Al Villaggio c’è la bandiera del Nord
Dopo sette anni di preparazione non c’è un minuto di più. PyeongChang apre e non importa se mancano otto giorni alla cerimonia che accende le Olimpiadi, se ancora c’è poca gente che circola sulle strade dei Giochi, oggi si apre il Villaggio e si testa l«’operazione West».
Un luogo che non ha mai visto turisti stranieri ne aspetta un milione l’anno per i prossimi 10 anni, almeno secondo le stime degli organizzatori che hanno coinvolto Stati e provincia per investimenti a lungo termine. I Giochi coreani devono lasciare il segno e c’è subito una traccia evidente dell’importanza del momento: sul suolo della Corea del Sud si alzerà una bandiera della Corea del Nord, sarebbe illegale ma il Villaggio è zona neutra, globale, tracciata su confini temporali e nn fisici: fino alla fine delle Paralimpiadi c’è la tregua. Anche se da quelle parti tregua resta una parola armata, figlia di una pace mai decisa.
Stamattina però c’è almeno una bandiera a segnare la differenza, non starà vicino a quella della Corea del Sud nel perimetro che comprende tutte le 93 nazioni presenti e non sarà issata da un militare quando domani la squadra sarà ufficialmente accolta.
Si cambia, anzi si forza, il protocollo: ci penserà un volontario a completare le procedure e non è ancora chiaro se i 22 nordcoreani invitati ai Giochi resteranno nel Villaggio o usciranno subito dopo il saluto ufficiale. Non importa, la bandiera resta lì, a differenza di quella russa bandita ovunque.
Capi di Stato al freddo
Le nazionali arriveranno nei prossimi giorni, per ora ci si scalda con qualche presenza e si testa il lavoro di hotel e ristoranti intorno agli impianti. Cinquecentocinquanta strutture hanno aderito al programma di rinnovamento, qualcuno l’ha presa come un’invasione culturale, ma i fondi erano notevoli e la maggioranza ne ha approfittato, aggiungendo investimenti privati sul futuro. Bagni nuovi, letti occidentali, scritte in inglese e nulla che possa urtare la sensibilità di chi non condivide le più antiche tradizioni locali. Insomma, per avere i soldi bisognava rinunciare alla carne di cane. Qualcuno si è rifiutato, ha speso del suo per essere all’altezza e mantenuto il cane bollito in menù.
Per contrastare il freddo previsto allo stadio nella sera della cerimonia sono pronte coperte e berretti da distribuire a chiunque decida di sedersi per tre ore al vento gelido. Lo stadio, costruito per l’occasione, è aperto e nell’ultima ricognizione a 13 gradi sotto zero i padroni di casa si sono accorti che i posti più importanti sono in alto, al centro della corrente. Troppo tardi per cambiare, ormai si comincia: benvenuti alle Olimpiadi.