La Stampa, 1 febbraio 2018
Presi i ragazzini della baby gang di Chiaiano. Sono sbandati, violenti e non vanno a scuola
Alla fine li ha traditi la tecnologia. Grazie ai filmati dei sistemi di videosorveglianza e al monitoraggio dei social network, gli investigatori sono riusciti a individuare i dieci minorenni che lo scorso 12 gennaio vicino alla fermata del metrò di Chiaiano massacrarono di botte un ragazzino (i medici furono costretti ad asportargli la milza). Il più piccolo del gruppo non è imputabile, gli altri 9 invece hanno tra i 14 e i 17 anni e dunque sono stati raggiunti dalle ordinanze cautelari: 8 in comunità, uno ai domiciliari. Reato ipotizzato: lesioni gravissime. La baby gang si accanì senza alcun motivo contro il quindicenne Gaetano prendendolo a pugni e calci sino a provocargli danni irreversibili. Un passatempo per adolescenti sbandati – solo 6 risultano iscritti a scuola – e violenti a proposito dei quali il questore di Napoli Antonio De Iesu ieri ha detto: «Erano lì perché non avevano altro da fare, e questo è l’aspetto più grave. Si tratta di minori che non frequentano la scuola come dovrebbero e vivono in contesti ambientali particolari, in quartieri “sensibili”, dove l’esigenza di aggregarsi e fare branco è ritenuta fondamentale».
Nel ripercorrere l’attività di intelligence che ha portato alla cattura dei piccoli delinquenti, il numero uno della polizia napoletana ha prima rimarcato l’urgenza di effettuare adeguate «analisi sui contesti familiari» e poi ricordato che nessun testimone ha aiutato le indagini: «Purtroppo, ed è un dato oggettivo, la collaborazione con le forze di polizia è stata pari quasi a zero, un dato su cui riflettere. Le fiaccolate, le manifestazioni di sostegno sono importanti, ma non sufficienti. Abbiamo chiara la dimensione dei branchi – ha proseguito De Iesu – ma serve anche l’aiuto di chi ha visto: video, immagini, che tratteremo con riservatezza, grazie ai quali avere dei punti ci partenza. Mi auguro che le risposte che abbiamo dato siano l’inizio di un processo di consapevolezza». All’auspicio del questore fa però da contraltare la reazione degli indagati, i quali, come ha raccontato il dirigente del commissariato di Scampia, Bruno Mandato: «Hanno avuto atteggiamenti tutt’altro che rispettosi nei confronti degli inquirenti durante gli interrogatori». Più o meno lo stesso comportamento tenuto dal minorenne arrestato qualche settimana fa per un’altra aggressione che aveva scosso l’opinione pubblica, quella del 17enne Arturo, colpito con numerose coltellate (una alla gola) e ridotto in fin di vita in una strada del centro, anche in quel caso senza motivo. Un’arroganza purtroppo già vista in altre occasioni, persino tra i genitori e gli altri parenti dei baby teppisti.
Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha commentato l’operazione di polizia: «Credo che pagare la pena, il fio di quello che hanno compiuto, possa essere anche un’occasione di trasformazione per questi ragazzi che probabilmente non hanno avuto un minimo di aiuto né dalle loro famiglie, né dalla scuola né dalla Chiesa per crescere nella loro vita». Il presule – che proprio dalle pagine de La Stampa un mese fa aveva denunciato il «vuoto materiale, culturale e morale in cui crescono i ragazzi» – ha poi rinnovato il suo appello «a tutti coloro che sono istituzionalmente impegnati per i giovani di Napoli».