la Repubblica, 1 febbraio 2018
La rivoluzione contadina del professor Wen Tiejun
Per affrontare i cambiamenti sociali ed economici in atto a livello globale è necessario lavorare sull’integrazione fra il contesto urbano e quello rurale. Tre principi devono essere al centro di questo progetto: l’attenzione per i diritti dei contadini, la promozione dell’agricoltura locale e la sostenibilità degli ambienti rurali. Per farlo bisogna passare da un modello politico ed economico fondato sul capitale a uno fondato sulle persone». Queste sono state le parole che più mi hanno colpito del discorso del professor Wen Tiejun all’apertura del Settimo Congresso Internazionale di Slow Food, lo scorso settembre a Chengdu, in Cina. Una visione limpida, che ben descrive la nuova sensibilità del “Paese di mezzo” e che ho avuto la fortuna di approfondire durante una visita al villaggio rurale di Anren. Mentre mi descriveva le tradizioni e le tecniche di quest’angolo della provincia del Sichuan, non potevo fare a meno di ammirare il modo in cui dialogava con i contadini, dando pari dignità alla propria cultura accademica e alla loro sapienza materiale.
Esperto di macroeconomia e sviluppo sostenibile, rettore esecutivo dell’Università del Popolo di Pechino, il professor Wen è famoso per aver fondato il Movimento di Ricostruzione Rurale, che promuove l’agroecologia, la sostenibilità e la rigenerazione rurale. Un faro per un paese attraversato da enormi contraddizioni, che vive le derive di uno sviluppo accelerato che ha svuotato e marginalizzato le campagne. Parlare con Wen è una fonte inesauribile di suggestioni: all’età di 17 anni ha lavorato come contadino nelle montagne dello Shanxi, non lontano da Pechino, poi come camionista, successivamente come assistente sociale. Solo a 28 anni si è iscritto all’università, ma con un bagaglio di esperienze che ha segnato la sua visione del mondo. Ha condotto ricerche e sperimentazioni sulle società contadine delle aree montane e delle province più povere della Cina, maturando la convinzione che, nel pieno del boom economico, l’unica strada per garantire un futuro promettente ai suoi concittadini fosse salvaguardare le comunità rurali, promuovere lo sviluppo cooperativo, nuove forme di governance locale e soprattutto garantire la sicurezza alimentare del paese. Durante gli anni Novanta ha criticato la globalizzazione e la riforma del mercato interno, che a favore dell’industria manifatturiera hanno danneggiato le comunità rurali. Sospeso dall’incarico, ha continuato a impegnarsi in difesa dei diritti dei contadini. Solo nel 2001 le sue proposte di nuova ruralità sono state riconosciute dal governo cinese come prioritarie per lo sviluppo nazionale e lo hanno portato, con la fondazione del Movimento di Ricostruzione Rurale, a diventare una delle voci più autorevoli del paese.
Oggi la Cina è protagonista del panorama economico e sociale mondiale e dalle scelte di questo colosso dipende molto del futuro dell’intera umanità sul pianeta. Sono convinto che, grazie all’instancabile lavoro di persone come Wen e il suo team, la strada per uno sviluppo equilibrato e durevole sia possibile. Non si può più marciare a tappe forzate verso una crescita economica che genera disuguaglianze, catastrofi ambientali e marginalizzazione degli ultimi. La speranza è che proprio dal paese che in questi decenni è stato testimone privilegiato dell’ebbrezza del turbocapitalismo ( ancorché di stato), possa nascere un nuovo modo di intendere la ruralità. Una ruralità che non è privazione, al contrario, è rispetto per il territorio e per i tempi di vita, è conoscenza e dignità.