la Repubblica, 1 febbraio 2018
Una torta e gli allenamenti sul ghiaccio. La squadra da sogno della Corea unita
Una torta alla crema guarnita con fragole, ciliegie e acini d’uva, una festa di compleanno, gli applausi. Sembrano una famiglia, una squadra, quel che cercano di essere nonostante siano divise da uno dei confini più militarizzati al mondo.
Eppure, nel centro nazionale di hockey su ghiaccio di Jincheon, si vivono momenti così, di incredibile normalità e fratellanza tra le giocatrici coreane del nord e del sud, di Pyongyang e di Seul, avvicinate dal progetto di una squadra della Corea unita in campo tra pochi giorni alle Olimpiadi invernali di PyeongChang. A sud, negli avveniristici palaghiaccio sul Mar del Giappone che un paio di mesi fa erano associati a una tensione prebellica mai così alta in un’edizione olimpica recente. Quando Kim Jong-un e Donald Trump si sfidavano con il linguaggio dei missili intercontinentali. Quando la Corea del nord aveva rinunciato ad iscrivere la coppia di pattinatori che si era qualificata sul campo, facendo intuire un boicottaggio come trent’anni fa in occasione dei Giochi estivi di Seul. Ai tempi di Kim Il-sung.
Poi, all’improvviso, la svolta. E le prime immagini a dimostrare che gli accordi tra sud e nord, con il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) a fare da garante, non erano un illusione. Il pullman proveniente dalla Corea del nord, con a bordo le 12 hockeyste di Pyongyang, che varca il confine blindato, l’incontro con le 23 della nazionale del sud che da due anni sta preparando i Giochi in casa, gli abbracci di benvenuto, il grido tutte insieme: “We are one!”. I primi allenamenti separati, perché nell’hockey su ghiaccio ci sono sincronie tra reparti che non s’improvvisano, solo più avanti ci saranno i primi test unificati.
Jin Ok è una veterana di sei mondiali con la maglia della Corea del nord, s’è trovata a compiere i suoi ventott’anni nel ritiro di Jincheon. Ma l’evento non è rimasta all’interno della piccola comunità di Pyonyang, tra le compagne arrivate in pullman col logo DPR sulla tuta: repubblica democratica popolare. In attesa di indossare le stesse maglie con il logo della penisola coreana, le giocatrici del nord e del sud si sono strette come un’unica squadra attorno al taglio della torta, e per Jin Ok sono arrivati i fiori del capodelegazione di Seul.
Frammenti di pace. Aveva storto un po’ la bocca il coach della Corea del sud Sarah Murray, canadese. Per lei il livello delle ragazze del nord era troppo basso, e avrebbe creato scontento tra le legittime titolari. Ma la portata di questa squadra unita va ben al di là dello sport. Secondo alcuni, sconfina nella propaganda, e infatti il presidente Moon Jae-in è sceso per la prima volta sotto il 60 per cento di gradimento in seguito agli accordi preolimpici. Sondaggi da rivedere durante, e sopratutto dopo le Olimpiadi.
Ma intanto, accantonato per un momento il truce periodo delle minacce nucleari, arrivano le immagini di questa torta che fa da antipasto a quel si spera di vedere a PyeongChang, a partire dalla cerimonia inaugurale del 9 febbraio in cui, dopo le prime 91 nazioni, sfileranno per ultimi mano nella mano atleti del sud e del nord. Dietro un’unico emblema, la bandiera della penisola, sulle note non di un inno nazionale, ma di “Arirang”, una canzone popolare.