la Repubblica, 1 febbraio 2018
Mito e futuro, i Dem si affidano al baby Kennedy
WASHINGTON È un nome, una nostalgia, un’illusione: sono tornati i Kennedy per salvare l’America da Donald Trump. È bastato che l’ultimo e unico erede politico della dinastia bostoniana, Joe Kennedy III nipotino di Bob, fosse chiamato dal Partito Democratico a rispondere nelle reti tv nazionali agli 81 minuti del discorso torrenziale sullo Stato dell’Unione perché i cuori dei Democratici infartati dalla vittoria di Trump tornassero a battere. Run, Joe, run. Facci sognare.
Rosso di capelli, un po’ dentone come tutti i maschi di famiglia, bianco dell’inconfondibile pallore irlandese, ma blu nel sangue nobile del suo pedigree, Joseph, naturalmente Patrick, Kennedy è il nipote di Robert, il nonno assassinato esattamente 50 anni or sono, pronipote di JFK e figlio del deputato Joe, Patrick anche lui, Kennedy II, ritirato dalla vita pubblica dopo dodici anni turbolenti al Congresso e un matrimonio finito con richiesta di annullamento alla Sacra Rota. Ma dell’affascinante sregolatezza di antenati e congiunti l’ultimo dei Kennedy non sembra portare il peso.
Laureato in storia in California a Stanford, poi rientrato nei prati di casa per un dottorato in Giurisprudenza alla Harvard di famiglia, Joe è sposato da sei anni, padre di due figli, più giovane di otto minuti del gemello Matt e reduce da anni di volontariato in Guatemala per i “Peace Corps”, i battaglioni della pace che il prozio John F Kennedy creò nel 1961. Nel mondo della politica oltre i confini della “Bean Town”, la città dei fagioli come è soprannominata Boston, era sconosciuto, nonostante la sua scontata vittoria nel 2012 in un distretto dove i Democratici potrebbero vincere anche presentanto il mitico cavallo. E quindi molti, in un partito dominato da autorevoli geronti, si sono stupiti quando è stato scelto questo giovanotto di 37 anni che ne dimostra 18 per pronunciare la contro orazione dopo Trump. Si dice che sia stato l’ex vice presidente di Obama, Joe Biden, superstite della Sinistra Dem, a imporlo.
E sembra avere puntato sul giovne puledro giusto. il “Baby Kennedy” ha toccato tuette le corde classiche nell’arpa della retorica Democratica: «Questa amministrazione – cioè Trump, che pure non ha mai nominato – sta minando il diritto di tutti noi, indipendetemente da origini, status, religione, colore della pelle, genere, a essere protetti».
Diritti, quindi, la parola magica di ogni sinistra e inclusività, opposta all’esclusivismo neo bianco e sciovinista di Trump. «Ci chiede di assistere i malati sacrificando gli immigrati, di abbassare le tasse alle corporation per aumentarle alle famiglie domani, di scegliere fra i vecchi e i bambini, fra i sobborghi e i ghetti urbani e noi rispondiamo: scegliamo entrambi, senza lasciare indietro nessuno». Neppure “il popolo dimenticato”, la “forgetten people” che era stato uno degli slogan abilmente rubati da Trump, il miliardario. Ha sfoggiato un po’ di spagnolo, un semplice «vamos a luchar», andiamo a lottare, facile come un successo musicale estivo.
Non abbastanza a sinistra per alcuni, troppo a sinistra per altri, il nipote di Bobby è stato comunque un “hit” istantaneo.
Ben più delle parole, ha colpito lui, la sua figura struggentemente kennedyana, il linguaggio del corpo, gli sguardi, i gesti che hanno ricordato il nonno e che forse il giovane aveva studiato.
Dopo la generazione perduta dei figli di Bob e John, fallita in politica tra alcol e stravaganze, o consumata dalla maledizione dinastica come John John precipitato col proprio aereo privato, questo principe della terza generazione cresciuto come tutti loro a Hyannisport, sembra il più Kennedy dei Kennedy e se il 2020 sembra trroppo vicino per lui, il 2024, se riuscirà a passare dalla Camera al Senato, come il nonno e il prozio, potrebbe vederlo in pista per il dopo Trump.
La Rete si è sciolta in nostalgie e in sfottò, segno di successo, per quei rivoli di bavetta che gli scendevano dagli angoli della bocca, colpa del troppo burro di cacao spalmato sulle labbra, ha spiegato lui nei talk del mattino che se lo sono conteso.
Certamente non a base alcolica, perché John, visti i precedenti di casa, è astemio. Per ora, non vuole neppure sentir parlare di ambizioni presidenziali, ma sa che nel suo nome c’è un destino, sempre inevitabile, spesso carogna.