Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  febbraio 01 Giovedì calendario

Petrolio, gli Usa producono più dell’Arabia Saudita

Era un sorpasso annunciato, ma gli Stati Uniti dello shale oil sono riusciti a superare la produzione petrolifera dell’Arabia Saudita prima del previsto: il traguardo dei 10 milioni di barili al giorno è stato tagliato lo scorso novembre, Washington pensava che sarebbe accaduto a febbraio 2018.
Record anticipato dunque per gli Usa, che non estraevano tanto greggio dal lontano 1970: l’output ha raggiunto per la precisione 10,038 mbg secondo l’Energy Information Administration (Eia), che fa capo al dipartimento dell’Energia.
Nello stesso mese Riad si è fermata a 9,95 mbg, stima l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie). La Russia ha invece prodotto 11,33 mbg, confermandosi al primo posto nel mondo. Entrambi i Paesi stanno comunque tagliando volontaria la produzione, secondo gli impegni assunti nell’ambito dell’Opec Plus. Inoltre l’Arabia Saudita da sempre evita di estrarre alla massima capacità, per conservare una sorta di “cuscinetto” (la cosiddetta spare capacity) da impiegare in caso di emergenze, per contrastare sbalzi indesiderati del prezzo del petrolio. Riad, se volesse, sarebbe in grado di arrivare a 12,5 mbg.
Negli Usa il livello di produzione dipende esclusivamente dalle leggi del mercato, della tecnologia e – qualche volta – della natura. La forte accelerazione dell’output a novembre (+384mila bg rispetto a ottobre) dipende in buona parte anche dal ritorno in attività dei pozzi offshore del Golfo del Messico, che erano stati fermati a causa dell’uragano Nate.
I giacimenti in quell’area – di petrolio convenzionale – sono tutt’altro che estranei alla formidabile crescita della produzione Usa. Proprio ieri peraltro Royal Dutch Shell, insieme a Chevron, ha annunciato una scoperta nel Golfo del Messico che afferma essere «una delle più grandi nell’ultimo decennio», tra quelle effettuate dalla compagnia stessa.
Lo shale oil resta comunque il motore principale del ritorno degli Usa al rango di super-potenza petrolifera. Dal 2014 grazie al fracking Washington ha aumentato l’output di greggio di ben 2,4 mbg. Col rally del petrolio la produzione è tornata a correre e l’Aie prevede una crescita «esplosiva» nei prossimi mesi, che porterà a superare anche la Russia.
.@SissiBellomo