Il Sole 24 Ore, 1 febbraio 2018
Tempi biblici per lo sdoganamento. A Rotterdam (Olanda) bastano 48 ore, in Italia si può giungere fino a 10 giorni
Secondo i dati di Fedespedi (la federazione delle imprese di spedizioni internazionali), nel porto olandese di Rotterdam un container viene sdoganato in 48 ore al massimo. In Italia, nella migliore delle ipotesi, ci vogliono tre o quattro giorni, che possono diventare sette o 10 ad agosto o dicembre.
In Italia, per sbrigare fino a 68 istanze che coinvolgono fino a 18 amministrazioni (fonte: Agenzia delle Dogane) c’è un funzionario ogni 4.957 container. A Rotterdam uno ogni 9.068. «Questo scenario – spiega al Sole-24 Ore Giuseppe Nucera, presidente di Confindustria Reggio Calabria – determina un vantaggio competitivo degli scali del nord europa».
La concorrenza mediterranea, europea ed internazionale sarà sempre più agguerrita. Secondo lo studio “Top 100 container ports 2016”, pubblicato nel luglio 2017, realizzato dagli analisti di Lloyd’s List e riferito al traffico 2015, il porto di Genova ha scalato due posizioni e si è attestato al 71° posto, mentre Gioia Tauro è al 64° in lista. Al vertice della classifica mondiale restano gli scali asiatici con Shanghai (35 milioni di teu), Singapore (31 milioni di teu) e Shenzhen (24 milioni di teu). Per trovare il primo porto europeo si deve arrivare all’undicesima posizione, con Rotterdam.
Per decollare (parola che da queste parti risuona invano da decenni), il porto di Gioia Tauro deve dunque creare attività alternative e complementari al solo transhipment, visti i fortissimi rischi di instabilità, dovuti al fatto di dipendere quasi totalmente dal volere dei terminalisti e/o delle compagnie marittime a cui le prime fanno capo. Per uscire dalla “trappola”,Nucera indica due strategie parallele: la zes (sta arrivando) e il collegamento ferroviario lungo la direttrice tirrenica ed adriatica per consolidare i possibili flussi di merci verso i bacini di consumo del Mezzogiorno e del Centro-Nord. Per quanto riguarda il traffico non containerizzato, spiega Nucera, «specifiche attività possono essere sviluppate nei porti del sistema calabrese che si affacciano sulla costa ionica e che costituiscono basi ideali per i “ro-ro” (trasporto con modalità di imbarco e sbarco di veicoli gommati e di carichi, disposti su pianali o in contenitori, caricati e scaricati, ndr) lungo le direttrici dal Maghreb alla Turchia ed alla Siria ed i Balcani».
La duplicazione delle funzioni (un tempo accentrate nel solo ministero della Marina mercantile) fra più di 20 amministrazioni a cui sono delegati i controlli sulla merce e sulla nave in porto, genera disfunzioni a catena.
Gioia Tauro rappresenta un caso emblematico. Un numero crescente di spedizionieri internazionali impone alle compagnie di navigazione l’esclusione del porto calabrese dall’elenco dei porti dove sbarcare la merce, a causa dei controlli più numerosi rispetto a quanto accade nei porti concorrenti: 13.803 ispezioni sui container, pari al 2% di tutti i container movimentati, quando a Valencia si ispeziona l’1% del traffico, ad Algesiras lo 0,2% e al Pireo lo 0,01%. Con un risultato paradossale: a Gioia Tauro nel 2014 sono stati sequestrai 4.966 chili di droga, contro i 26.700 della Spagna dove, come detto, il numero dei controlli è infinitamente inferiore (fonte Federagenti, Federazione nazionale degli agenti e raccomandatari marittimi).