31 gennaio 2018
APPUNTI SUL DISCORSO DI TRUMP PER GAZZETTA
GIUSEPPE SARCINA, CORRIERE.IT –
Questa volta i sondaggi danno ragione a Donald Trump: a mezzanotte americana la Cnn diffonde i dati sulle reazioni degli spettatori. Il 48% ha «reagito molto positivamente» al primo «Discorso sullo Stato dell’Unione» e il 62% pensa che «il Paese si stia muovendo nella giusta direzione». La scelta migliore è stata quella degli ospiti, degli invitati a seguire le parole del presidente dalle tribunette della Camera dei Rappresentanti.
Gli ospiti
Le loro storie, intense, sofferte, spesso eroiche, hanno emozionato l’intero Congresso. Democratici e repubblicani: tutti in piedi ad applaudire Preston Sharp, il ragazzino di 12 anni, che ha mobilitato la comunità di Redding, in California, per portare un garofano e una bandiera a stelle e strisce sulle tombe spoglie dei veterani. Oppure Ryan Holets, il ventisettenne poliziotto di Albuquerque e sua moglie: hanno quattro figli, ma hanno adottato il neonato di un’eroinomane. La regia della Casa Bianca ha voluto questi e tanti altri esempi per mostrare come il Paese sia ricco di virtù, di talenti, di speranza.
I successi rivendicati
Partendo da qui, il presidente ha parlato sia al Congresso che all’opinione pubblica americana. Poco o per niente al resto del mondo. Come previsto ha rivendicato i successi economici: «2,4 milioni di nuovi posti»; ha citato gli investimenti delle aziende, Apple, Fiat-Chrysler, Toyota eccetera. Tutto merito delle nuove politiche, a cominciare dal taglio delle tasse che sta spingendo le imprese ad aumentare gli stipendi a «milioni di lavoratori». Ci sarà tempo e modo per discutere su tutte queste cifre. Ma non ora. Trump si rivolge direttamente agli spettatori che seguono in diretta tv: «Questo è il nostro nuovo ‘American moment’. Non c’è mai stato un tempo migliore per cominciare a vivere il “sogno americano”. Così dico a ogni cittadino che sta guardando la tv stasera: non importa chi tu sia stato finora o dove tu viva. Questo è il tuo momento. Se lavorate duro, se credete in voi stessi, se credete nell’America, allora potete sognare qualsiasi cosa, potete fare qualsiasi cosa e, insieme, possiamo raggiungere qualsiasi obiettivo». Toni lirici, concilianti, con un graffio trumpiano per i giocatori di football (non citati esplicitamente) che si inginocchiano, in segno di protesta, quando viene eseguito l’inno americano.
Mano tesa ai democratici
Lo «speech» diventa, invece, pragmatico, quasi un negoziato in diretta, quando The Donald si rivolge ai democratici. Offre un piano bipartisan da 1500 miliardi di dollari «per costruire strade, ponti, ferrovie, acquedotti in tutto il Paese». Proposta accettata da un applauso corale. Quindi l’immigrazione. Il presidente rilancia il suo progetto formato da «quattro pilastri»: il Muro, la fine dei visti concessi con la lotteria, l’interruzione delle riunificazioni familiari (qui fischi dal settore dei democratici), tutto ciò in cambio della cittadinanza per 1,8 milioni di Dreamers, i figli degli immigrati illegali. La trattativa è in corso da mesi. La prossima scadenza è l’8 febbraio, se si vuole evitare un altro shutdown, la paralisi del governo federale. Ma Trump propone altre aperture, anche a sorpresa. Chiede ai democratici «di lavorare insieme» per ridurre i costi dei farmaci, per contrastare la diffusione delle droghe, per riformare le regole carcerarie e «dare ai detenuti che hanno scontato la loro pena, una seconda possibilità», di assicurare ai malati terminali l’accesso a trattamenti sperimentali, di istituire i congedi parentali. Insomma un programma sui diritti civili e sociali da libertario. Il trumpismo ritorna, però, con la linea dura sull’immigrazione clandestina, con i rinforzi di polizia per contrastare le gang criminali e soprattutto per mantenere aperta la prigione di Guantanamo destinata ai terroristi.
La politica estera
Il capitolo sulla politica estera è agile, complementare in questa occasione. Il presidente non slitta dall’impostazione del documento ufficiale sulla Sicurezza nazionale, presentato qualche settimana fa. Cina e Russia, sono «gli avversari», ma non si va oltre il titolo. Certo gli accordi commerciali devono essere «equi» e con «vantaggi reciproci». Nessun accenno, però, a misure concrete, a nuovi dazi o ad altri tipi di ritorsione. Men che meno nessun riferimento al «Russiagate», le manovre del Cremlino per danneggiare Hillary Clinton nelle presidenziali. Iran e Corea del Nord guidano la lista dei «Paesi canaglia». Ma anche qui poche novità. La chiusura è di nuovo nel segno del patriottismo, con l’elogio ai militari, alle forze di polizie. Altri applausi corali, naturalmente.
La replica di Joe Jennedy III
Con una notazione finale interessante: il presidente cita i principali monumenti della capitale, tenendo insieme il grande obelisco di George Washington, di Jefferson, di Lincoln e, non era scontato, di Martin Luther King. Poco dopo, sempre in diretta televisiva dal Massachussets, ecco la replica democratica, affidata al deputato Joe Kennedy III, il trentasettenne nipote di Bob Kennedy. Quindici minuti fluidi e molto intensi. Frase chiave: «Questo presidente vuole costruire il Muro? Lo faccia, la mia generazione lo butterà giù».
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PAOLO MASTROLILLI, LASTAMPA.IT –
«Questo è il nostro Nuovo Momento Americano. Non c’è mai stato un periodo migliore per iniziare a vivere il sogno americano». Sono le parole con cui Donald Trump ha cercato di imprimere una svolta alla sua presidenza, usando il discorso sullo stato dell’Unione pronunciato ieri sera al Congresso per rivendicare i successi del primo anno, e riunificare il paese sulla base degli obiettivi da raggiungere nel prossimo. Il capo della Casa Bianca però non ha annunciato novità politiche sostanziali, appellandosi invece affinché l’opposizione democratica accetti i suoi piani per ricostruire le infrastrutture degli Stati Uniti e cambiare il sistema dell’immigrazione.
I consiglieri di Trump avevano annunciato che il discorso avrebbe avuto un tono più moderato, come quello tenuto al forum economico di Davos, e così è stato. Il presidente ha rivendicato i progressi economici, attribuendoli alla riforma fiscale e alla riduzione delle regole che frenano le imprese. Ha citato la rinascita dell’industria automobilistica, elogiando in particolare la decisione della Fiat Chrysler di spostare una fabbrica dal Messico agli Stati Uniti. Quindi ha elencato i prossimi obiettivi, concentrandosi in particolare su un piano per le infrastrutture da 1,5 trilioni di dollari, e sulla riforma dell’immigrazione. Il presidente ha ribadito di voler offrire la cittadinanza a 1,8 milioni di dreamers, ossia illegali portati negli Usa dai genitori quando erano bambini, ma in cambio chiede la costruzione del muro lungo il confine con Messico, l’eliminazione della lotteria per l’assegnazione delle carte verdi, e la “chain migration”, cioé la possibilità degli immigrati legali di sponsorizzare i famigliari. «Questa sera - ha detto - tendo la mano aperta per lavorare con i membri di entrambi i partiti, democratici e repubblicani, per proteggere i nostri cittadini, di ogni origine, colore, religione e credo».
Trump non ha fatto alcun riferimento al “Russiagate”, nonostante il procuratore speciale Mueller voglia interrogarlo, dedicando la piccola parte del discorso riservata alla politica estera soprattutto alla Corea del Nord e alla necessità di neutralizzare la sua minaccia nucleare. Uno dei momenti più forti, infatti, è stato quando il presidente ha salutato Fred e Cindy Warmbier, i genitori di Otto morto dopo la brutale detenzione a Pyongyang, e il fuggitivo Ji Seon-ho, scappato dal regime di Kim. Ha rivendicato i successi ottenuti contro l’Isis, annunciando la decisione di tenere aperta la prigione di Guantanamo, e ribadito le richiesta di un sistema di commerci globali equo.
La First Lady Melania ha partecipato al discorso, insieme agli invitati che servivano a sottolineare i temi più importanti, ma è arrivata a Capitol Hill da sola, senza accompagnare il marito.
I democratici non hanno apprezzato il discorso o accettato le aperture, restando per la maggior parte del tempo seduti e in silenzio. Diverse parlamentari si sono vestite di nero, per solidarietà verso il movimento Me Too che denuncia gli abusi sessuali contro le donne. La loro risposta è che Trump ha usato un tono più moderato, ma per promuovere le politiche di sempre, e su questa base non ci sono i margini per la collaborazione.
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SI RIVEDE MELANIA AL FIANCO DI TRUMP – PAOLO MASTROLILLI, LASTAMPA.IT –
«Il piano è questo». Così la portavoce di Melania Trump, Stephanie Grisham, ha risposto ai giornalisti che le chiedevano se la first lady avrebbe partecipato al discorso sullo stato dell’Unione. L’incertezza nasceva dalle illazioni secondo cui la moglie del presidente era «infuriata» per la relazione del marito con la pornostar Stormy Daniels.
Qualche giorno fa il Wall Street Journal aveva rivelato la notizia, scrivendo che l’avvocato del capo della Casa Bianca aveva pagato 130.000 dollari all’attrice, per restare in silenzio sulla storia del 2006. Melania quindi aveva annullato il viaggio con Donald al forum economico di Davos, e invece era andata a visitare il Memorial dell’Olocausto, e poi era partita per una breve vacanza a Mar a Lago. In Florida di era rilassata alla spa del suo resort, evitando qualunque apparizione pubblica.
L’assenza al discorso sullo stato dell’Unione, però, sarebbe stata una scelta senza precedenti, che avrebbe scatenato le speculazioni sul futuro della coppia. Da qui la risposta di Grisham sui piani previsti per la First Lady. Poco dopo il discorso, però, Stormy Daniels era attesa al programma della Abc “Jimmy Kimmel Live!”, a conferma che questa vicenda non sparirà presto dall’orizzonte della Casa Bianca.
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IL POST –
Quando in Italia era la notte tra martedì e mercoledì, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha pronunciato al Congresso il suo primo discorso sullo stato dell’unione, il discorso annuale con cui – secondo la Costituzione – il presidente aggiorna i legislatori e i cittadini sulla situazione della nazione (visto che si era appena insediato, quello dell’anno scorso tecnicamente non era un discorso sullo stato dell’unione). Come sempre accade quando Trump si limita a leggere dal gobbo elettronico, senza divagare o andare a braccio, è stato un discorso normale: che ognuno può trovare più o meno condivisibile sulla base delle proprie idee ma che non sovverte standard e prassi democratiche vecchie secoli, né fa urlare i suoi avversari di indignazione.
«Niente urla, niente gesti grandiosi, niente citazioni del ‘terrorismo islamico’ o della ‘rete di banditi selvaggi’. Il Trump di stasera ha parlato semplicemente di ‘ISIS’, non ha mai citato i suoi avversari né i suoi critici. L’uomo arrivato al potere con una retorica aggressiva sembrava fosse stato sedato da un caldo bicchiere di latte», ha scritto il Washington Post. «Trump ha parlato senza staccarsi dal gobbo, restando insolitamente fedele al testo, limitandosi a promuovere i suoi obiettivi e parlare ambiziosamente della “forza della nostra famiglia americana”», ha scritto il New York Times.
È stato il discorso più lungo da quello di Bill Clinton nel 2000 ed è stato tutto incentrato sul tema della forza. Le proposte concrete di Trump al Congresso sono state soprattutto due: una sull’immigrazione e una sulle infrastrutture. Entrambe sono state presentate con evidenti appelli ai Democratici perché collaborassero con i Repubblicani, appelli che sono stati accolti in aula con scetticismo e incredulità. Anche lo scorso anno Trump al Congresso aveva detto che «il tempo per le sciocche litigate è finito», ma non appena si era staccato dal gobbo elettronico era tornato tutto come prima.
Trump ha chiesto un investimento sulle infrastrutture da 1,5 migliaia di miliardi di dollari: un grosso aumento della spesa pubblica che sarebbe visto con qualche fastidio dai Repubblicani più estremisti, ma su cui Trump spera di convincere almeno parte dei Democratici, senza i quali al Senato è difficile arrivare all’approvazione di quasi qualsiasi cosa. Sull’immigrazione, invece, ha proposto un “equo compromesso” che preveda la possibilità di dare la cittadinanza ai cosiddetti dreamers, cioè gli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini e per ora protetti dalle espulsioni, ma anche la costruzione del muro e il rafforzamento delle pattuglie al confine. Parlando dell’immigrazione, Trump ha citato le storie di alcune persone aggredite o uccise da immigrati irregolari, alludendo alla possibilità che tra i dreamers ci siano narcotrafficanti e membri di gang criminali e facendo così infuriare i Democratici.
Fedele al suo slogan “America First”, la politica estera è stata quasi assente dal discorso. Trump ne ha parlato soltanto nella parte finale, annunciando tra le altre cose di aver firmato un ordine per tenere aperta la controversa base militare e prigione di Guantanamo, che il suo predecessore Barack Obama aveva tentato a lungo e con fatica di chiudere – non ci riuscì a causa dei Repubblicani – e poi di svuotare dei suoi prigionieri. Trump ha detto che l’ISIS è stato sostanzialmente cacciato da Iraq e Siria e poi, parlando della Corea del Nord, ha aggiunto che «l’esperienza ci insegna che gli atteggiamenti compiacenti e le concessioni incentivano le loro aggressioni e provocazioni. Non ripeterò gli errori delle passate amministrazioni, che ci hanno messo in questa posizione pericolosa» e ha ricordato Otto Warmbier, lo studente americano morto dopo essere stato arrestato in Corea del Nord, i cui genitori erano in aula.
«Il mio dovere, il sacro dovere di ogni persona eletta in quest’aula, è difendere gli americani: proteggere la loro sicurezza, le loro famiglie, le loro comunità e il loro diritto al sogno americano. Perché anche gli americani sono dreamers», ha detto Trump in uno dei passaggi centrali del suo discorso. Entusiasta per i “successi straordinari” ottenuti dalla sua amministrazione durante quest’anno, e sempre restando alla larga dalla sua retorica nazionalista più forte e dagli attacchi ai suoi avversari, Trump ha chiesto ai parlamentari di «mettere da parte le differenze e cercare un terreno comune per servire il paese», perché «questo è davvero il nostro nuovo momento americano. Non c’è mai stato un momento migliore per vivere il sogno americano. Lo stato dell’unione è forte perché le persone americane sono forti».
Non c’è giornale o analista statunitense che dopo il discorso non abbia espresso dubbi sulla sua sincerità e sulla praticabilità politica della strada unificante e moderata indicata da Trump, visto che non c’è stata alcuna svolta nel modo ostile con cui la Casa Bianca concretamente ha trattato con i Democratici, ed è azzardato pensare che le cose possano cambiare ora, con l’inizio della campagna elettorale in vista delle elezioni di metà mandato. Anche perché, pur restando sobrio nei toni e in gran parte dei contenuti, Trump anche stanotte ha detto un numero rilevante di bugie: ha detto che gli Stati Uniti sono un paese esportatore di energia (falso), che gli stipendi hanno finalmente ripreso a salire (falso, salivano già), ha detto che la sua riforma fiscale ha portato ai tagli più radicali di sempre (falso) e a «migliaia e migliaia di dollari di bonus per ogni lavoratore» (falso).
«Il presidente Trump ha deciso di darsi una calmata», ha scritto Politico, «ma tutti si chiedono quanto durerà. L’uomo che si insediò parlando tetramente del “massacro americano” ha tentato stanotte di offrire l’immagine di un’America unita come “una squadra, un popolo, una famiglia” per convincere un’opinione pubblica scettica che lui è il leader stabile che può unire una nazione divisa». Questo cambio di tono riflette il cambiamento delle condizioni politiche a Washington: «senza l’aiuto dei Democratici, i Repubblicani non hanno grandi speranze di ottenere vittorie legislative, e molti nel suo partito sono preoccupati in vista delle elezioni di metà mandato».
Il “sopravvissuto designato” di stanotte è stato Sonny Perdue, segretario dell’Agricoltura. Come sanno gli spettatori di Designated Survivor – ma i lettori del Post lo sanno da prima – ogni volta che un presidente si rivolge al Congresso in seduta plenaria c’è un solo membro del governo che non partecipa all’evento: se ne sta da un’altra parte, in una località sconosciuta e sicura, pronto a guidare la nazione se dovesse accadere il patatrac. Che patatrac? Il punto è che durante il discorso tutti i deputati, tutti i senatori, tutti i membri del governo, i giudici della Corte Suprema, il presidente e il vicepresidente degli Stati Uniti sono riuniti nello stesso posto. Per quanto il Congresso sia blindato e super protetto, si tratta di una circostanza piuttosto pericolosa: in caso di attentato, esplosione, bombardamento, aereo di linea dirottato, eccetera, gli Stati Uniti si troverebbero decapitati, privi di qualsiasi forma di autorità nazionale riconosciuta.
La pratica è stata istituita durante la Guerra fredda, nel timore di un attacco nucleare. Durante il discorso sullo stato dell’unione, al designated survivor viene assegnato un servizio di protezione speculare e identico a quello solitamente riservato ai presidenti, compreso un accompagnatore che porta con sé la famosa valigetta con i codici nucleari. In momenti particolarmente complicati della storia degli Stati Uniti, il designated survivor è stato addirittura il vicepresidente, così da assicurare al paese una leadership forte in caso di catastrofe: nel 2001, durante il discorso del presidente Bush in seguito agli attentati dell’11 settembre, il designated survivor fu il vice presidente Dick Cheney.
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MATTIA FERRARESI, IL FOGLIO.IT –
Il Trump del teleprompter, parente lontanissimo del Trump di Twitter, ha annunciato un “nuovo momento americano” in un discorso che, com’era previsto, ha dato ampio spazio all’ottimismo, all’orgoglio, alla resilienza del popolo americano e non ha mancato di offrire un elenco puntuale di tutte le missioni compiute e dei record battuti nel primo anno dell’Amministrazione Trump, dalla crescita economica portentosa alla deregolamentazione passando per i miracoli del “carbone pulito” fino alla nomina di giudici che “interpretano la costituzione così com’è scritta”.
A Davos aveva detto che “non c’è mai stato un momento migliore per assumere, costruire, investire e crescere negli Stati Uniti”, nel discorso sullo stato dell’unione ha portato il concetto fuori dagli argini della sola economia: “Non c’è mai stato un momento migliore per vivere il sogno americano”, passaggio condito da un gioco di parole molto ritwittato: “Anche gli americani sono dreamers”. Lo stato dell’unione è dunque “forte perché la nostra gente è forte”, ha detto il presidente nell’annuale discorso liturgico che secondo qualunque sondaggio e rilevamento non sposta consensi né dà indirizzi politici, ma può contribuire, nel tempo, a sedimentare impressioni e orientamenti sulla figura presidenziale. E l’impressione che Trump ha voluto trasmettere è quella del presidente che traffica con la speranza ed è capace di unire una nazione che è finalmente tornata grande. L’èra retorica della paura, della distruzione, delle paludi da dragare e dei giornalisti da incriminare sembra chiusa, almeno nelle uscite ufficiali.
Annunciato, e ormai inevitabile, l’abito nero con spilletta delle ospiti democratiche, in perfetto contrasto con il candore della first lady, Melania, la “sfinge slovena” (copyright Maureen Dowd) che per la prima volta dall’inizio dell’anno si è mostrata assieme al marito. Anche se i due sono arrivati a Capitol Hill in automobili separate. Come da tradizione, il presidente ha usato le storie di alcuni ospiti per infondere vita ed emozioni al discorso: sono apparsi così i genitori di due sorelle uccisi da membri della gang MS-13 entrati nel paese con un programma di protezione per i minorenni non accompagnati, un dissidente nordcoreano, una famiglia che ha adottato il figlio di una donna tossicodipendente, i genitori dello studente americano morto dopo essere stato imprigionato e torturato in Corea del nord e altri costruttori di sentimenti di unità nazionale. Il discorso è spesso l’occasione anche per avanzare nuove proposte in agenda, e Trump si è mosso su tre fronti. Sull’immigrazione, ha rilanciato il compromesso per concedere l’accesso alla cittadinanza a quasi due milioni di clandestini in cambio di misure per regolare la sicurezza al confine; ha lanciato un piano infrastrutturale da 1.500 miliardi di dollari e ha firmato un ordine esecutivo per tenere aperto il carcere speciale di Guantanamo, aprendo alla possibilità che diventi la destinazione per altri detenuti.
Galvanizzato dalla nuova identità di leader positivo, Trump ha fatto una cavalcata interminabile: il discorso è durato un’ora e venti minuti, poco meno del record stabilito da Bill Clinton nel suo ultimo discorso sullo stato dell’unione. Quel testo, però, era lungo circa il doppio di quello di Trump, che ha fatto pause e indugiato ad ogni riga per dare l’attacco per l’applauso ai repubblicani, che non hanno perso occasione. Spesso anche Trump si è applaudito da solo.
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ANNA LOMBARDI, REPUBBLICA.IT –
"Questo è il nuovo momento americano. Non c’è mai stato un momento migliore per vivere l’American Dream". È all’insegna dell’ottimismo a stelle e strisce il primo Stato dell’Unione pronunciato da Donald Trump, il tradizionale discorso con cui i presidenti americani fanno il punto sulle condizioni del Paese e tracciano l’agenda a venire davanti al Congresso a sezioni unificate. "Lo stato dell’Unione è solido. L’America è solida. L’America è forte come non è stata mai". Disoccupazione ai minimi, record di Wall Street e quella riforma delle tasse varata poco prima di Natale: il presidente passa subito al sodo "Da quando abbiamo introdotto i tagli fiscali già 3 milioni di lavoratori hanno ottenuto i loro bonus. E per alcuni si tratta di diverse migliaia di dollari"
Cravatta azzurra e abito scuro, Donald Trump lascia la Casa Bianca alle 8.45 di sera con i fogli del discorso stretti in mano: solo, notano i reporter dei maggiori canali tv. Melania dunque ancora arrabbiata per la storiaccia della pornostar Stormy Daniels con cui suo marito avrebbe avuto una storia mentre lei partoriva. Grande assente a Davos, la first lady fa il suo ingresso in Campidoglio dopo i giudici della Corte Suprema e subito prima dei membri del governo. Il volto è radioso, scintillante in un pantsuit che a molti non sfugge: fu la divisa di Hillary Clinton. Bianco: come il bianco della bandiera. Ma anche come il colore delle suffraggette. O semplicemente bianco "Melania" per distinguersi dalle senatrici democratiche vestite di nero come le attrici dei Golden Globes, per protesta contro un presidente accusato, pure, di molestie.
"Stiamo costruendo un’America forte, solida e sicura". Donald Trump sale sullo scranno del Congresso, il vicepresidente Mike Pence e lo speaker Paul Ryan alle spalle, quando a Washington le nove sono appena passate da otto minuti. Applaude anche lui prima di iniziare quello che tecnicamente è il suo primo discorso dello Stato dell’Unione, visto che quando pronunciò quello dell’anno scorso era in carica da soli 40 giorni ed era solo una dichiarazione d’intenti. Anche all’epoca giocò la carta dell’ottimismo dicendo che "ciò che non funziona potrà essere aggiustato": sorprendendo tutti a pochi giorni dal discorso inaugurale dove aveva invece parlato di "carneficina americana". Salvo poi rovinare il messaggio twittando, poche ore dopo aver quelle sagge parole, contro il predecessore Barack Obama accusato di intercettazioni illegali.
Per l’occasione The Donald ha preso appunti per mesi: mandando centinaia di frasi, nomi e spunti allo staff che ha poi scritto la stesura finale, cercando di dare un’impronta da statista gentile: che invita fin dalle prime battute all’unità. "Abbiamo affrontato fiamme e uragani: dimostrato l’acciaio della nostra spina dorsale", esordisce il presidente introducendo il primo dei suoi ospiti, una donna della guardia costiera che durante l’uragano Harvey ha salvato decine di vite. Lancia così il primo dei molti ramo d’ulivo tesi ai democratici: "Non possiamo unirci solo in occasione delle tragedie" dice mentre le telecamere inquadrano l’ex speaker del Congresso, Nancy Pelosi, impassibile nel suo abito nero. The Donald insiste: "Nessuno è determinato quanto noi americani: se c’è una opportunità la prendiamo. Per questo stasera, voglio parlare del tipo di futuro che avremo, del tipo di nazione che saremo. Noi, insieme, una squadra, un popolo, una famiglia americana".
L’invito a essere uniti però stride con l’immagine concreta di mezza sala che dedica una standing ovation ad ogni frase di Trump e l’altra che resta ostinatamente seduta in silenzio, specchio di un Congresso più diviso che mai. Che nonostante i tre giorni di shutdown è ben lungi dal trovare un accordo sulla questione dei dreamers, i giovani clandestini portati in America da bambini a cui The Donald ora offre cittadinanza, sì, ma in cambio di 25 milioni di dollari per costruire il muro promesso in campagna elettorale.
"Colmeremo le divisioni partigiane nel secondo anno di presidenza" insiste il presidente. Che pure sa bene che con l’indagine sul Russiagate sul tavolo, l’anno delle elezioni di midterm sarà politicamente cattivissimo. Eppure insiste: "Insieme democratici e repubblicani, proteggeremo i nostri cittadini, di ogni background, di ogni fede e colore".
L’economia innanzi tutto: la riforma che rilancia l’industria - cita Apple, cita Chrysler. E dopo le aziende, le infrastrutture: "L’America è una nazione di costruttori: abbiamo elevato l’Empires State Building in un anno: non possiamo mettercene dieci per fare una strada". L’atmosfera è un crescendo: il discorso continuamente interrotto dagli applausi che ormai anche lui dedica apertamente a sé stesso parlando di energia: "è finita la guerra al carbone americano bello e pulito". E poi di fede ("difenderemo il secondo emendamento e la libertà religiosa"), di carceri ("daremo una seconda chance") di istruzione ("faremo scuole di vocazione") di sanità ("estenderemo il diritto alla cura dei malati terminali, abbasseremo il prezzo dei farmaci").
Finalmente parla d’immigrazione: "Siamo una nazione che ha compassione e ha sempre aiutato il mondo. Ma come presidente la mia lealtà è per le comunità dimenticate d’America. È per i poveri dimenticati d’America". In pratica chiede al Congresso la proposta messa sul banco: cittadinanza a 1,8 milioni di clandestini in cambio di 25 miliardi di dollari per erigere il muro: "Il mio dovere è proteggere il sogno americano. Perché gli americani sono dreamers anche loro". Sognatori, sì: come i ragazzi che molti democratici hanno deciso di portare con loro, sfidando le minacce del repubblicano Paul Gosar che su Twitter chiede alla polizia di arrestare gli illegali al Congresso.
Eccola l’America Great Again di Trump, il mondo nuovo che guarda al passato: "Dividiamo tutti la stessa casa, lo stesso destino, la stessa bandiera. Riscopriamo i nostri valori, il modello è in god we trust. E quell’inno che onoriamo in piedi" dice senza perdere l’occasione di assestare una stoccata, a tre giorni dal Superbowl, a quegli atleti che così protestavano contro la violenza sugli afroamericani da parte della polizia.
E pazienza se i rapporti con il resto del mondo sono invece sempre più complicati: "autocompiacimento e concessioni invitano all’aggressione e alla provocazione. Non ripeterò gli errori delle passate amministrazioni" dice, annunciando che manterrà aperto Guantanamo. E facendo un breve cenno alle ambizioni nucleari della Corea del Nord e parlando di Cina e Russia come "rivali che sfidano i nostri interessi, i nostri valori e la nostra economia". Proprio nel giorno in cui però l’amministrazione annuncia che non ci saranno nuove sanzioni.
Il discorso è lungo, lunghissimo: dura 1 ora e venti. Ed è ancora parlando di sogni e sognatori che finalmente conclude: "La gente ha sognato questo paese, lo ha costruito e ora sta rifacendo l’America grande di nuovo". Il discorso sullo Stato dell’Unione del presidente americano Donald Trump è stato il più twittato della storia. Ad annunciare il record è proprio Twitter che ha rilevato come il discorso di quest’anno abbia oltrepassato addirittura prima della conclusione i 3 milioni di tweet. I momenti più twittati sono stati tre. Al primo posto il riferimento ad alzarsi orgogliosamente durante l’inno nazionale, al secondo il tema della riforma del sistema di immigrazione, al terzo la citazione della gang criminale MS-13.
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TRUMP ATTACCA MOSCA, PECHINO, IRAN E COREA – REPUBBLICA.IT –
"L’America ha finalmente voltato pagina su decenni di accordi commerciali iniqui che hanno sacrificato la nostra prosperità e portato via le nostre società, i nostri posti di lavoro e la nostra ricchezza nazionale", ha sottolineato, ad un certo punto del suo discorso al Congresso, il presidente americano. E poi ha parlato a lungo di immigrazione, energia, ma soprattutto di "nemici" che minacciano gli Usa, sia sul piano commerciale che su quello strettamente militare. Così, alla fine, ha chiesto al Congresso il via libera anche per un riarmo nucleare degli Stati Uniti.
Riarmo nucleare per le "minacce" russe, cinesi e nordcoreane
Donald Trump ha poi parlato delle Forze armate, proponendo un piano di ammodernamento e di rilancio degli arsenali nucleari. "Mosca e Pechino stanno minacciando ora la nostra economia, i nostri interessi e i nostri valori. Per questo - ha detto - dobbiamo rendere più forti le nostre Forze armate per dissuadere chiunque da qualsiasi aggressione contro l’America". Il presidente americano ha parlato anche della Corea del Nord: "Non possiamo permettere che ci siano complicità e concessioni verso un regime depravato che vuole distruggere gli Stati Uniti. Basta guardare al "carattere depravato" del leader nordcoreano per capire la natura della minaccia nucleare per gli Usa e i suoi alleati, mettendo in guardia contro la compiacenza e le concessioni. "Non farò gli errori delle precedenti amministrazioni ", ha ammonito. In aula presente anche la famiglia di Otto Warmbier, lo studente Usa presumibilmente torturato in Corea del nord e morto dopo essere stato rimpatriato.
"Questa notte chiedo al Congresso di approvare una legislazione che contribuisca ad assicurare che gli aiuti monetari degli americani servano sempre gli interessi dell’America e vadano solo agli amici degli Americani. Come parte della nostra difesa dobbiamo modernizzare e ricostruire il nostro arsenale nucleare, nella speranza di non doverlo mai usare, ma rendendolo cosi forte e potente per fare da deterrente a qualsiasi atto di aggressione. Forse un giorno in futuro ci sarà un momento magico - ha aggiunto - in cui i paesi del mondo si uniranno per eliminare le loro armi nucleari. Sfortunatamente non ci siamo ancora".
Lo scontro con l’Iran
Trump ha fatto poi esplicito riferimento all’accordo sul nucleare iraniano: "Quando il popolo iraniano ha protestato contro i crimini della loro corrotta dittatura non sono rimasto in silenzio. L’America sta con il popolo iraniano e la loro coraggiosa lotta per la libertà", chiedendo al Congresso di affrontare "le principali falle del terribile accordo nucleare".
Il piano per l’immigrazione.
"Le comunità in difficoltà, soprattutto quelle degli immigrati, trarranno beneficio dalle politiche per l’immigrazione che saranno incentrate sul miglior interesse dei lavoratori americani e delle famiglie americane. Nell’ultimo anno abbiamo cercato di ricostruire il legame di fiducia tra i nostri cittadini e il loro governo. Gli americani amano il loro Paese - ha osservato - e meritano un governo che dimostri loro, in cambio, lo stesso amore e lealtà". "E’ mio dovere proteggere gli americani, perché anche gli americani sono dreamers", facendo riferimento al modo in cui vengono definiti quegli immigrati irregolari che sono entrati negli Usa illegalmente da minori e la cui regolarizzazione è al centro de braccio di ferro politico in corso sulla riforma dell’immigrazione. "Per 30 anni Washington ha tentato e fallito nel risolvere questo problema. Questo Congresso può finalmente riuscirci". Così il presidente Donald Trump sfoggia ottimismo sulla riforma dell’immigrazione, elencando i pilastri del suo piano, ovvero la legalizzazione degli 1,8 milioni di ’dreamers’ (gli immigrati clandestini portati in Usa da piccoli) in cambio del finanziamento del muro, la fina della lotteria per i permessi di soggiorno e la concessione di permessi di immigrazione solo ai familiari più stretti degli immigrati residenti. Trump ha fustigato le "frontiere aperte" che sono costate "numerose vite".
Più forti anche all’estero.
"L’esperienza del passato ci ha insegnato che la compiacenza e le concessioni sono un invito alla provocazione e all’aggressione: non ripeterò gli errori delle precedenti amministrazioni che ci hanno portati in situazioni pericolose. Mentre ricostruiamo la forza e la fiducia dell’America a casa, stiamo ripristinando la nostra forza e la nostra posizione all’estero".
Stop alla guerra contro il carbone
"Abbiamo posto fine alla guerra contro l’energia americana e abbiamo posto fine alla guerra contro il carbone pulito. Ora siamo esportatori di energia nel mondo", ha sottolineato Trump. "Come promesso al popolo americano da questo stesso podio 11 mesi fa, abbiamo attuato i più imponenti tagli alle tasse e le più grandi riforme della storia americana".
Posti di lavoro e disoccupazione
"Dalle elezioni abbiamo creato 2,4 milioni di nuovi posti di lavoro, compresi 200.000 soltanto nel manifatturiero. Dopo anni di stagnazione, finalmente vediamo i salari aumentare": ha detto il presidente degli Stati Uniti. "Le richieste di disoccupazione hanno raggiunto livelli minimi da 45 anni. E qualcosa di cui sono molto orgoglioso: la disoccupazione fra gli afroamericani è ai minimi mai registrati. Anche quella fra gli islamici ha raggiunto livelli minimi nella storia. A tutti coloro che ci stanno guardando da casa: non importa dove siete stati o da dove venite, questo è il vostro momento, se lavorate sodo, se credete in voi stessi, se credete nell’America, potrete sognare tutto ciò che volete e diventare tutto ciò che desiderate. E insieme possiamo conseguire assolutamente qualsiasi cosa".
Il taglio fiscale
Donald Trump ha vantato "il più grande taglio fiscale della storia" ricordando che "da quando abbiamo approvato il taglio delle tasse circa tre milioni di lavoratori hanno già ottenuto bonus, molti dei quali di migliaia di dollari. Apple ha appena annunciato il suo piano per investire un totale di 350 miliardi di dollari in America e assumere altri 20 mila lavoratori". "Le aziende stanno tornando negli Usa, vogliono essere dove c’è l’azione", ha aggiunto. "Molte case automobilistiche stanno costruende ed espandendo i loro impianti negli Usa, cosa che non vedevamo da decenni. Chrysler sta spostando un grande impianto dal Messico al Michigan; Toyota e Mazda ne stanno aprendo uno in Alabama. Presto impianti apriranno in tutto il Paese. Queste sono tutte notizie che gli americani non sono abituati di sentire da anni. Aziende e lavoro se ne andavano, ma adesso stanno tornando, vogliono essere dove c’è l’azione".
Riduzione dei prezzi dei farmaci e cure sperimentali per i malati terminali.
Il presidente americano ha indicato come una delle sue "priorità top dell’anno" la riduzione dei prezzi dei farmaci, che in Usa generalmente sono molto più alti che nel resto del mondo. "E i prezzi andranno giù in modo sostanziale, controllate", ha assicurato Trump. E ha anche chiesto al Congresso di approvare in tempi stretti una normativa che preveda la possibilità di cure sperimentali non approvate dalla Food and drug administration per le malattie più gravi, per i malati terminali.
Silenzio sul Russiagate
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente americano Donald Trump non ha mai affrontato il tema delle interferenze russe nelle elezioni Usa nè quello delle indagini relative note come Russiagate.
Guantanamo resta aperta
Donald Trump ha scelto il giorno del suo primo discorso sullo stato dell’Unione per firmare un nuovo ordine esecutivo che annuncia la sua intenzione di tenere aperta la prigione di Guantanamo, che Barack Obama voleva chiudere. Lo ha annunciato la Casa Bianca, mentre il presidente Usa interveniva a Capitol Hill. "I terroristi non sono semplici criminali - ha dichiarato Trump - sono combattenti nemici illegali. In passato - ha spiegato - sono stati rilasciati centinaia di pericolosi terroristi, che poi abbiamo rivisto sui cambi di battaglia", compreso il leader di Isis Al-Baghdadi catturato nel 2004. "Per questo oggi mantengo un’altra promessa - ha annunciato - ordinando al ministro Mattis di riesaminare le nostre politiche sulla detenzione e di mantenere aperta la prigione di Guantanamo Bay".
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MARCO VALSANIA, ILSOLE24.IT –
Questo è l’inizio di un «Nuovo Momento Americano». Ancora: la nazione è «forte perchè la sua gente è forte». In un’ora e venti minuti e 5.200 parole - il terzo Discorso sullo Stato dell’Unione di tutti i tempi per lunghezza - Donald Trump ha tratto un bilancio all’insegna dell’ottimismo del suo primo anno alla Casa Bianca. Il Presidente si è impegnato a continuare a muso duro sulla sua strada che, ha detto, fa «grande l’America». Allo stesso tempo ha cercato di sfoderare toni più sobri e moderati, facendo appello a una nuova unità - d’un Paese e un Congresso divisi sulla sua presidenza - per affrontare temi scottanti in agenda, dall’immigrazione alla necessità di ricostruire infrastrutture in crisi. Ma quelle tensioni e spaccature, durante e dopo il Discorso, sono riverberate con prepotenza nell’aula di Capitol Hill, dove Trump è intervenuto davanti alle Camere riunite: agli applausi repubblicani si sono affiancati i silenzi - e a volte gli aperti dissensi - dell’opposizione democratica.
Economia
Trump ha snocciolato un elenco di dati positivi sull’espansione durante il suo mandato, a cominciare da 2,4 milioni di nuovi impieghi, 200.000 dei quali nel manifatturiero. Ha poi rivendicato l’importanza della riforma delle tasse che ha firmato: «Come avevo promesso, abbiamo realizzato il più grande taglio delle imposte nella storia americana. Il nostro massiccio taglio fornirà enormi benefici ai ceti medi e alle piccole imprese». In realtà gran parte degli sgravi vanno alle aziende, mentre l’esito della riforma per le famiglie appare dubbio. Il presidente ha anche promesso nuova spesa in qualificazione e addestramento al lavoro, nonostante ad oggi nella sua proposta di budget simili programmi del Dipartimento del Lavoro vengano falciati del 40 per cento.
Infrastrutture
Ha chiesto al Congresso una legge che smuova investimenti per 1.500 miliardi di dollari in infrastrutture, grazie a fondi pubblici ma in partnership con autorità locali e con privati. «L’America è un paese di costruttori. Abbiamo costruito l’Empire State Building in un solo anno. È una disgrazia che ora servano dieci anni per ottenere un permesso minore per una semplice strada. Chiedo ai due partiti di darci una sicura, veloce, affidabile e moderna rete infrastrutturale della quale la nostra economia ha bisogno e che la gente merita». Trump ha anche chiesto che vengano accelerate le autorizzazioni, a non oltre due anni e forse un solo anno. Qui il problema sono tuttavia le risorse federali al cuore del piano: la Casa Bianca aveva suggerito 200 miliardi, considerati pochi dai democratici e troppi dai conservatori.
Investimenti
Trump ha citato i nuovi investimenti annunciati in America da aziende quali Chrysler e altre case automobilistiche sotto le sue politiche. Ha citato Apple, ricordando che investirà 350 miliardi negli Stati Uniti e assumerà 20.000 dipendenti nei prossimi anni. E Exxon, che ha annunciato 50 miliardi in cinque anni. Il problema è che la cifra di Apple è una stima aziendale del “contributo” che darà all’economia, mentre i dati sugli investimenti diretti promessi, 30 miliardi, e sulle assunzioni, non hanno termini di paragone con anni passati, per i quali il gruppo non li ha mai rivelati. Nel mirino è anche il piano di Exxon: nei passati quattro anni ha investito più dei 50 miliardi ora indicati per i prossimi cinque.
Energia
Trump ha affermato ce “abbiamo messo fine alla guerra contro l’Energia americane e alla guerra contro il bellissimo carbone pulito. Siamo adesso un esportatore di energia”. Il Presidente non ha menzionato che il settore del carbone, in realtà, ha continuato a perdere terreno.
Salari e lavoro
Il Presidente ha rivendicato i primi segni di aumenti salariali. E ha stimato che tre milioni di lavoratori hanno ricevuto «premi legati agli sgravi delle tasse» varati dall’amministrazione. Rimane tuttavia da verificare se i salari sono davvero in aumento e se simili bonus si tradurranno in qualcosa di più che limitati pagamenti una tantum. Nel frattempo Trump ha anche chiesto al Congresso una legge per facilitare il licenziamento dei dipendenti federali.
Sanità
Trump ha promesso che ridurrà «significativamente i prezzi dei farmaci». Ha anche rivendicato di aver «cancellato l’essenza d Obamacare», la precedente riforma sanitaria che tuttavia resta in vigore seppur indebolita.
Commercio
Ha dedicato solo 78 parole su 5.200 al tema. Ed è rimasto generico: «L’era della resa economica è finita», gli accordi di interscambio saranno in futuro «giusti e reciproci». Vecchie intese verranno «corrette» e nuove verranno «negoziate». Le regole sul commercio verranno «fatte rispettare». Nessun riferimento al Nafta o all’Europa. Parole più dure sono state invece riservate a Russia e Cina, «che sfidano i nostri interessi, la nostra economia e i nostri valori».
Immigrazione
Qui sono scattate alcune delle affermazioni più controverse. Ha indicato di essere aperto a un compromesso, che legalizzi quindi gli immigrati illegali arrivati negli Stati Uniti da bambini (gli 1,8 milioni di cosiddetti Dreamers). Ma in cambio ha ribadito che occorre più sicurezza ai confini, il Muro con il Messico, nuovi limiti all’immigrazione su base familiare e fine della lotteria per i paesi sotto-rappresentati. Il presidente, per sostenere i suoi giri di vite, ha detto che oggi è possibile per un immigrato far arrivare un «illimitato numero di distanti parenti» (non è vero, solo coniugi, genitori e figli) e che la lotteria è incontrollata (ancora falso, chi la vince è sottoposto a lunghe verifiche). Soprattutto, Trump ha poi denunciato a lungo la brutale gang criminale MS-13 quale esempio drammatico del risultato dell’immigrazione clandestina e della necessità di chiudere «scappatoie». In realtà la gang nacque nelle spietate strade di Los Angeles degli anni Ottanta da regolari rifugiati centroamericani. Ha infine affermato che i cittadini americani sono a loro volta Dreamers e sono la sua priorità.
Politica Estera
Il capitolo finale del Discorso è stato dedicato, sollevando nuove, potenziali polemiche, al palcoscenico internazionale. Ha fatto notizia annunciando di aver firmato un ordine per tenere aperto il controverso carcere speciale di Guantanamo in funzione anti-terrorismo, rescindendo un ordine di Barack Obama del 2009 che ne prevedeva la chiusura. Ha poi dichiarato vittoria contro Isis: «Sono orgoglioso di riportare che la coalizione per sconfiggere Isis ha liberato quasi il 100% del territorio un tempo catturato da questi assassini in Iraq e Siria». Anche se «resta ancora molto lavoro da fare». Ma i toni più minacciosi li ha riservati ai Paesi che si sono opposti, in sede Onu, alla recente decisione americana di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. «I Paesi che ci hanno votato contro ricevono da noi venti miliardi di dollari di aiuti l’anno. Chiedo che il Congresso passi una legge che assicuri che i soldi in futuro vadano solo ai nostri amici, non ai nemici». Al Congresso ha inoltre domandato di «correggere il terribile accordo nucleare iraniano». Sulla Corea del Nord ha infine ribadito che gli Stati Uniti sono impegnati in una «campagna di massima pressione» per scongiurare il pericolo di suoi arsenali atomici.
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STORIA DI JI SEONG-HO – IL POST –
Tra gli applausi più rumorosi che si sono sentiti questa notte al Congresso degli Stati Uniti durante il discorso sullo stato dell’unione pronunciato da Donald Trump, ci sono stati quelli per Ji Seong-ho, un uomo nordcoreano con una storia incredibile. Si sono alzati tutti, Democratici e Repubblicani: si sono girati verso Ji, che ha ricambiato il saluto tenendo in mano le due stampelle di legno usate 12 anni fa per scappare dalla Corea del Nord. Ji se le porta sempre dietro, quelle stampelle. Dice che gli servono per ricordarsi che «si può raggiungere qualsiasi cosa, se non ci si arrende mai», una convinzione che sembra averlo aiutato a superare una serie di eventi incredibilmente violenti che gli sono successi durante la sua vita.
La storia di Ji inizia negli anni Novanta con la terribile carestia che uccise centinaia di migliaia di nordcoreani (secondo alcune organizzazioni umanitarie, i morti furono tre milioni). A quel tempo Ji andava alla scuola elementare. Come ha raccontato molti anni dopo all’Oslo Freedom Forum, in un evento organizzato dall’organizzazione Human Rights Foundation, la carestia uccise molti suoi compagni di classe e parenti: si cercava di sopravvivere alla fame mangiando erba, cortecce e topi. Qualcuno cominciò a rubare carbone estratto da una miniera che si trovava in mezzo alle montagne, vicino a casa di Ji, dove lavoravano i prigionieri politici di un campo di lavoro. Il carbone veniva venduto per comprare del cibo, quando andava bene: ma non sempre andava bene.
Anche Ji, sua madre e sua sorella più piccola, che al tempo aveva 12 anni, iniziarono a rubare carbone: salivano sul treno merci che dal campo dei prigionieri politici andava verso una centrale elettrica e si caricavano sulle spalle chili di carbone, cercando di non farsi vedere dai soldati che stavano di guardia al convoglio. Quando venivano scoperti, venivano picchiati fino a rompere loro le ossa.
La mattina del 7 marzo 1996, quando aveva 14 anni, Ji salì sul treno numero 4031, dove molta altra gente disperata stava cercando di portarsi via un po’ delle 60 tonnellate di carbone che erano state caricate a bordo. A un certo punto Ji, che non mangiava da giorni, perse i sensi. Si risvegliò sui binari: il treno era passato sulla sua gamba sinistra, che era rimasta attaccata al resto del corpo solo con un tendine: «Provai a fermare il sangue afferrando la mia gamba, ma mi accorsi che tre dita della mia mano sinistra erano state tranciate, mi usciva il sangue anche da lì». Ji cominciò a urlare e piangere finché non fu trovato dalla sorella, che lo avvolse con una sciarpa e aspettò insieme a lui l’arrivo dei soccorsi. Faceva molto freddo, ha raccontato Ji, le temperature erano attorno allo 0. Fu salvato da un uomo che lo portò all’ospedale locale.
Qui fu operato, senza che fosse disponibile del sangue per le trasfusioni, e senza anestesia. Nel suo discorso all’Oslo Freedom Forum, Ji ha raccontato, molto emozionato, cosa successe dopo:
«Ancora oggi ricordo vividamente il suono della sega che mi tagliava l’osso della gamba e le vibrazioni che generava, che attraversavano il resto del mio corpo. Mi ricordo ancora cosa provai quando usarono un piccolo bisturi per rifilare l’osso frantumato. Posso ancora sentire il suono che faceva il mio sangue che gocciolava nella bacinella messa sotto al tavolo operatorio. Mi ricordo ancora il suono della mia carne mentre veniva incisa e quello degli schiaffi che mi dava il medico per costringermi a rimanere sveglio ogni volta che ero sul punto di svenire»
Dopo l’operazione fu mandato a casa, ma la sua famiglia non aveva i soldi per comprare le medicine. Per diversi mesi Ji visse con un dolore intenso e costante, con il senso di colpa di essere diventato un peso per la sua famiglia, e pensò più volte di uccidersi. Un giorno provò ad andare a cercare del riso superando il confine con la Cina, ma fu scoperto dai nordcoreani, che gli dissero che era una vergogna per la Corea del Nord perché era disabile. Poi lo torturarono. Ji decise così di scappare dal paese, insieme al fratello.
Dopo avere salutato il padre, andò verso nord e superò il fiume Tumen, al confine tra Corea del Nord e Cina. Qui rischiò di annegare ma fu salvato dal fratello. Attraversò buona parte della Cina, verso sud, sfruttando una rete ferroviaria in disuso, attraversò il Laos e la Birmania, fino ad arrivare in Thailandia, tutto con le stampelle e in condizioni di salute estremamente precarie: «Sentivo così tanto dolore che volevo morire, letteralmente. Riuscivo solo a piangere e odiare il fatto di essere nato in Corea del Nord». Ji arrivò in Corea del Sud nel luglio 2016, in aereo, 10 anni dopo il terribile incidente del treno. I medici sudcoreani lo curarono e il governo gli diede delle protesi. Nel frattempo erano scappate dalla Corea del Nord anche la madre e la sorella. Il padre era stato torturato dai soldati nordcoreani che volevano sapere dove fossero i suoi figli, ed era morto per le ferite riportate.
Dopo essersi ripreso, Ji fondò un gruppo chiamato Now, Action and Unity for Human Rights, che cominciò ad aiutare i profughi nordcoreani in Cina portandoli in Corea del Sud e a trasmettere messaggi radio in Corea del Nord su temi come libertà e democrazia. Oggi Ji ha 35 anni, sta studiando l’inglese e ha cominciato a viaggiare negli Stati Uniti per raccontare della situazione dei diritti umani in Corea del Nord. E ieri notte ha ricevuto uno degli applausi più forti e rumorosi di tutto il discorso sullo stato dell’unione di Trump, da tutto il Congresso degli Stati Uniti.
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FRANCO BECHIS, FORMICHE.NET –
“Tutte balle”. Non usa mezzi termini Alan Friedman, celebre giornalista e scrittore americano, quando gli chiediamo la sua opinione sul discorso sullo Stato dell’Unione del presidente americano Donald Trump. Dietro il velo di rassicurante paternalismo intriso nelle parole di Trump, commenta Friedman ai microfoni di Formiche.net, si cela una realtà preoccupante, quella di un Paese dove “è in corso una guerra civile”, che il presidente ignora perché può contare su un “40-45% di elettorato che gli crede, qualunque cosa lui dica”.
Alan Friedman, cosa pensa del discorso di Trump sullo Stato dell’Unione?
Un discorso banale e pieno di falsità. Banale perché Trump non ha fatto altro che ripetere “Make America Great Again”, auto-complimentandosi mille volte sulla Borsa di Wall Street. E poco credibile, soprattutto quando ha detto di volere un accordo sugli immigrati: tutte balle. La verità è che Trump ha letto un discorso da teleprompter facendo lo statista, ovviamente senza riuscirci, e cercando di rimanere calmo e non dire parolacce.
Dove sono emerse più chiaramente queste falsità?
Uno dei tanti momenti di finzione c’è stato quando ha parlato dell’importanza nella vita di un americano del binomio “Fede e famiglia”. Nel frattempo sua moglie Melania non si è alzata in piedi, come normalmente si fa: in America si specula che la sua reazione sia dovuta alla rivelazione di qualche giorno fa di un pagamento di 130.000 dollari da parte di Trump a una porno attrice per nascondere l’ennesima storia d’amore illecita.
Cosa è mancato nel suo discorso davanti al Congresso?
Non ha detto neanche una parola sul Russiagate. La Casa Bianca ha costretto alle dimissioni il numero 2 dell’Fbi, contro cui è in corso una serie di attacchi diffamatori, fra poco faranno fuori il numero 3. Trump ha intenzione di fare una purga come Stalin. Se continua ad abusare del potere e a far fuori tutti i suoi rivali ci porterà verso una crisi costituzionale.
Secondo lei il rischio di un impeachment è solo speculazione o c’è un fondo di verità?
Mi sembra evidente che il procuratore speciale Muller stia arrivando a Trump, che infatti è stato convocato per testimoniare. Se si rifiuta ci sarà una crisi costituzionale. Lo stesso succede se Trump licenzia il procuratore. Se poi risulterà colpevole, anche se non di collusione con la Russia, di intralcio alla giustizia, ci sarà una crisi costituzionale a prescindere dal rinvio a giudizio o dall’impeachment. In un modo o nell’altro finiremo male con Trump.
Come annunciato, le riforme economiche sono state il cuore del discorso. È vero che l’economia è in ripresa?
L’economia era in ripresa prima dell’arrivo di Trump grazie al lavoro fatto da Obama. È chiaro e corretto, in termini economici, che tagliando le imposte sulle imprese fino al 21%, lasciando le mani libere alle banche di Wall Street, promettendo mille miliardi di infrastrutture si aiuta l’economia nel breve. Trump ha dato gli steroidi all’economia americana ma, lo abbiamo imparato al tempo di Reagan, queste misure fanno crescere l’economia molto bene nei successivi due o tre anni, e alla fine presentano un conto molto salato, che può essere una crisi finanziaria o del debito. Dunque è vero che l’economia va forte, è vero che le nuove misure aiutano. Trump però sta ferendo la sua base, perché queste riforme aiutano soprattutto i benestanti, non i poveri.
Trump non ha fatto nessun accenno all’effetto sul debito della riforma fiscale..
Certo, su questo Italia e America hanno molto in comune. Il debito pubblico è un elefante nella stanza, ma facciamo finta che non esista. Sia in America che in Italia quando si parla di debito tutti sono come struzzi con la testa nella sabbia.
80 minuti di discorso, e neanche una parola sull’Europa. Come deve rapportarsi il Vecchio Continente con l’America di Trump?
Da un lato l’Europa deve difendere i valori europei, soprattutto il rispetto per i diritti umani, che Trump non ha. Poi il rispetto dell’accordo di Parigi sul clima, che Trump non ha mantenuto. Infine, a differenza di Trump, il rispetto del sistema di un commercio globale basato sulle regole e la trasparenza. Da americano vi dico: ci sarà in futuro un nuovo presidente che sarà più rispettoso degli amici europei, ma quello non sarà Trump.
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IL DISCORSO DI OBAMA ALLA PROVA DEL FACT-CHECKING – AGI.IT –
Per Donald Trump è giunto il momento del suo primo discorso sullo Stato dell’Unione, una delle tappe più importanti e simboliche del mandato di un presidente, chiamato a tracciare di fronte al Congresso un bilancio del primo anno di attività e ad annunciare le prossime iniziative della sua amministrazione. I cronisti del New York Times hanno passato al setaccio le affermazioni di ‘The Donald’, tra osservazioni politiche e fact-checking. Ecco alcuni passaggi cruciali del discorso (un’ora e venti minuti, il più lungo dal 2000), seguiti dalle puntualizzazioni dei giornalisti del quotidiano della Grande Mela.
Dopo anni di stagnazione salariale, stiamo finalmente assistendo a un aumento delle retribuzioni”.
FALSO
E’ fuorviante affermare che i salari abbiano ripreso a crescere dopo anni di stagnazione. Se si controlla il ‘wage tracker’ della Fed di Atlanta, emerge che la crescita delle retribuzioni ha iniziato a rallentare a partire dall’ultimo anno dell’amministrazione Obama. (Jim Tankersley)
“Proprio come promisi al popolo americano da questo podio undici mesi fa, abbiamo varato il maggior taglio delle tasse e le maggiori riforme fiscali della storia americana”.
VERO
Il cantare vittoria di Trump sulle tasse dimostra quanto ci fosse in ballo. Dopo che i Repubblicani fallirono nell’abrogare l’Affordable Care Act, Trump si trovò di fronte alla possibilità che il suo primo anno di mandato terminasse senza un traguardo legislativo di peso. Ma la riforma fiscale gli ha dato qualcosa di grosso da rivendicare. (Thomas Kaplan)
“Abbiamo abrogato il cuore della disastrosa Obamacare, il mandato individuale ora non c’è più”
CONTROVERSO
Questa è una forzatura. Il mandato era parte integrante della riforma della sanità varata dall’ex presidente Barack Obama. Ma l’architettura della legge rimane in piedi, compresi i suoi mercati, le norme sulle assicurazioni e l’espansione di Medicaid. (Thomas Kaplan)
“Abbiamo messo fine alla guerra contro l’energia americana e abbiamo messo fine alla guerra contro il carbone pulito. Ora siamo un esportatore di energia per il resto del mondo”.
CONTROVERSO
Il termine ‘carbone pulito’ non ha una chiara definizione tecnica. Alcuni sostenitori lo utilizzano per riferirsi al bruciare carbone utilizzando tecnologie per la riduzione dell’inquinamento che sono già standard nella maggior parte degli impianti a carbone americani. Il termine può anche essere riferito alla tecnologia che intrappola il diossido di carbonio, un gas serra inquinante emesso dal carbone che brucia. Quest’ultima non ha una larga disponibilità commerciale. (Coral Davenport)
“I quattro pilastri della mia strategia sull’immigrazione sono un compromesso a metà strada che creerà un sistema dell’immigrazione sicuro, moderno e legale”.
FALSO
I Democratici non condividono questo punto di vista. Considerano il piano sull’immigrazione del presidente come una linea dura sulla quale non si può trattare. L’intesa al Senato sulla legge sull’immigrazione potrebbe avere un orizzonte più limitato, concentrandosi sui cosiddetti Dreamers e sulla sicurezza dei confini. (Thomas Kaplan)
“Un anno dopo, sono fiero di riportare che la coalizione contro l’Isis ha liberato quasi il 100% del territorio un tempo in mano a questi assassini in Iraq e in Siria”
VERO
Nel prendersi il merito della sconfitta dello Stato Islamico in Iraq e Siria, il presidente Trump sta raccogliendo i frutti della strategia dell’amministrazione Obama di lavorare “tramite, con e attraverso” gli alleati e i partner. Trump ha ragione quando dice che quasi tutto il territorio iracheno e siriano una volta controllato dall’Isis è stato liberato. (Sarah Cooper).